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Inizia il declino di diesel e benzina?

Luca Michele Piscitelli

Non si venderanno mai più così tante auto con motori a combustione, dicono gli analisti. Ma l'Europa deve svegliarsi se non vuole frenare il mercato dell'automotive

Il 2018 potrebbe essere ricordato come l’anno record per le vendite di automobili alimentate da combustibili fossili, l'anno di un picco che non verrà più raggiunto. Diversi analisti ne hanno parlato con il Financial Times, spiegando che le vendite d'ora in avanti andranno progressivamente a calare, mentre la loro quota di mercato verrà compensata dalle immatricolazioni di auto elettriche.

 

Quello appena trascorso non è stato un grande anno per il settore automotive nel suo complesso. In Italia le vendite hanno chiuso con un -3,3 per cento (1.910.025 immatricolazioni) rispetto l’anno precedente nonostante lo sprint registrato nel mese di dicembre (+1,96 per cento). Appena stabile invece il comparto a livello mondiale, che secondo le prime stime di Morgan Stanley dovrebbe attestarsi intorno al +0,2 per cento (era stato +4,8 per cento nel 2016 e +3 per cento nel 2017), con vendite intorno ai 95,5 milioni di unità. In particolare sono cinque i fattori che il quotidiano britannico individua alla base del rallentamento dei principali tre mercati mondiali, Cina, Europa e Stati Uniti: la guerra commerciale intrapresa da Donald Trump contro la Cina, l’avvicinarsi del momento della Brexit, alcune difficoltà finanziarie affrontate dai consumatori cinesi, l’uscita Usa dall’accordo sull’Iran con il conseguente embargo al paese mediorientale e i nuovi target posti dall’Unione Europea per la vendita di automobili a partire dal 2025.

 

Ciò che ci aspetta d'ora in avanti tuttavia potrebbe essere uno scenario ancora inedito. Questa frenata, dicono gli analisti, potrebbe non essere “ciclica” come le altre che il settore ha già affrontato. E l’auto elettrica potrebbe giocare un ruolo fondamentale già a partire da quest’anno, contenendo la crescita delle auto “tradizionali”. Morgan Stanley ha stimato che nel 2019 la produzione mondiale di automobili si ridurrà dell’1 per cento – si tratta del primo dato negativo da nove anni – mentre prevede che le vendite cresceranno dell’1,2 per cento. A guadagnare spazio e quote sarà proprio l’auto elettrica che la società di consulenza AlixPartners vede in crescita di 1,5 milioni di unità il prossimo anno. “Ciò che rende unica la situazione attuale è che anche se le vendite complessive dell'auto riprenderanno leggermente nel 2019 o nel 2020, si prevede che le auto elettriche cresceranno abbastanza velocemente da ridurre la parte dei motori a combustione venduti”, scrive il quotidiano londinese.

 

Insomma, a livello globale parte delle vendite di auto a benzina e diesel verranno sostituite principalmente con quelle di auto elettriche. In Italia siamo pronti a questa rivoluzione? L’ecotassa (o ecobonus, che dir si voglia), introdotta tra mille polemiche nell’ultima legge di Bilancio, potrebbe non bastare. Non solo perché uno sconto di 6mila euro è ancora poca cosa rispetto al prezzo di acquisto di un’auto “alla spina”, ma anche perché il paese è ancora fortemente indietro nello sviluppo di una rete di ricarica efficiente e capillare (ad esempio, per contare il numero di colonnine attive sulle autostrade nazionali le dita di due mani sono più che sufficienti). Allargando lo sguardo sul piano europeo le cose non vanno molto meglio. Acea, l’associazione europea dei costruttori, ha calcolato che attualmente sono 100mila le colonnine installate e operative nel continente, che dovrebbero diventare 2 milioni entro il 2025 per restare in linea con gli obiettivi posti a livello comunitario. Il problema è che il 76 per cento di queste infrastrutture di ricarica si trova in soli quattro paesi: Francia, Germania, Olanda e Regno Unito.

 

E sono proprio Francia e Germania gli unici paesi europei che si stanno muovendo per sfidare Cina e Stati Uniti. Prima di Natale i due governi hanno firmato un accordo di cooperazione strategica per lo sviluppo delle batterie, la parte più importante, più problematica e più costosa nella catena di produzione dell'automobile elettrica. L’accordo nasce sulla scia dell’interesse mostrato dalle imprese francesi e tedesche e su spinta della Commissione europea, che ormai più di un anno fa ha lanciato l’Alleanza europea per le batterie, rimasta lettera morta per la gran parte degli altri paesi membri. Lo scorso settembre Automotive News Europe ha pubblicato sul proprio sito una mappa per localizzare gli stabilimenti industriali in cui si producono auto elettriche o componenti. Sui quasi 61 impianti individuati, quasi la metà si trova in Germania (26), seguono la Francia (11) e la Spagna (6). L’Italia – che attende conferme da Fca per la produzione della nuova 500 elettrica a Mirafiori – non è ancora pervenuta.

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