Lo stadio e la lapide di Pinelli, due cartoline da San Siro
Cerchiamo il meglio, quando si riesce è un buon compromesso al rialzo, ma c’è sempre qualcuno che gioca al peggio
Cartoline da Milano, dove domenica si respirava aria buona in monopattino elettrico ma ieri c’era un nebbione da virus ancestrale. Vengono tutte e due da San Siro, ma sono molto diverse. La prima è che il sindaco Beppe Sala si dice “più ottimista” sul destino del caro vecchio Meazza, “credo che le due società si stiano avvicinando alle nostre richieste, che erano molto semplici: salvare San Siro, non tanto come vestigia del passato, ma per farne una realtà viva”. La seconda è che a piazzale Segesta, che non è tanto lontano, ma è al di là di quella linea invisibile di confine tra la San Siro sberluccicante dello sport e quella affaticata di un quartiere popolare, hanno spaccato a martellate la targa messa dopo cinquant’anni per ricordare Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico e “18esima vittima innocente” di Piazza Fontana. E nelle due cartoline, che quasi fanno meno fatica a tenere insieme due pezzi fisici di un quartiere che non l’anima ancora divisa in due di una città ferita, c’è forse la cifra di questi nostri tempi. Cerchiamo il meglio, quando si riesce è un buon compromesso al rialzo, ma c’è sempre qualcuno che gioca al peggio (che il fattaccio sia accaduto durante la domenica a piedi, non è colpa del sindaco).
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