Ritorno a Vicenza: la scelta di cuore del "polmone" Di Carlo
L'ex centrocampista, tra i protagonisti della scalata dei Lanerossi dalla serie C all'Europa, torna a casa per bissare il lavoro. Dalla panchina
Una vita (vera) da mediano, poi il cambio di marcia. Fino al 1990 Domenico Di Carlo era uno dei tanti che si vedevano sui nostri campi: corsa, determinazione e anonimato, galleggiando tra quelle che si chiamavano C1 e C2. Nell'anno del Mondiale italiano, la svolta. Il centrocampista approda a Vicenza, ancora C1, ma almeno con un progetto, con l'obiettivo di ridare dignità a una piazza che aveva scritto pagine importanti. Su tutte, la squadra allenata da Giovan Battista Fabbri, che in campo aveva il termine offensivo in Paolo Rossi, partito dal Veneto per diventare Pablito al Mondiale 1982 in Spagna. Progetti che non possono prescindere dagli allenatori e, in quegli anni, a Vicenza ne trovano due decisivi. Il primo è Renzo Ulivieri che, insieme con il cappotto blu portafortuna, centra la serie B nel 1993. Il secondo è Francesco Guidolin che, nel 1995, porta il Vicenza in serie A con un gioco fatto di spettacolo e pragmatismo. I biancorossi conquistano la prima (e unica) Coppa Italia della loro storia nel 1997 e la stagione successiva salgono fino alla semifinale di Coppa delle Coppe contro il Chelsea di Gianfranco Zola e dell'attaccante allenatore Gianluca Vialli. Una corsa che si ferma con la sconfitta per 3-1 a Stamford Bridge, dopo aver vinto 1-0 al vecchio Menti.
In quelle squadre - di Ulivieri prima e di Guidolin dopo - Di Carlo è il polmone, riconoscibile per i pochi capelli e per una corsa che non finiva mai. Era quello che inseguiva gli avversari, che raddoppiava, che permetteva ai registi di centrocampo di costruire senza affanni. A Vicenza si ferma professionalmente per nove anni e umanamente per tutta la vita, eleggendola a luogo in cui vivere. Nel 1999 la squadra retrocede in B, lui saluta per chiudere altrove la carriera e per cominciare poi quella da allenatore. Al club biancorosso inizia dalla Primavera, dal 2001 al 2003, quindi si mette in proprio. Subito una doppia promozione fino alla B con il Mantova, poi tanta provincia. Il Chievo - guidato in tre differenti occasioni - diventa l'altra società del cuore, il Parma è invece è il luogo dove diventa famoso per un calcio nel sedere incassato dal collega Silvio Baldini alla prima di campionato nel 2007. Fortune molto alterne, con tanti esoneri e l'ultima retrocessione la passata stagione, al Chievo per l'appunto: prende il posto di Gian Piero Ventura e la caduta in B non può che essere la conseguenza di una rosa non all'altezza degli impegni.
Vent'anni dopo averlo lasciato da giocatore, Di Carlo ha accettato di ripartire da Vicenza come allenatore. Lo ha fatto perché “al cuore non si comanda”, lo ha fatto perché c'è una società ambiziosa, che vuole ritrovare la serie A. Non potrebbe essere altrimenti, visto che comanda Renzo Rosso, ovvero il signor Diesel, leader nell'abbigliamento casual. Forbes lo ha collocato nella top ten degli uomini più ricchi d'Italia. Lui, dopo aver cercato di fare calcio a Bassano - dove la Diesel ha sede -, il 31 maggio 2018 ha acquistato per un milione di euro ciò che restava del Vicenza. È entrato con il solito piglio imprenditoriale, visionario e concreto al tempo stesso, coagulando intorno a sé altri undici realtà imprenditoriali di alto profilo. Tra questi c'è anche Paolo Scaroni, dal 1997 al 1999 presidente del Vicenza e oggi del Milan. Rosso è partito toccando le ragioni del cuore dei tifosi. La società è tornata a chiamarsi L.R. Vicenza, ritrovando il nome Lanerossi che aveva scritto la storia fino al 1990, con la “R” intessuta da un unico filo di lana: il marchio apparteneva alla famiglia Marzotto, che ben volentieri lo ha concesso alla nuova proprietà. La prima stagione non è stata di quelle da ricordare, a cominciare dalle accuse di sessismo piombate addosso a Rosso per aver schierato, al posto dei raccattapalle, le ball girls: ragazze vestite di pantaloncini e maglietta (a schiena nuda) nere, targate Diesel. Era il tentativo di coinvolgere altre realtà sportive della zona, si è risolto nella tipica, e sterile, polemica all'italiana. In campionato, invece, la squadra è uscita al primo turno dei playoff, passando attraverso i canonici cambi di panchina, con tanto di esonero social da parte di Rosso, che a fine dicembre aveva messo il like all'hashtag #colelladimettiti, creato su Instagram e dedicato al contestato allenatore. In estate la scelta di ripartire con un nome gradito dalla piazza come quello di Di Carlo, creando con il direttore sportivo Giuseppe Magalini il tandem che aveva fatto grande il Mantova. Da giocatore aveva portato il Vicenza dalla C alla A, ora vuole riprovarci dalla panchina. Il tempo non manca, visto che il piano di Rosso è a lunga scadenza. Ma se i programmi quinquennali non avevano successo nell'Unione Sovietica che fu, nel calcio italiano si sono rivelati spesso volatili. Meglio darsi una mossa, come sta facendo l'attuale Vicenza, subito tra le prime della classifica.
Medaglie e ideologia