foto LaPresse

Il nuovo tentativo di rinascita del Padova

Leo Lombardi

I gloriosi anni Cinquanta, le molte ricadute e un progetto franco-armeno che passa dalla determinazione di Salvatore Sullo

Una leggenda negli anni Cinquanta, questo era il Padova. Una leggenda nel nome di Nereo Rocco, il tecnico che arriva in corsa nel 1954 per evitare una retrocessione in serie C e che finisce per portare i veneti in A nel 1955. Vi restano fino al 1962, dimostrando come la provincia potesse dignitosamente reggere il confronto con le grandi dell'epoca, se vi era un'idea di fondo a sorreggerla. Quella di Rocco, in un'epoca in cui si parlava ancora di Metodo e di Sistema, era ancorata alla figura del libero, che avrebbe fatto la fortuna del pallone italiano che vinceva in Europa con Milan e Inter. Difesa sì, ma non catenaccio, l'accusa principale rivolta all'allenatore triestino. Difesa soprattutto solida, che incuteva un timore fisico agli avversari, che si avvicinavano intimoriti al vecchio Appiani, dove il Padova costruiva le sue imprese. Come accade nel 1958, chiuso con un terzo posto che rimane il miglior risultato di sempre: un piazzamento che oggi porterebbe dritti in Champions League, come successo a un'altra provinciale rampante come l'Atalanta. Su 17 partite disputate in casa, in quella stagione il Padova ne vince 13, grazie alla forza della retroguardia, alle geometrie a centrocampo di Humberto Rosa e ai gol di Kurt Hamrin, svedese di 170 centimetri che faceva impazzire gli avversari con scatti e finte.

 

Saranno necessari altri quarant'anni per rivedere il Padova in A. Accade nel 1994, con Mauro Sandreani. Si salva ai rigori allo spareggio di Firenze con il Genoa, senza aver grandi nomi tra le proprie file. Il più noto è Beppe Galderisi, che lì chiude prima di andare negli Stati Uniti. Stati Uniti da cui era arrivato quello che sarebbe diventato il simbolo del Padova: Alexi Lalas, il primo vero giocatore a stelle e strisce ad affacciarsi in serie A. Pescato nei Rutges, squadra universitaria, si mette in evidenza al Mondiale disputato in casa e perso in finale ai rigori dall'Italia di Arrigo Sacchi. Difensore centrale dal gran fisico, capigliatura e barba folte, di un insolito colore rosso, leader dei Ginger, gruppo in cui suona la chitarra e con registra cinque album senza lasciare tracce nella storia della musica. Lui le lascia invece nel calcio, concedendosi la gloria del primo gol in un match di ottobre vinto 2-0 contro il Milan campione d'Italia, risultato che fa impazzire la città.

 

 

Il Padova dura però poco in serie A. Retrocede nel 1996 e affonda progressivamente nel “già visto” del pallone italiano, tra altre discese di categoria e fallimenti. La prima chiave di volta nel 2014, con la mancata iscrizione, la rinascita sotto altro nome e la partenza dalla serie D. La seconda nel 2017, quando in società entra Joseph Marie Oughorlian, finanziere franco-armeno con interesse nel mondo degli aeroporti e della comunicazione. Nel calcio è già proprietario del Lens in Francia (prima in partnership con l'Atletico Madrid, poi da solo) e del Millionarios Bogotà in Colombia. Del Padova lo diventa a fine maggio, quando acquisisce le quote che lo fanno diventare l'azionista di riferimento. La squadra è appena scesa dalla B, dopo appena una stagione, il cambio di proprietà serve per dare una sferzata all'ambiente depresso. Un compito tecnico che il direttore sportivo Sean Sogliano assegna alla persona più inattesa, quando sceglie Salvatore Sullo come allenatore. Una svolta per il tecnico, che tutti conoscevano come fedele vice di Gian Piero Ventura. Una coppia che si forma nel 2009 e tira avanti per dieci anni: un biennio a Bari, le cinque stagioni con il Torino dal 2011 al 2016 e la disastrosa esperienza con l'Italia, con il fallimento della qualificazione al Mondiale russo tra errori sul campo e incertezze federali. Ultimo atto, quello di Verona con il Chievo, un'avventura durata nemmeno un mese poco meno di un anno fa.

 

 

È stato così curioso vedere Ventura firmare per la Salernitana senza Sullo come vedere Sullo partire in solitaria da Padova con un contratto annuale. Il suo vecchio maestro scommette su di lui: “Ha idee di calcio innovative”, in Veneto sta provando a metterle in pratica con risultati che hanno già proiettato la squadra in vetta alla classifica. Sogliano ha spiegato così la scommessa: “Volevo uno che avesse motivazioni ed entusiasmo”. Soprattutto determinazione, come Sullo ha sempre dimostrato sul terreno di gioco. Centrocampista di continuità, senza disdegnare l'aspetto tecnico. Uno di carattere, come dimostra nel 2005, quando torna a giocare a fine maggio dopo quattro mesi in cui ha dovuto affrontare e sconfiggere una linfoadenite virale. Sono gli anni di Messina, in cui arriva a gennaio 2001 dal Pescara. È la stagione in cui realizza il gol nella finale con il Catania che vale la promozione in B, tre anni dopo porta i siciliani in serie A. Un contributo premiato dal club, ritirando la sua maglia numero 41, e dall'amministrazione comunale, che gli concede la cittadinanza onoraria. A Padova ritenta l'impresa, da allenatore.

Di più su questi argomenti: