Festeggiamenti allo Stadio Del Duca (foto LaPresse)

L'Ascoli guarda tutti da lassù

Leo Lombardi

Passata dal fallimento alla rinascita per mano di nuovi investitori, dopo anni di buio la società marchigiana sogna la massima serie grazie a un mix di giovani talenti e vecchi mestieranti

Quasi mezzo secolo fa 90° minuto introduceva un nuovo linguaggio nel mondo ingessato del giornalismo sportivo. La Rai era signora e padrona dell'etere, ma era anche innovatrice, nonostante la comoda posizione di padrona assoluta. Così, grazie a due appassionati di calcio come Maurizio Barendson e Paolo Valenti, si fa avanti l'idea di proporre le immagini delle partite poco dopo la fine delle stesse. Un percorso che prende le mosse il 27 settembre 1970 e che origina un patrimonio comune di volti, episodi e servizi cui gli appassionati fanno ancora oggi riferimento. E quattro anni dopo, proprio Novantesimo celebra il calcio di provincia. Lo fa con l'Ascoli, che sale per la prima volta in serie A. Lo fa con Tonino Carino, catapultato dalla sede locale alla gloria nazionale grazie alle enormi cuffie con cui si presentava in video e a un lessico che generava tenerezza per la difficoltà del passo. Da giornalista a icona il cammino è stato breve per Carino, uno di grande autoironia, poi sparsa nei ripescaggi zuccherosi dei facili programmi della memoria by Fabio Fazio. Uno che si tuffava senza problemi nel calcio internazionale, affidatogli non si sa se con incoscienza o con perfidia (la spagnola Osasuna che diventa Osusana) e che raccontava quella che era a suo modo un'epopea del'Italia di periferia.

 

Negli anni Settanta l'Ascoli era Costantino Rozzi, padre padrone del club come tanti in provincia allora (Romeo Anconetani a Pisa, Aldo Spinelli al Genoa, Antonio Sibilia ad Avellino per citarne tre). Uno che indossava sempre i calzini rossi per scaramanzia, ma che sapeva indovinare giocatori e allenatori, a cominciare da quel Carlo Mazzone che, smessi i panni da calciatore, piazza in prima squadra per la prima promozione in A nel 1974. Anni in cui il pallone era altra cosa, in cui le piccole potevano concedersi avventure incoscienti con le grandi, in cui Rozzi (di professione costruttore) si permetteva in una sola estate di rifare lo stadio Del Duca e, grazie a prefabbricati rivoluzionari, portarlo a una capienza monstre di 36.000 persone, quando la città conta poco meno di 50.000 abitanti: provate a fare un rapporto a un eventuale nuovo San Siro così parametrato su Milano… 

 

Una presidenza che si chiude nel 1994, dopo essere iniziata nel 1968. Con Rozzi l'Ascoli resta in serie A per quattordici stagioni. Scomparso lui, arrivano ancora una promozione a tavolino nel 2006 e un paio di stagioni tra le grandi, fino all'inevitabile declino di un modello oggi non più proponibile e al fallimento del 2014. Un abisso da cui il club viene tirato fuori grazie uno zio d'America. Meglio, del Canada, visto che lì Francesco Bellini ha costruito una notevole fortuna personale con i brevetti farmaceutici. Le origini sono di Ascoli, il cuore pure: la sua principale holding si chiama Picchio International, l'uccello simbolo del club. E Ascoli Picchio si chiama la nuova società, che trova un'altra promozione a tavolino, per l'episodio di corruzione che nega la serie B al Teramo nel 2014. Un'esperienza in cui l'entusiasmo del neofita Bellini si scontra giorno dopo giorno con le bassezze del calcio, in cui si è sempre pronti a salire sulla diligenza di turno, specie quando alla guida c'è uno digiuno di pallone. Passano quattro anni e Bellini decide di congedarsi, l'ultimo atto di affetto è la cessione dell'Ascoli in mani sicure. Sono quelle del gruppo Bricofer, una potenza del fai da te, con negozi che partono da Roma nel 1979 per allargarsi a tutta Italia. Solidi negli affari, solidi nel calcio. Il primo anno serve a prendere confidenza, il secondo a costruire un gruppo interessante da affidare a Paolo Zanetti, ex centrocampista con esperienze in A: a 32 anni smette per colpa del ginocchio, immediato il passaggio al fronte opposto (nella Reggiana). Il primo biennio in C con l'Alto Adige lo pone all'attenzione generale, in estate gli affidano l'Ascoli rendendolo, a 36 anni, il tecnico più giovane della B. Pratica un calcio offensivo, in cui non si spaventa a dare spazio al merito, a prescindere dall'età. In attacco c'è la forza fisica di Gianluca Scamacca, 20 anni, ex promessa della Roma scappato in Olanda e poi rientrato. E, a proposito di Olanda, a centrocampo occorre seguire Alessio Da Cruz, 22 anni, tre gol nelle ultime due partite. Con loro talenti come Nikola Ninkovic e vecchi mestieranti come Michele Troiano oppure Matteo Ardemagni. L'Ascoli era partito con ambizioni playoff, dopo cinque giornate guarda tutti da lassù.

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