La nota stonata #8
Servono giocatori con la "testa libera"? Ma libera da cosa?
Stonano le numerose e in aumento accuse di molestie sessuali dei calciatori. Certo andranno provate in tribunale, ma intanto i club dovrebbero munirsi di staff legali e psicologici per evitare problemi
Sono tutti ossessionati dai soldi, non si parla che di soldi. La casalinga che fa surfing tra le offerte di supermercati differenti, il tifoso ormai più esperto di obblighi di riscatto che non di sovrapposizioni lungo la fascia: più Carlos Tavares di Stellantis che Nuno Tavares della Lazio, mister cinque assist in altrettante partite. Fanno presto gli allenatori a enunciare in conferenza la “testa libera” dei loro giocatori: ma libera da cosa? Non suoni moralistico rilevare che la grave (in senso musicale) nota stonata dell’ultima settimana unisce fuoriclasse come Kylian Mbappé e onesti pedatori di Serie C: le accuse di molestie, consenso estorto e addirittura violenza di genere andranno naturalmente provate in tribunale, certo è che oggi alle società sportive è richiesto un surplus di attenzione in sede di acquisto, con tanto di staff legali e pure psicologici, per evitare di subire danni agonistici quanto d’immagine. E quindi, appunto, economici.
Questa è "La nota stonata", la rubrica di Enrico Veronese sul fine settimana della Serie A, che racconta ciò che rompe e turba la narrazione del bello del nostro campionato che è sempre più distante da essere il più bello del mondo
Vale invece magnificare il coraggio di Paulo Fonseca, che magari lascerà a desiderare qualcuno sul piano del gioco o dei risultati (come se Stefano Pioli li avesse ottenuti subito), ma sta dimostrando padronanza delle relazioni anche in un contesto di alto livello come il Milan: complotti interni, insubordinazioni, leggerezze non vengono più passate in cavalleria, ma diventano panchine, deprezzamenti, cambi di opinione nella tifoseria. Più di un elemento suggerisce, ad esempio, che la vicenda milanista di Rafael Leão stia conoscendo un triste epilogo, qualora non subentrasse uno scatto di reni già in Champions League: la squadra dimostra di poter reggere anche senza una delle sue stelle, sempre che quest’ultima non si senta un corpo estraneo a livello tattico e di personalità, nonostante l’offerta della fascia di capitano. Più che testa libera, testa altrove.
Storie di centravanti: proprio a San Siro, sabato, Tammy Abraham ha disputato solo cinque minuti nel secondo tempo, sbagliando due gol facili nella stessa azione e facendosi male da solo sulla linea di porta. Non può essere solo sfortuna, se la cifra arruffona dell’esuberante inglese ricorda spesso e volentieri “Er Caciara”, nickname affibbiato a Fabio Borini oltre dieci anni fa dalla pagina Kansas City 1927, ovvero Diego Bianchi e Simone Conte. Antonio Sanabria, invece, ha sempre fatto vedere di essere una prima punta - atipica, di manovra, tecnica fin che si vuole - e non un attaccante accessorio: è stato sufficiente il gol di Cagliari per ricordare ai suoi allenatori, presente e passato, che lui e Duván Zapata (sarà infortunato a lungo) si pestano i piedi e ne può giocare solo uno. Anche per via dei colpi di testa.
Magari non saranno note stonatissime, ma le ali mancine schierate a destra, che si accentrano e difficilmente passano la palla per voler tirare scartando tutti, non sono più un’eccezione. Gabriel Strefezza, Dennis Man, Gaetano Oristanio, il capostipite recente Riccardo Orsolini sono sì capaci a risolverla, ma anche a creare grattacapi ai rispettivi tecnici: “libera” o meno, la testa la alzano davvero in pochi, e il più delle volte quando il compagno meglio piazzato li ha già mandati a quel paese. Più o meno quello che l’intero “Roma Twitter” ha fatto nei confronti di Nicola Zalewski, artefice dell’inizio dell’azione che ha portato al goal interista, chiedendosi come sia possibile la distanza tra le sue prestazioni in Nazionale, da leader, e quelle in giallorosso. Che sia questione di testa?
Il Foglio sportivo