Greta Thunberg (foto LaPresse)

Risparmiateci i bambini climaticamente corretti e gli adulti che li usano

Piero Vietti

Emily Graham, Greta Thunberg, Genesis Butler e il Palasharp del riscaldamento globale

Roma. “Sono una consigliera scolastica della scuola elementare di Brampton e in futuro voglio diventare consigliera del nostro comune. Abbiamo 12 anni per interrompere la produzione di gas serra se vogliamo riuscire a fermare il cambiamento climatico”. A parlare così, pochi giorni fa, davanti al consiglio comunale di Carlisle, in Inghilterra, è stata Emily Graham. Emily non è una mamma attivista di qualche associazione ambientalista, ma una bambina di sei anni. “Per favore date anche a me l’opportunità di cambiare il mondo”, ha chiesto la piccola, parlando come in un documentario di Al Gore e commuovendo tutti.

 

Emily è soltanto l’ultima di una lunga schiera di bambini e adolescenti che negli ultimi tempi ha trovato spazio su giornali, riviste e notiziari denunciando i danni dei cambiamenti climatici e chiedendo ai politici di agire prima che sia troppo tardi. La più famosa è Greta Thunberg, sedicenne svedese che da quando ha tredici anni si batte contro il global warming e da qualche mese ha iniziato uno sciopero da scuola ogni venerdì per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di salvare il pianeta. Portata in palmo di mano dalle Nazioni Unite, Greta ha definito i politici che non vogliono adottare misure di contenimento delle emissioni di gas serra “i più grandi malfattori di tutti i tempi”, ed è l’ispiratrice dei Fridays for future, i venerdì in cui, anche in Italia, gli studenti delle superiori invece di andare a scuola sfilano per le vie del centro con cartelli in cui esprimono la loro preoccupazione per il futuro del pianeta. C’è il suo impegno dietro alla manifestazione che domani, venerdì 15 marzo, punta a riempire decine di piazze in tutto il mondo. Sono quelli di ragazzine appena adolescenti i nuovi volti dell’ambientalismo corretto, quello che nessuno si sognerebbe di attaccare, che spingono naturalmente a dire che se lo hanno capito i bambini, che la Terra è in pericolo e la colpa è nostra, come possono non capirlo gli adulti? Sono soprattutto ragazzine perché il nuovo potere, quello buono però, è femmina, si preoccupa del futuro e ha già capito tutto di climatologia: “Se l’Ue deve dare il suo contributo equo per restare nell’obiettivo del limite di 2 gradi dell’accordo sul clima di Parigi – ha detto Greta parlando a Bruxelles – significa un minimo dell’80 per cento di riduzione entro il 2030”.

 

Nel 2011 l’associazione Libertà e Giustizia organizzò al Palasharp di Milano una manifestazione contro il governo Berlusconi durante la quale il tredicenne Giovanni chiese le dimissioni dell’allora premier perché “pensa a fare solo i festini ad Arcore”. Il mese scorso, la dodicenne Genesis Butler ha scritto al Papa chiedendogli di fare una Pasqua vegana. Da Santa Marta è arrivata una risposta vaga di ringraziamento, ma è bastato questo perché se ne parlasse ovunque. La preoccupazione per le condizioni del clima e del nostro pianeta è giusta, ma dopo trent’anni di allarmi inascoltati e profezie catastrofiche non avveratesi servirebbe forse cambiare registro: proporre azioni concrete (il “rispetto dei parametri di Parigi” non vuol dire niente, essendo quei parametri irrispettabili) e non solo chiederne una vaga approvazione. Rimpiangere la saggezza della vita in campagna, come faceva ieri su Repubblica Michele Serra parlando di Greta, non è che un emozionante passatempo retorico. E usare bambini che dopo anni passati a sentire discorsi catastrofisti ripetono a macchinetta gli appelli sul taglio della CO2, è l’espediente un po’ meschino di adulti che, cercando di liberarsi dai sensi di colpa progressisti di chi si sente responsabile di ogni nefandezza, tirano su generazioni di climaticamente corretti per sentirsi con la coscienza a posto.

  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.