(foto LaPresse)

A Matte', ma che stai a di'? L'imbarazzo di Salvini sull'Europa

Luca Roberto

Voleva uscire dall'euro, accusava l'Ue di essere un "covo di sciacalli" e adesso balbetta contro l'accordo sul Recovery Fund: “Sarà un super-Mes”

Lo si intuiva già quando, all'inizio dell'emergenza sanitaria, accusò l'Europa di essere un covo di “serpi e sciacalli” perché la Commissione voleva prendersi 15 giorni nel mettere a punto un intervento per fronteggiare la pandemia. Se ne è avuta ulteriore conferma qualche mese dopo, nel momento in cui, alla proposta dei 500 miliardi di euro di sussidi avanzata da Francia e Germania, lui opponeva un categorico rifiuto: “Troppo poco”. Come a dire, per perifrasi, che quello era un momento in cui ci sarebbe stato bisogno di “più Europa”. Insomma, che a Matteo Salvini l'accordo sottoscritto all'alba a Bruxelles, 390 miliardi di sussidi e 360 di prestiti, dovesse apparire “una fregatura grossa come una casa” era nell'ordine naturale delle previsioni facili. Solo che, vuoi per il sostegno accordato alla linea del premier Conte persino da uno come Orbán che della Lega rimane alleato di primo piano, vuoi per l'essersi trovato d'un tratto a rincorrere il governo nella retorica "nord contro sud", fatto sta che per l'ex ministro dell'Interno picconare il risultato raggiunto nel summit dei 27 è sembrato un esercizio acrobatico più sperticato del solito. 

 

 

E così, con il fido Bagnai alla sua sinistra, ha provato a spiegare che ci sono problemi di tempo (“Stiamo parlando di soldi sulla carta prestati che arriveranno se va bene tra un anno”), che le condizioni sono “una resa alla Commissione”, una sorta di Troika che potrebbe cancellare l'amata quota 100 e reintrodurre, a mo' di beffa, la legge Fornero. Un pacchetto di aiuti tratteggiato alla stregua di un “super-Mes”. Di fatto uno spartito di lamentele piuttosto noto. Condito dalle accuse di “eurosbornia” per chi festeggia il risultato di questa notte: “Come si fa, al tempo stesso, a festeggiare, e a estorcere 8 miliardi alle partite Iva?”. Imprevedibili equazioni salviniane.

  

  

Eppure, quando dice di voler essere “il cane da guardia, il santo protettori degli italiani” che vigila sull'applicazione di misure “lacrime e sangue”, l'ex ministro sembra muoversi sempre più in solitaria. Che Antonio Tajani si dicesse soddisfatto “di un'Europa che si è mostrata più solidale che nel 2008” non fa certo scandalo nel centrodestra, visto che Forza Italia è stata tra i partiti che hanno sostenuto l'elezione del presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen l'anno scorso. E neppure così inusuale è apparsa l'apertura di credito di Giorgia Meloni che, pur ammettendo che l'accordo “poteva e doveva andare meglio”, ha ribadito che Conte è caduto in piedi. Mentre tutt'altra accoglienza hanno prodotto le parole di una leghista come l'europarlamentare Gianna Gancia, moglie di Roberto Calderoli. Sul Recovery fund “è stato fatto un grande lavoro diplomatico da parte dell'Italia. Cosa diranno adesso Matteo e la Giorgia nazionale? Che spieghino agli italiani dove avrebbero preso i soldi, loro”, ha scritto su Facebook, prima che il post fosse misteriosamente cancellato.

 

(post dalla pagina di Gianna Gancia, prima che venisse cancellato)

  

Finché l'Europa era descritta come un vecchio carrozzone, responsabile di ogni malefatta inflitta al popolo italiano, nessuno avrebbe avuto dubbi sul fatto che la retorica euroscettica poteva trainare consensi e spingere Salvini a spararne ogni giorno una più grossa dell'altra (l'ultima a febbraio: “O l'Ue cambia regole o facciamo come gli inglesi”). Adesso che invece si è mossa, l'immagine è quella di un leader che con tutta la forza che ha vorrebbe urlare “l'Europa non ci serve” ma è costretto a balbettare “ce ne serve ancora di più”.