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Chi vincerà le elezioni in Emilia-Romagna? Sondaggi, risultati e pronostici

Tutto quello che c'è da sapere prima del voto di domenica 26 gennaio

Domenica 26 gennaio oltre 3,5 milioni di cittadini (1.707.781 uomini e 1.807.758 donne) saranno chiamati alle urne per eleggere il governatore dell'Emilia Romagna. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23.

  

Qui tutte le informazioni utili prima di recarsi alle urne. Dal come si vota all'elenco dei candidati.

 

Negli ultimi mesi, soprattutto dopo la caduta del governo gialloverde e anche per la campagna elettorale condotta da Matteo Salvini, le regionali in Emilia-Romagna hanno assunto un significato particolare all'interno del dibattito politico nazionale. Per molti una sconfitta del centrosinistra, oltre a significare un evento senza precedenti (la regione è governata dal centrosinistra, in tutte le sue varie articolazioni, ininterrottamente dal 1970), potrebbe segnare la fine del governo Conte II e la definitiva “consacrazione” della Lega e del suo leader. I sondaggi finora condotti – dall'11 gennaio è scattato il “silenzio” – hanno fotografato un sostanziale testa a testa tra il candidato democratico, il governatore uscente Stefano Bonaccini, e quello del centrodestra a trazione leghista, Lucia Borgonzoni.   

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L'andamento delle elezioni negli ultimi anni e il progressivo sgretolamento del blocco di sinistra rendono una possibile vittoria leghista tutt'altro che impossibile. Basterebbe un dato: alle ultime Europee la Lega è stato il primo partito in Emilia-Romagna con il 33,8% davanti al Pd (31,2%). Cinque anni prima, nel 2014, il Pd aveva ottenuto il 52,5% e la Lega il 5%. 

A dicembre l'istituto Cattaneo ha pubblicato un piccolo volume (qui potete scaricarlo in pdf) dal titolo piuttosto emblematico “Allerta rossa per l’onda verde”. Si tratta di una guida che prova a indagare come “il cuore pulsante della 'zona rossa'” si è trasformato, negli anni, in terra di conquista di Salvini & co.

 

Come è cambiata la regione nel tempo?

Scorri con le frecce per seguire l'evoluzione dei risultati elettorali in Emilia-Romagna dal 1980 ad oggi.

Nota: La provincia di Rimini è stata istituita nel 1992, distaccandosi dal territorio dell'allora provincia di Forlì diventata provincia di Forlì-Cesena. Le prime elezioni e l’entrata in carica del primo consiglio provinciale sono avvenute nel 1995. Nel 2009 la provincia è stata ingrandita inglobando sette comuni dell'Alta Valmarecchia: i comuni di Casteldelci, Novafeltria, Maiolo, Pennabilli, Sant'Agata Feltria, San Leo e Talamello appartenevano prima alla regione Marche. 
  
Nota metodologica: Dal 1980 a oggi, alcuni comuni sono stati soppressi a causa di accorpamenti o unioni. In quei casi abbiamo scelto di assegnare la vittoria al partito più votato nel maggior numero di comuni che compongono il nuovo ente.

Ad esempio: il comune “sparso” di Valsamoggia è stato istituito nel 2014 con la fusione di Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio e Savigno. Nel 1990 il Pci ha vinto a Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio, mentre la Dc ha vinto a Savigno. Il comune di Valsamoggia è stato da noi assegnato al Pci.

In caso di parità abbiamo assegnato il comune al partito che ha preso più voti in termini assoluti.

Ad esempio: Sorbolo Mezzani è un comune “sparso” della provincia di Parma istituito il 1º gennaio 2019 dalla fusione dei comuni di Sorbolo e Mezzani. Nel 2000 ha vinto a Mezzani la coalizione di centrodestra con 851 voti e a Sorbolo quella di centrosinistra con 2.817 preferenze. Abbiamo assegnato il comune di Sorbolo Mezzani al centrosinistra. 


 

La serie di grafici in alto mostra la mappa dei partiti che, in ogni elezione regionale dal 1980 al 2014, hanno ottenuto più voti nei 328 comuni dell'Emilia-Romagna. Il blocco rosso, come si vede, non subisce un ridimensionamento significativo, ma progressivamente le aree a maggioranza democristiana passano prima nelle mani del centrodestra guidato da Forza Italia, poi della Lega (che alle ultime regionali poteva contare su un proprio candidato, Alan Fabbri, che nel frattempo è stato eletto sindaco di Ferrara). Il vero dato interessante, però, è quello analizzato da Marco Valbruzzi, curatore della pubblicazione, nel saggio che apre la guida dell'Istituto Cattaneo. 

 

La svolta si registra proprio nelle regionali del novembre 2014. Solo qualche mese prima, a maggio, il Pd ha ottenuto alle Europee, uno storico 52,52%. Ma è il dato dell'affluenza a interessarci. Fino ad allora, infatti, la percentuale di chi si è recato alle urne, pur in calo, è sempre rimasta sopra il 60% (68,07 alle regionali del 2010, 69,99% alle Europee). A novembre, però, crolla al 37,71% (grafico sotto).

Quell'anno il distacco tra il Pd e la Lega, i primi due partiti alle elezioni, è del 25,1%. Quattro anni dopo, alle Politiche nel 2018, il M5s supererà i Democratici di un paio di punti percentuali. Mentre alle Europee sarà la Lega a superare il Pd, sempre del 2% circa. Nel frattempo, altro dato evidenziato dal lavoro dell'istituto Cattaneo, il numero di iscritti al partito che ha raccolto l'eredità del Pci è sceso, in Italia, intorno alle 500.000 unità cioè gli stessi iscritti che, nel 1950, erano presenti nella sola Emilia-Romagna. “Quel lento declino organizzativo ed elettorale della sinistra – scrive Valbruzzi – ha portato l’Emilia-Romagna fuori dal 'regno dell’appartenenza' e verso una situazione caratterizzata da elevata competitività e instabilità elettorale. Gli elettori 'appartenenti' hanno lasciato spazio, da un lato, a votanti mobili e volatili, e dall’altro all’affermazione di quell’area di estraneità, sia per disimpegno che per disincanto, che ha raggiunto il climax nelle elezioni regionali del 2014”. 

 

La distribuzione del seggi in consiglio regionale dal 1995 al 2014

Nel frattempo si assiste a un profondo cambiamento della componente sociodemografica del voto. “Come le analisi hanno mostrato – prosegue Valbruzzi –, dopo anni di convergenza nelle scelte di voto tra territori collocati diversamente nell’ambito regionale, gli ultimi appuntamenti elettorali hanno segnalato l’inizio – non sappiamo ancora se e quanto duraturo – di una nuova divergenza o, in altri termini, il riattivarsi di una frattura (centro-periferia) che con il tempo sembrava essersi appianata. Il Partito democratico è riuscito a conservare i suoi livelli di consenso nei grandi centri urbani, ma nel frattempo è tornato a subire perdite significative nelle aree prevalentemente rurali. Al contrario, la Lega nella nuova versione sovranista lanciata da Salvini è stata considerata come l’attore più credibile per interpretare le preferenze o le esigenze dei comuni collinari o di montagna. Tuttavia, l’aspetto dirimente che va rimarcato è che le differenze emerse nel comportamento elettorale non sono soltanto il semplice riflesso di variabili geografiche, ma descrivono allo stesso tempo anche diverse condizioni sociali ed economiche”.

 

Anche qui è interessante analizzare il dato dell'affluenza: mentre nei comuni “più centrali”, con l'aumento dell'affluenza, il Pd riesce a “difendersi” dall'avanzata leghista, in quelli periferici o ultraperiferici, l'aumento dell'affluenza penalizza i Democratici e fa crescere, molto, la Lega. Un esempio: alle regionali del 2014, a fronte di un'affluenza del 23% nei centri ultraperiferici, il Pd otteneva il 49,5% e il Carroccio il 16%. Alle Europee 2019, con un'affluenza del 68,9% i Democratici hanno ottenuto il 22,6% e la Lega il 45,4%.  

  

È notevole anche osservare la mappa del voto alle Europee del maggio scorso nei singoli comuni della regione, quando la Lega è diventata il primo partito in Emilia-Romagna. A livello regionale il partito di Matteo Salvini prende il 33,8%, contro il 31,2% del Pd. Il Carroccio conquista praticamente tutta la regione escluso un corridoio che va dalla provincia di Reggio-Emilia a quella di Ravenna, e include i comuni di Forlì e Cesena. Un'area che si assottiglia notevolmente nella provincia di Modena, per poi allargarsi nuovamente in quella di Bologna. La Lega avanza e fa i suoi risultati migliori nei piccoli centri, mentre il Pd tiene nelle città.

 

L'espansione della Lega in Emilia-Romagna

L'evoluzione del voto in Emilia-Romagna

Insomma, come evidenziato dai grafici e dalle analisi dell'Istituto Cattaneo, il voto in Emilia-Romagna è diventato, un po' come accade in diverse parti d'Italia, piuttosto “volatile”. “Nel 'regno dell’incertezza' - conclude Valbruzzi - nulla può essere dato per scontato, né da una parte né dall’altra. Né, aggiungo, in quella 'terra di mezzo' che è diventato il Movimento 5 stelle, dilaniato da contraddizioni, tensioni e divisioni sul futuro stesso del partito e del suo ruolo nel sistema politico italiano. Proprio dalle incertezze degli elettori Cinque stelle (circa 290mila alle scorse europee), oltre che dalla platea ancora ampia di indecisi, dipende l’esito delle prossime elezioni regionali. Un’incertezza particolare che si somma a un’incertezza generale e che probabilmente è la sintesi migliore, forse una nemesi, per una regione che aveva fatto della stabilità il suo tratto distintivo e ora si trova a navigare, senza bussola, verso una terra incognita dai contorni imprevedibili”.

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