Luigi Di Maio (Foto LaPresse)

I facilitatori di Di Maio

Valerio Valentini

Così il capo politico usa la competizione per la segreteria M5s per blindare la sua leadership. L’ombra di Rousseau

Roma. Sarà pure, come garantisce lui, che si tratti di un equivoco. E però quando qualche giorno fa il profilo di Max Bugani è comparso tra quello degli attivisti interessati a presentare una sua candidatura come “facilitatore” nel settore Innovazione, la reazione del gruppo parlamentare è scattata immediata: “Eccone un altro”. Sì, perché la composizione di questa tanto a lungo annunciata segreteria politica del M5s, col passare delle settimane, sembra assomigliare sempre più all’esatto contrario di quello che doveva essere: e cioè non un allargamento degli organi decisionali del partito, ma un rafforzamento della, peraltro pericolante, leadership di Luigi Di Maio. Il quale, con un uso non proprio neutrale dei suoi canali social da un lato, e col sostegno un po’ opaco della longa manus di Casaleggio dall’altro, sta cercando di promuovere i suoi fedelissimi e blindare il suo fortino assediato.

 

Berti, il probiviro candidato

 

E Bugani, in questo senso, non sarebbe l’unico osservato speciale. Lui, che dell’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio è uno dei soci, e che pertanto finirebbe con l’essere votato (ed eventualmente eletto) sulla piattaforma gestita da un’associazione di cui è al vertice, nega ogni sua aspirazione in tal senso: “Ho solo compilato il mio profilo attivista sulla piattaforma Rousseau, com’era stato richiesto di fare a tutti gli iscritti. Ma non mi sono candidato a un bel niente”, dice lui, che di Di Maio è stato a lungo pretoriano a Palazzo Chigi prima di trasferirsi al Campidoglio come capo staff di Virginia Raggi. E però, l’ansia con cui alcuni parlamentari grillini segnalavano il suo potenziale impegno nel costituendo “Team del futuro”, che poi sarebbe appunto l’equivalente di segreteria politica, è indicativa di un certo clima di sospetto che sta accompagnando la competizione interna, alla vigilia del voto decisivo che, a quanto trapela, dovrebbe tenersi il 15 dicembre prossimo. Del resto, già un’altra candidatura è finita al centro delle polemiche intestine. E’ quella di Jacopo Berti, consigliere regionale veneto ma soprattutto membro del collegio dei probiviri del M5s: un organo che è chiamato, tra l’altro, a vigilare sul rispetto delle regole interne da parte di attivisti ed eletti, e che può attivarsi anche su delazione – anche se nel gergo roussauiano si chiamano “segnalazioni” – di semplici iscritti. Tutto regolare, ovviamente, se non fosse che però, sulla base delle sanzioni che il collegio dei probiviri può irrogare, le candidature a “facilitatore” (cioè, sempre traducendo dal casaleggesco all’italiano: responsabile) possono essere, stando a quanto è stato spiegato ai parlamentari, bocciate d’ufficio. E non basta. Perché, sempre a norma di statuto grillino, “l’incarico di probiviro è incompatibile con l’assunzione di altri incarichi associativi”. E invece Berti ha deciso di candidarsi nella squadra di Michele Gubitosa, deputato avellinese che concorre nella categoria Imprese. Ed è così che qualche parlamentare sta già valutando se le due cariche siano compatibili, e anche per questo sta pensando di ricorrere all’immancabile Lorenzo Borrè, l’avvocato romano che già infiniti guai addusse a Di Maio, Grillo e Casaleggio.

 

La “visibilità” di Ciarambino e Gubitosa

 

Ma se il nome di Gubitosa anima molti dei conciliaboli di Transatlantico, non è solo per la presenza di Berti nella sua squadra. Il problema che molti hanno lamentato è il fatto che Di Maio abbia preso a condividere, nelle ultime settimane, i post e gli interventi del suo corregionale, difensore imperterrito del leader e grande amico del viceministro dei Trasporti Giancarlo Cancelleri, direttamente sulla sua bacheca personale di Facebook, regalandogli così una visibilità di cui i suoi competitor per il settore Imprese, come il lombardo (e spesso voce critica) Giovanni Currò non hanno evidentemente potuto godere. Senza contare, poi, la partecipazione alle trasmissioni televisive. Anche queste, a loro modo, sono diventate motivo di scontro: e non a caso se ne è discusso anche nella riunione che ieri i capigruppo delle commissioni parlamentari della Camera hanno avuto con Augusto Rubei, il portavoce di Di Maio. E’ a lui che hanno segnalato l’anomalia secondo cui “in tv mandiamo sempre gli stessi, indipendentemente dal tema dibattuto e dalla effettiva competenza su quell’argomento”. E in parecchi, pur non nominandola, hanno pensato a Valeria Ciarambino, consigliere regionale campana e, soprattutto, amica d’infanzia del capo politico, pomiglianese come lei. Sarà un caso, infatti, ma da quando si è candidata a “facilitatore” per il settore Sanità, le sue presenze in tv, e poi di riflesso sui canali social ufficiali del M5s, sono aumentate in modo considerevole, anche se viene spesso inviata a discutere di temi che poco o nulla hanno a che fare con la regione Campania.

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