Facilitatori chi?
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Roma. Magari loro c’avevano pure creduto, che il destino dell’Italia gli sarebbe passato per le mani. L’apoteosi su Rousseau a metà dicembre, le riunioni che Luigi Di Maio s’era ripromesso di convocare una volta a settimana. E forse già lì, col senno del poi, bisognava capirlo che era una recita: perché nell’ultimo vertice fatto con loro a Montecitorio, il 20 gennaio, il capo restò per ore a ridere e scherzare, a condividere i cannoli siciliani e le burrate, e neppure di striscio alluse a una decisione che però aveva già preso. E così, due giorni dopo, che Giggino si sarebbe dimesso i “facilitatori” lo scoprirono come tutti: cascando un po' dal pero. E il peggio, però, doveva ancora arrivare. Perché, abbandonata formalmente la guida del M5s, Di Maio interruppe immediatamente tutti i contatti col “team del futuro”, questa specie di segreteria politica indicata col solito lessico furbetto della Casaleggio. E arrivò Vito Crimi, che nel suo ruolo di reggente si dimostrò, sin da subito, talmente credibile che alla prima rimostranza si strinse nelle spalle: “Concentratevi sui progetti”, disse ai facilitatori, con l’aria di chi voleva scansare una rogna, nella sua assemblea d’esordio da capo del M5s. Solo che, tra i progetti, ce n’erano di pretenziosi: Enzo Presutto, capo del dipartimento Economia, vuole (letterale) “abbattere il debito pubblico”. O magari c’è chi, come Gennaro Saiello, consigliere regionale campano facilitatore per le Imprese, a Roma dicono di non averlo visto granché. Sul Milleproroghe c’era chi, tra i facilitatori, sperava di potere concordare “a livello di team del futuro” alcuni emendamenti. Niet. Sono arrivati allora i vertici a Palazzo Chigi per definire il programma dell’Agenda 2023: e qui, ad alcuni dei Nostri, sembrava addirittura un diritto acquisito, quello di poter mettere bocca nelle materie di competenza. Macché. Emilio Carelli, responsabile Comunicazione, era certo che avrebbe potuto influire sulla comunicazione: invece giovedì s’è ritrovato travolto dalla cagnara d’Aula innescata da un discorso di una deputata grillina su cui non era potuto neanche intervenire.
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