Matteo Salvini (foto LaPresse)

Un altro Salvini è possibile

Claudio Cerasa

Anti europeismo smussato, niente golpismo, spunti garantisti, idee maggioritarie, polemiche sviluppiste. Riformattare il salvinismo sarà dura ma ieri in Senato l’ex Truce ha spento alcuni focolai di irresponsabilità. La necessità di un’opposizione di svolta

In un passaggio del discorso pronunciato ieri a Palazzo Madama nel dibattito precedente al voto di fiducia sul nuovo governo, il senatore a vita Mario Monti ha dedicato una parte del suo intervento a un tema stimolante e per certi versi cruciale: l’importanza, mai come oggi, del ruolo delle opposizioni. Monti si è permesso di suggerire al presidente del Consiglio – a cui ieri ha votato la fiducia, dando vita a una splendida maggioranza a Palazzo Madama che praticamente passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa passando da Toninelli attraverso Grasso e Michele Emiliano – di governare guardando anche alle idee delle opposizioni, “che includono personalità e partiti che seppero offrire contributi rilevanti alla grande coalizione che si fece carico di evitare il dissesto dell’Italia” e all’interno delle quali vi sono forze che “sono più vicine alle esigenze delle imprese, della produttività e delle infrastrutture di quanto non lo siano mediamente le componenti del governo”.

 

Il suggerimento di Monti è giusto ed è prezioso. Ma per poter essere preso sul serio occorre concentrarsi un istante sulla figura del politico che più di chiunque altro oggi incarna l’alternativa a questo governo. Quel politico ovviamente non può che essere Matteo Salvini, l’ex Truce oggi senatore semplice, e l’intervento pronunciato ieri a Palazzo Madama dal leader leghista, poco prima di votare contro la fiducia a Conte, contiene alcuni spunti sui quali vale la pena di provare ragionare, partendo da una domanda molto semplice: ma che tipo di opposizione sceglierà di fare Matteo Salvini? Una volta rimarginate le ferite ancora aperte generate dalla batosta politica che Salvini si è autoinflitto da solo nel giro di un mese (il 10 agosto Salvini era l’uomo più potente d’Italia, oggi Salvini è l’uomo più potente di Via Bellerio), l’ex ministro dell’Interno dovrà scegliere quale strada seguire tra le due che oggi gli si presentano di fronte.

 

La prima strada suggerisce a Salvini di non mettersi i calzoni lunghi, di continuare a essere lo stesso Salvini di sempre, di essere tutto e il contrario di tutto e di fare di tutto per restare ostaggio ancora a lungo della sua ambiguità. La seconda strada suggerisce a Salvini di togliersi i calzoni corti, di mettere da parte la xenofobia, di mettere da parte l’odio per l’Europa, di mettere da parte le ambiguità sull’Italexit, di ridimensionare il ruolo dei cubisti antieuro e di fare quello di cui ha bisogno non solo l’Italia ma forse anche Salvini: riformattare il salvinismo spegnendo tutti i focolai che hanno illuminato in questi mesi la politica dell’irresponsabilità. Immaginare quale delle due strade sceglierà di prendere Salvini è oggi difficile – anche se non dovrebbe essere così difficile capire che una conventio ad excludendum contro Salvini cesserà di avere senso quando Salvini cesserà di essere un pericolo per l’Italia.

 

Ma il discorso pronunciato ieri al Senato dal leader della Lega in mezzo a diversi osceni stilemi anticasta (Salvini chiama il presidente del Consiglio per tutto il suo discorso Conte-Monti e insulta i senatori a vita, compresa la splendida Liliana Segre, definendoli “casta della casta”) contiene alcuni elementi sufficienti a segnalare una possibilità non così remota: che a intestarsi la leadership della destra non Truce alla fine non sia un nuovo partito non Truce ma sia proprio l’ex truce di governo.

 

Nel suo intervento di ieri al Senato, Salvini ha scelto sorprendentemente di rinunciare ai toni barricaderi (arrivando a dire persino che questo governo, pur essendo “abusivo sostanzialmente”, è “legittimo formalmente”). Ha scelto di non sproloquiare sull’Europa (“per quel che riguarda l’Europa, non basta sventolarne la bandiera. Siamo in Europa, rimarremo in Europa e i miei figli cresceranno in Europa. L’Europa però la vogliamo diversa e vogliamo un’Italia a testa alta in Europa”). Ha scelto di sottolineare che la Lega farà opposizione responsabile (“oltre che nelle piazze faremo opposizione leale in Parlamento”). E ha deciso di dare al suo intervento contro Conte (non privo di passaggi esilaranti, come quando il senatore Salvini ha detto di essere molto contento di non avere poltrone da difendere, giusto due settimane dopo aver offerto la poltrona di presidente del Consiglio a Luigi Di Maio, per non perdere la sua di poltrona) una curvatura non stupidamente anti europeista ma saggiamente sviluppista (“Per voi”, ha detto Salvini, “l’importante è fermare la Lega, per noi è far ripartire l’Italia”), furbescamente maggioritaria (auspico “una legge elettorale compattamente maggioritaria”), sorprendentemente garantista (“speriamo veramente che non si vada verso una Repubblica giudiziaria: abbiamo sentito parlare tanto di democrazia, di popolo, di Costituzione e di diritto parlamentare: speriamo che si permetta ai sindaci di fare i sindaci, agli imprenditori di fare gli imprenditori e agli italiani di essere italiani onesti fino a prova contraria”). Sostenere che il governo di svolta abbia costretto anche Salvini a una fase di svolta è prematuro, ma se il governo del Rinnegamento spingerà il salvinismo a riformattare se stesso, costruendo un’opposizione se non responsabile quanto meno non irresponsabile, non si potrà che esserne felici. Un altro Salvini è possibile. Prima lo capirà Salvini e meglio sarà anche per l’Italia.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.