Matteo Salvini (foto LaPresse)

Che cosa significa dare pieni poteri a Salvini. L'ha spiegato lui stesso, e vengono i brividi

Claudio Cerasa

Le cinquanta sfumature di anti salvinismo possono sembrare più o meno pazze, e tuttavia se il leader della Lega non ha cambiato idea rispetto alle promesse di due anni fa, contrastarlo non è un’opzione ma una necessità inderogabile

La settimana che si apre ci aiuterà a capire che cosa sono disposte a fare in Italia le forze politiche determinate a evitare a ogni costo che Matteo Salvini possa avvicinarsi alla plancia di comando del governo italiano. Le sfumature di anti salvinismo, sperando che tra queste non compaia improvvisamente una qualche procura birichina, sono tante, sono diverse, sono creative e sono molto variegate. La sfumatura modello Zingaretti predica la dottrina elettorale, forte dalla convinzione che costruire un papocchio con il Movimento 5 stelle possa aiutare la Lega non a indebolirsi ma a rafforzarsi e possa ridare ossigeno a un movimento morente come il Movimento 5 stelle. La sfumatura modello Renzi predica la dottrina del muro parlamentare, forte della convinzione che andare a votare oggi significherebbe regalare il paese a un leader che metterebbe a rischio il nostro modello di società aperta. La sfumatura modello grillino predica la dottrina della disperazione parlamentare, forte della convinzione che andare a votare oggi significherebbe mettere molti attuali parlamentari nella condizione di dover usare prima del previsto il reddito di cittadinanza. La sfumatura modello Conte predica la dottrina del camaleontismo, forte della convinzione che sia sufficiente denunciare in Aula le efferatezze commesse da un ministro del proprio governo per far dimenticare che quelle efferatezze sono state commesse a nome dello stesso governo guidato dal presidente Conte.

 

Imodelli di anti salvinismo sono tanti e sono molto variegati tra loro ma per quanto una certa forma di anti trucismo possa essere criticabile e detestabile, tutti coloro decisi ad affrontare il ministro dell’Interno a viso aperto hanno in comune una stessa paura o quanto meno uno stessa convinzione: l’Italia non può permettersi di dare i pieni poteri a Salvini. Come abbiamo visto negli ultimi mesi in diversi casi in cui è stato necessario valutare la compatibilità con il sistema giuridico italiano delle leggi salviniane, la Costituzione italiana non permette a nessun politico di avere a disposizione pieni poteri per fare esattamente tutto quello che vuole ma è del tutto evidente che se l’Italia dovesse andare a votare presto vi sono buone possibilità che il Capitano della Lega possa avere maggiori poteri rispetto a quelli che ha oggi.

 

E per provare a capire senza troppe speculazioni cosa potrebbe fare Salvini qualora dovesse avere maggiori poteri può essere sufficiente riavvolgere di qualche anno il nastro e andare a una data importante: 14 maggio 2017. In quella data Matteo Salvini venne eletto per la seconda volta segretario della Lega e in quell’occasione il futuro ministro dell’Interno scrisse nero su bianco, nella sua mozione congressuale, che cosa avrebbe voluto fare qualora gli elettori gli avessero assegnato i pieni poteri per guidare l’Italia. Siamo andati a rileggerci quella mozione e, specie quando si parla di ciò che l’Italia salviniana vorrebbe fare nei rapporti con l’Europa, ci sono venuti i brividi. Leggiamo: “L’Unione europea vive oggi una fase di transizione ed è attraversata da due forze contrapposte: una indirizzata a completare l’accentramento di ogni prerogativa economica e politica in capo alle istituzioni comunitarie, l’altra chiamata a interpretare il crescente dissenso di tutti coloro che in questi anni di moneta unica e direttive assurde, si sono impoveriti e hanno visto sgretolarsi ogni possibilità di costruirsi un futuro”.

 

Il tema è l’Europa ladrona, come un tempo lo era Roma, e per questo, scrive Salvini, “il nostro Movimento deve raccogliere la difficile sfida di diventare il principale interprete nazionale della critica all’euro e all’Unione europea perché rappresentiamo l’unica forza politica che ha sviluppato le radici, il consenso e la classe dirigente adeguati a una lotta contro un nemico tanto temibile e potente”. Per questo, “occorre dare maggior slancio alla battaglia per riconquistare spazi di sovranità nazionale e monetaria”. E quando ci sarà la possibilità, “il nostro Movimento deve richiedere, nelle sedi e nei modi consentiti, l’attivazione di una procedura di revisione ordinaria dei trattati volta a restituire sovranità agli stati membri e alle regioni con potestà legislativa”. In che modo? “Bisogna intervenire con abrogazione e/o modifica dei trattati per riportare condizioni minime di sovranità economica, legislativa, territoriale, e per fare dell’attuale Unione una vera, nuova, pacifica e libera cooperazione tra stati sovrani”. Detto in modo più semplice: “E’ solo conquistando l’egemonia di governo che potremo rimettere in discussione la moneta unica, prima che imploda sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Senza queste premesse di sovranità e agibilità democratica, ogni altro progetto autonomista rischia di avere i contorni della visione effimera e di precario avvenire”.

 

Salvini lo dice in modo chiaro, con i pieni poteri farò di tutto per uscire dall’euro, e lo stesso, in modo ancora più chiaro, ha detto il volto considerato più “moderato” del partito di Salvini, il sempre bravo, il sempre saggio e il sempre assennato Giancarlo Giorgetti. E cosa ha detto Giorgetti nel 2017, in una delle mozioni presentate a supporto della candidatura di Salvini? Leggete qui: qualora non fossero accettate le modifiche ai trattati proposti dalla Lega, “come misura estrema non resterà che l’alternativa di un negoziato bilaterale tra Italia e Ue ricorrendo alla clausola di rescissione”; e dato che “a differenza del Regno Unito, l’Italia è soggetta a molti più vincoli, derivanti dall’appartenenza alla zona euro… spetterà al governo italiano adottare contestualmente tutti i provvedimenti necessari e urgenti per permettere all’Italia di affrontare il negoziato in una posizione che non sia di svantaggio o sudditanza, come accaduto per la Grecia”. I brividi vengono quando si leggono le intenzioni di Salvini relativamente al futuro dell’Italia in Europa ma vengono anche quando si leggono le intenzioni dell’attuale ministro su altri due fronti sui quali il leader della Lega ha mostrato la sua trucità e la sua ambiguità. Sull’immigrazione, a fronte di un meccanismo di “espatrio di centinaia di migliaia di cittadini, per lo più giovani e preparati, che nel nostro paese ritengono di non avere speranze per il futuro, in una logica di sostituzione dei popoli”, e dio solo sa quanti delitti negli ultimi anni sono stati commessi per combattere la logica della sostituzione dei popoli, “la nostra priorità al governo sarà quella di ripristinare i controlli ai confini e di arginare l’afflusso in mare tramite la pratica dei respingimenti umanitari”.

 

E sui rapporti con la Russia, in attesa di avere nuovi elementi per giudicare con chiarezza il caso Savoini, è lo stesso Salvini a spiegare in che senso il leader della Lega farà di tutto, in caso di pieni poteri, per far sentire gli italiani a casa più a Mosca che a Bruxelles. “Quanto alle alleanze politiche in questi anni abbiamo costruito più ponti che in tutta la nostra storia recente di Movimento: dalla formazione del gruppo sovranista al Parlamento europeo, fino alle intese con Russia Unita. La globalizzazione – continua Salvini – impone soluzioni se non globali, almeno geopolitiche volte a favorire tutte quelle forze che operano per stabilizzare le emergenze umanitarie e contrastare tutti coloro che al contrario speculano sul caos internazionale. Per questa ragione, in perfetta coerenza con la storia del nostro Movimento, abbiamo senza esitazioni parteggiato per la Russia di Putin”. Dare pieni poteri a Salvini, dice Salvini, significa avvicinare l’Italia più alla Russia che all’Europa, significa avvicinare l’Italia più alla lira che all’euro, significa avvicinare l’Italia più alla barbarie securitaria che al diritto del mare garantito dai trattati internazionali. Le cinquanta sfumature di anti salvinismo possono sembrare più o meno creative e più o meno pazze ma se Salvini non dimostrerà di aver cambiato idea rispetto a ciò che prometteva due anni fa, combattere il leader della Lega non è un’opzione: è una necessità inderogabile per chi ha a cuore la società aperta, la democrazia liberale, la tenuta dell’Europa, il destino dell’Europa e il futuro della terza economia più importante d’Europa.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.