Il governatore della Toscana, Enrico Rossi (foto LaPresse)

L'alleanza Pd-M5s non può esistere. Parola di Rossi

David Allegranti

Il governatore della Toscana boccia l'idea di un'intesa sia a livello nazionale che in vista della prossime regionali: “I Cinque stelle esprimono un pensiero retrogrado. Sono sempre quelli delle scie chimiche, non scordiamolo”

Roma. Il dialogo, l’accordo, il patto, insomma l’intesa fra Pd e Cinque stelle non lo convince affatto. Anzi, Enrico Rossi è apertamente ostile all’idea. A livello nazionale ma anche a livello regionale, dove l’intenzione del Pd è neutralizzare la Lega di Matteo Salvini, che in Toscana ha buone chance per le elezioni del 2020. “Dobbiamo e possiamo vincere con le nostre forze”, dice al Foglio il governatore Rossi, che da settimane spiega perché con i Cinque stelle non ci si va neanche a cena. Né a Roma né tantomeno a Firenze.

 

“Le differenze programmatiche in Toscana in materia di sanità, di infrastrutture, di politiche per il trattamento dei rifiuti, per l’energia, per la geotermia, sono così forti che non lasciano spazio a intese. Per non parlare del modo stesso di concepire la politica. La contrarietà all’intesa dovrebbe derivare dal fatto che laddove questi signori hanno governato hanno hanno dato pessima prova. Pensiamo a Livorno. Ma anche a Roma, che è un disastro. Anche Torino non mi sembra che brilli. Questo è il M5s, non ne esiste uno buono, neanche in Toscana. I Cinque stelle esprimono un pensiero retrogrado, falsamente moderno, anti-industrialista, un pensiero da decrescita felice, contrario alla politica e alla democrazia rappresentativa. Sono sempre quelli delle scie chimiche, non scordiamolo”.

 

Quindi, dice Rossi, “se il M5s ha intenzione di cambiare avrà l’occasione di farlo in campagna elettorale. I Cinque stelle vogliono discutere? Intanto dichiarino il loro carattere alternativo alla destra. Dicano di essere un movimento che guarda a sinistra. Questo sarebbe il primo riferimento per capire, in campagna elettorale, se ci sono punti di avvicinamento”. Insomma, il percorso - se c’è - è lungo. “Non può avvenire con svolte repentine. Anche perché la setta che si è riunita a Marina di Bibbona con l’Elevato, come si autodefinisce Grillo, ha constatato l’inaffidabilità di Salvini ma ha ringraziato la Lega per aver governato insieme. Come si fa anche solo a parlare di un dialogo con i Cinque stelle?”.

 

In politica, avverte Rossi, “non si può escludere nulla, ma ci sono dei processi da compiere, davanti a militanti, elettori, opinione pubblica. Se i Cinque stelle vogliono cambiare, devono dire ‘mai con la Lega e mai più con la destra estrema’. Devono ammettere che è stato un errore”. Non serve dunque l’ennesima “manovra di palazzo, il Pd purtroppo ne ha fatte troppe in questi anni”, ma bisogna confrontarsi davanti al popolo.

 

“Al M5s piace il popolo, bene. Cambi le sue politiche davanti al popolo. Da troppi anni noi - il centrosinistra - andiamo a governare non perché prendiamo voti ma perché facciamo manovre parlamentari. Il governismo è diventata una malattia. Per questo dico che in Toscana possiamo farcela a vincere con i nostri voti. Dopodiché se i Cinque stelle cambiano registro in campagna elettorale, nel prossimo consiglio potrebbero maturare eventuali cambiamenti. In politica tutto si evolve. Ma io non credo che cambieranno. In Toscana si sono opposti alla riforma della sanità, ai vaccini, all’aeroporto, alla Tirrenica, al sotto-attraversamento, alla geotermia, al porto di Piombino, all’industria, spesso considerata da loro fonte del male. Se vogliono cambiare linea ce lo dimostrino. Noi, invece, ci dobbiamo presentare come alternativi alla destra estrema e alle sue pulsioni autoritarie, ma anche alternativi al nullismo del M5s”.

 

Insomma un patto con i Cinque stelle è l’ultima cosa di cui ci sarebbe bisogno. “Serve piuttosto un patto tra produttori per far crescere il paese non con chi esalta la rendita e la decrescita felice. In Toscana ho proposto in patto per lo sviluppo con tutte le forze sociali che mette al primo posto le infrastrutture, che qui sono bloccate dal nullismo del ministro Toninelli. Adesso, se c’è un governo con Pd e Cinque stelle, tutto questo cambierà? Andrà a finire che butteremo un’altra legislatura”. Quindi, sì, “Salvini è un criptofascista - sono stato uno dei primi a dirlo e ci ho abbastanza indovinato, anche se certo figuriamoci, il fascismo non si presenta nello stesso modo - e teorizza una democrazia illiberale ispirandosi ai suoi amichetti. Però non puoi pensare di fermarlo dichiarando lo stato d’emergenza e mettendo insieme tutti compresi quelli che ci hanno governato, salvandolo dal processo, votando tutti i decreti che hanno presentato, facendogli fare il vero comandante. Anche perché in Parlamento i Cinque stelle hanno il 34 e il 17 per cento ce l’ha il Pd. Hai voglia a fare il programma dettagliato, loro non sono la Cdu”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.