Luigi Di Maio e Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Un monocolore per mazzolare il Truce

Giuliano Ferrara

Ma quale formazione Ursula. Governo Bisconte finché la Lega si sgonfia

Pur convinto, e da sempre, che il dottor Gribbels è un grande uomo di stato, che la Trenta è cugina della Thatcher, e per Giggino vediamo poi le parentele dalla parte di Pericle, aspetterei a rimpiazzare il Truce al Viminale con un ministro o una ministra “de sinistra”. Più in generale, mi convince di più quello che penso io, fuori dai giochi ma sempre ludens, di quello che desiderano gli altri, cioè tornare al governo nella formazione Ursula, come dice Prodi. E’ vero che il Quirinale sarebbe più contento se gli si offrisse un governo stabile o di legislatura, con una maggioranza programmatica e politica definita, un nuovo contratto, ma un po’ di fantasia non guasterebbe. Per una lunga fase intermedia, visto che poi il programma è semplice e chiaro per tutti tranne che per i tonti, far fuori politicamente il Truce, sarebbe preferibile fare come ho detto, suggerito, indicato, ordinato (scegliete voi).

 

Grillozzi e piddini sono il primo e il secondo partito, d’accordo. Il Truce ora si accorge che è il terzo, e che senza il Cav. avrebbe eletto ben settantuno deputati e senatori in meno di quelli che ha mandato a sgualcire i velluti di Camera e Senato. Il rigonfiamento nei sondaggi, Parlamento di Strasburgo compreso nei sondaggi, è stato l’effetto illusionistico di una prospettiva che avevamo come al solito preconizzato con largo anticipo: il Viminale per lui come capo della forza e della politica, e la chiusura virtuale dei porti per i povericristi scappati alle grinfie del mare. 

Due strumenti politici orridi, che però funzionano per agitare le masse cieche. Tutto vero. Ma i responsabili dello stato in cui si trova il paese sono quelli che hanno conquistato una solida maggioranza relativa alle elezioni, con il voto del popolo e del caro editorialista Gatto della Volpe. Perché scaricarli della responsabilità ora che con loro si può negoziare, discutere, esercitare un’influenza decisiva, ma senza nemmeno l’apparenza dell’osmosi inappropriata.

 

Un monocolore grillozzo e una fiducia del Pd e di altri ansiosi di mazzolare il Truce, per ragioni costituzionali e democratiche e liberali evidenti a tutti tranne che al professor Orsina, apologeta delle “magisteriali” mosse del caporione della Lega fino a ieri, e una parlamentarizzazione delle questioni programmatiche, che si discutono appunto alle Camere e/o in conciliaboli riservati come avveniva tra il grande Di Giulio per il Pci e il grande Franco Evangelisti per la Dc, mi sembrerebbe più sensato di una condivisione nell’esecutivo, per la quale c’è tempo. Un giorno, forse, quando non si sa. Il monocolore sarebbe un tecnocolore, un governo in technicolor, perché chi dà la fiducia sarebbe in grado di scegliere Gabrielli per l’Interno, un Nelli Feroci per gli Esteri (il montiano del contratto, Moavero Milanesi, va benissimo come commissario a Bruxelles), e un mezzo garantista contiano e biscontiano alla giustizia. A me questo basterebbe per dare la fiducia a due mani, a quattro mani se comprendiamo il ritorno di Gianni Letta e Berlusconi nella maggioranza, a un esecutivo solido, competente malgrado tutto, e incompetente abbastanza per essere considerato popchic.

 

Sulla strada del governo giallorosso, per quanto romanista si possa essere, ci sono parecchi ostacoli, il primo dei quali è la lotta di potere, legittima ma pericolosa, all’interno del Pd, il secondo dei quali è l’occhio fino della Casaleggio e Associati, che sorveglia dappresso. Una mano la daranno il Gran Fico del bigoncio, anche lui ormai uno statista di calibro superiore, e la multinome Casellati, che era pronta a fare il ministro con il Truce, ma il contrordine saprà eseguirlo alla perfezione. Ma non basta. Servirebbero gli eletti dei centri sociali, che sono ormai il mio vero partito e un trait d’union sinistro-ambientalista coi fiocchi, e pazienza se dovremo votare Raggi a Roma, Appendino a Torino e così via, nessuno ci ha promesso un giardino di rose e poi, insomma, chi siamo noi per giudicare, che c’importa di andare a Lione? Poi si voterà. Quando? Appena il Truce nei sondaggi va al 20 per cento. Non c’è tanto da aspettare.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.