Beppe Grillo (foto LaPresse)

E' ora di un referendum contro il governo degli sciamannati

Giuliano Ferrara

Lo strumento è consumato, logorato, invalidato dai mille quorum di partecipazione non raggiunti, ma è il momento di rilanciarlo, mettendo nel conto la possibilità di perdere o di vincere

La democrazia rappresentativa fissa le regole stringenti di esercizio della democrazia diretta: non fu invenzione degli scappati di casa ma dei Padri della Repubblica dopo la guerra, chiamasi Costituzione, referendum abrogativo, leggi di iniziativa popolare. Insisto: un referendum abrogativo del reddito di cittadinanza è una battaglia che i nemici dello sbafo possono vincere, che cosa si aspetta a raccogliere le firme? L’obiezione civile sui temi di principio è magnifica, viva il sindaco di Palermo Orlando, la battaglia legale deve essere finanziata dal popolo e integrata dalle migliori competenze anche per dare una lezione ai legulei e ai tromboni del diritto diseguale  fazioso, quelli del “no” che ora sono allineati più o meno alla masnada di maggioranza e alla sua prepotenza nel prendersi quel che resta di una democrazia trasformata in carneficina lottizzatrice di ogni singolo posto disponibile di comando.

 

Comunque sia, qui c’è una questione grande come una casa. Gli avversari del governo degli sciamannati non possono, non devono limitarsi a difendere la roccaforte del parlamento, che oggi è bivaccante in ragione di un voto incauto degli elettori e di una combinazione da sballo in procinto di dissolversi, quella tra Lega e Cinque stelle. Le camere devono essere tutelate dalle prevaricazioni, ma non basta. In fondo tutti sanno che se Renzi non avesse litigato con Berlusconi sulla candidatura di Giuliano Amato al Quirinale, dissolvendo il Nazareno, i voti necessari a frantumare l’accozzaglia e a far prevalere i sì al… al referendum… ci sarebbero stati… bastava lo spostamento di un cinque per cento più uno. Il Cav. si è ritirato nella tenda come Achille, ha scatenato la sua ira funesta, il suo emulo Renzi ha pensato di essere abbastanza forte per giocarsela da solo, il risultato è stato la comune rovina dei contraenti il connubio di governo riformatore che ci avrebbe evitato Toninelli e il Truce, e ci avrebbe dato un sistema monocamerale e una legge elettorale decenti. Punto.

 

Il rischio di un bipolarismo demoniaco in cui le forze costituzionali sparse qui e là, e oggi largamente minoritarie, dovrebbero accodarsi a una destra becera o a un movimentismo casaleggiano becero anch’esso per condizionare la scena e contare, bè, questo rischio si può quanto meno attenuare rilanciando in modo intelligente il tema della democrazia referendaria che è un tesoro politico lasciatoci in eredità da Pannella. Mi rendo conto che intorno a quello strumento si è combattuta nel tempo una miope battaglia di delegittimazione, che pure aveva le sue ragioni di cultura politica, e lo strumento è consumato, logorato, invalidato dai mille quorum di partecipazione non raggiunti anche per responsabilità delle diverse leadership di destra e di sinistra, e per l’aver consentito che la magistratura demolisse il risultato democratico dell’ultimo referendum, quello sulla biogenetica (se non sbaglio). Ma ora è il momento di rilanciarlo, mettendo nel conto la possibilità di perdere o di vincere, che è poi lo spazio di manovra realistico di chiunque faccia politica non soltanto per scaldare una sedia.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.