Paola Nugnes (foto LaPresse)

La "testuggine" di Di Maio perde già pezzi

Redazione

Quattro senatori del M5s si sfilano e annunciano voto negativo al decreto Sicurezza

La “testuggine romana” auspicata dal vicepremier Luigi Di Maio rischia di sgretolarsi già lunedì prossimo, quando arriverà in Parlamento il decreto Sicurezza. La prima a sfilarsi ufficialmente è la senatrice grillina Paola Nugnes. “Voglio votare contro questo provvedimento, partito male. Sono portatrice della visione originaria, iniziale, del Movimento e non condivido questa sua trasformazione alla quale sto assistendo”, ha detto Nugnes. Certo, “nel caso di una eventuale fiducia mi riservo di valutare il da farsi”, ma la defezione della senatrice vicina al presidente della Camera Roberto Fico apre una breccia nel fronte del M5s. L’ala sinistra del Movimento non condivide in particolare lo smantellamento dei sistema Sprar e le limitazioni forti al diritto d’asilo, entrambi voluti fortemente dalla Lega.

 

Insieme a Nugnes, in questi giorni anche i senatori Elena Fattori, Gregorio De Falco e Matteo Mantero hanno rilasciato dichiarazioni critiche nei confronti del decreto Sicurezza. I dissidenti rischiano da un lato di creare un precedente pericoloso per la compattezza del Movimento, dall’altro di rendere più complicata l’approvazione del testo. Sul primo fronte, Di Maio ha già convocato una riunione dell’assemblea congiunta per tentare una mediazione in extremis coi dissidenti. Tentativo che rischia di restare vano, data la diserzione già annunciata di Nugnes (“Il tempo ormai è scaduto”, ha detto la senatrice), Fattori e Mantero. Una situazione molto tesa, al punto che secondo Repubblica i probiviri del Movimento sarebbero pronti a valutare l'espulsione dei quattro.

 

Sul secondo fronte, invece, i numeri cominciano a preoccupare il governo, che quasi certamente porrà la questione di fiducia al momento del voto in Aula lunedì prossimo (in commissione invece non dovrebbero esserci difficoltà). Tutto si gioca su una manciata di voti. M5s e Lega possono contare sulla carta su 6 senatori in più rispetto alla maggioranza assoluta fissata a quota 161: 58 leghisti e 109 pentastellati. Le forze d’opposizione invece hanno, sempre sulla carta, 151 voti: quindi una differenza di 16 voti. Se tutti e quattro i dissidenti grillini finora usciti allo scoperto confermeranno di non votare a favore del decreto, la maggioranza scenderebbe a 163. La questione diventerebbe delicata se il malumore tra i 5 stelle dovesse aumentare. Per mettere a rischio la maggioranza, la fronda dei dissidenti dovrebbe arrivare ad almeno una decina di voti. A quel punto, ci sarebbero solo 2 o 3 senatori di vantaggio e non sarebbero consentite assenze ingiustificate che potrebbero davvero mettere a repentaglio la tenuta del governo.