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Contrordine: “E se rinviassimo quota 100 e reddito di cittadinanza?”

Valerio Valentini

Il piano B del ministro dell’Economia Giovanni Tria è pronto. Resta un duplice problema: convincere Di Maio e Salvini

Roma. La bozza di un piano alternativo è già pronta. Ci ha lavorato il ministro dell’Economia Giovanni Tria, insieme ai suoi vice Massimo Garavaglia e Laura Castelli. L’ha vista anche il premier Giuseppe Conte e ne sono stati informati, in maniera più o meno dettagliata, tutti gli uomini di governo che, a vario titolo, sono coinvolti nel dibattito sul Def. L’idea è abbastanza semplice: consiste, cioè, nel posticipare l’avvio del reddito di cittadinanza e del superamento della Fornero al secondo trimestre del 2019. Ne risulterebbe, così, un risparmio di quasi quattro miliardi: risorse che, se pure non verranno scomputate dal deficit, abbassando così la soglia del 2,4 per cento, potrebbero però essere dirottate verso gli investimenti. Insomma, se non un ravvedimento, quantomeno un segnale da lanciare ai mercati, nella speranza di potere scongiurare in extremis una sentenza – quelle della agenzie di rating, più che quella di Juncker e Moscovici – che viene in verità già data per scontata.

 

Tutto pronto, allora? Non proprio. Perché prima c’è da convincere Luigi Di Maio e Matteo Salvini. E il problema, in questo senso, è sempre lo stesso: finché non cede l’uno neppure l’altro, in questa perenne sfida scellerata al rilancio, è disposto a valutare l’ipotesi del ripensamento. E così il capo leghista, interpellato sull’ipotesi del rinvio di “quota cento” al secondo trimestre, ha preso tempo: “Se Luigi accetta, per me va bene”. Solo che Di Maio al momento non ha alcuna intenzione di avallare il piano d’emergenza. Indisponibile, insomma. E allora ecco che pure Salvini s’irrigidisce, punta i piedi, resta sordo anche ai tentativi di persuasione di chi gli sta intorno.

 

Fino a lunedì, in ogni caso, non ci saranno abiure. Si vivrà alla giornata, sapendo che “lo spread ci farà ballare”, ma valutando di volta in volta le possibili misure. Pure nel M5s, però, cominciano a emergere i dubbi e le perplessità di chi, anche nel cerchio ristretto del “Gigio Magico”, prova a dettare la linea della prudenza. Chi, tra i parlamentari grillini, ha il mandato di sondare gli investitori, ha riferito al capo di una preoccupazione diffusa per la “mancanza di misure riservate alla crescita”: ed ecco che allora quei quattro miliardi da girare agli investimenti diventano una soluzione possibile per tentare di rassicurare gli investitori senza al contempo perdere la faccia con gli elettori. Del resto, partire a gennaio col finanziamento al reddito di cittadinanza potrebbe essere addirittura controproducente. “Se non hai una rete efficiente di centri per l’impiego, il disegno non può funzionare perché si basa sull’incontro efficace tra domanda e offerta. Se manca questo passaggio il rischio è che diventi una riforma solo assistenzialitica”, si sfoga un grillino al Senato. E allora, a maggior ragione, tanto varrebbe postdatare l’avvio del reddito di cittadinanza di qualche mese.

 

Per Di Maio questa resta, al momento, una mossa estrema, cui ricorrere solo in caso di emergenza (come se, d’altronde, gli avvertimenti di ieri da parte di Fitch e Moody’s non fossero abbastanza allarmanti). E tuttavia, dietro la recita di una irremovibile fermezza, dietro la retorica d’ordinanza del tiriamo dritto, nel Movimento qualche crepa si apre. E forse anche per questo, illustrando il Def alla commissione Bilancio – epicentro delle tensioni neanche troppo sotterranee tra i grillini più cauti, preoccupati eccome nel vedere l’impennata dello spread, e quelli barricaderi – ieri la Castelli si è per la prima volta mostrata assai conciliante con le opposizioni, e in particolare col Pd. E ha addirittura riconosciuto al precedente governo – horribile dictu – un impegno apprezzabile nel tentativo di riformare le regole fiscali europee, aggiungendo peraltro che è su quel lavoro, “non abbastanza pubblicizzato dal Pd”, che i grilloleghisti intendono basarsi per forzare la mano a Bruxelles. Adelante, insomma, ma con juicio.