Virginia Raggi (foto LaPresse)

L'altro scandalo Raggi

Giuliano Ferrara

Se l’opposizione vuole creare un’alternativa al cambiamento come ha fatto a Roma, tanti auguri

La Raggi ha compiuto quarant’anni in luglio, e due di mandato come sindaco di Roma in giugno. Lo stato pietoso di Roma non si può addebitarglielo, sarebbe sleale, la città è sempre stata quello che è, ha altri criteri di vita e di bellezza che non la buona amministrazione, le responsabilità del Pd nel disastro sono state chiare dal momento in cui quel partito scelse un perfettamente inabile professionista del professionismo parapolitico, un pasticcione come Ignazio Marino, e poi lo rovesciò con mezzi altrettanto pasticciati dopo aver abbracciato la bandiera grottesca di Mafia Capitale che sventolava a favore di una palingenesi moralizzante, figuriamoci. Il plebiscito a cinque stelle fu inevitabile conseguenza di una congiuntura bestiale, e fece da battistrada alla svolta elettorale pro Di Maio di due anni dopo. Detto che la Raggi è esente da colpe storiche, anche perché è un nulla avvolto nel nulla e venuto dal nulla, nessuno spero obietterà se si aggiunga che ha dato prove penose di amministratrice.

      

Per Madamina, il catalogo è questo, è noto e ripercorrerlo farebbe perdere solo tempo al lettore, le cronache di questi anni, dalle Olimpiadi allo Stadio della Roma, finito nei tribunali con l’arresto del facilitatore e capo della principale azienda di Roma (Acea), dal bilancio alle manutenzioni, dalla situazione dei trasporti ai servizi e disservizi di ogni tipo e genere, dalla trasparenza della giunta criticata da una sequela di assessori dimissionari, fino a un rinvio a giudizio per falso ideologico e a un paio di archiviazioni, sperando che almeno il bailamme giudiziario si risolva a favore della ragazza. Le promesse demagogiche non mantenute non si contano, gli atti di amministrazione sensata non si contano nel senso che non ci sono, la malattia senile e putrescente di Roma fa girare la capoccia, e questi ventiquattro o venticinque mesi non sono stati nemmeno una tachipirina, semmai un revulsivo. Nel frattempo in un paio di municipi la situazione si è rovesciata e oppositori della Raggi hanno conquistato presidenze, con un voto ormai ridotto al lumicino come percentuale di partecipazione, in rappresentanza di un umore nero verso la giunta del cambiamento.

     

Problema e scandalo tutto politico e tutto civile. A due anni data dalla catastrofe, nessuno sarebbe in grado di indicare a me elettore romano o a chi mi legge, dovunque abiti, il nome di un portavoce o di una portavoce della battaglia dell’alternativa a questo terremoto con il quale si vivacchia stancamente. E’ quasi incredibile, e molto irritante se non disperante. L’opposizione in Consiglio comunale e in qualche quartiere o municipio c’è, sarà anche generosa e puntuale, ma non si vede, è muta, si vede qualche condominio che si organizza per curare a sue spese l’aiuola trascurata dal servizio giardini, si percepisce il mugugno fatale delle stanche bocche dei cittadini, rei di avere creduto al miracolo dell’onestà-tà-tà, e che si ritrovano una immensa città senza infrastrutture decenti e piani per correggere lo status quo, senza servizi minimamente efficienti, in un tripudio ridicolo di buche che ha deviato perfino il corso trionfale del Giro d’Italia a difesa dell’uretra e della salute dei poveri ciclisti. 

     

Hanno approntato una spiaggia in riva al Tevere, senza piscina, con o senza un accordo territoriale con un capo influente del territorio, procedendo di inaugurazione in inaugurazione con circolari degne del Ventennio che impongono di fare linda una delle città più sporche del creato al passaggio della sora sindaca. Ma non c’è un cristo d’uomo o di donna, un imprenditore, un operaio, un medico, un avvocato, un giornalista, un militante politico professionale e ispirato, un giovane o un vecchio popolano, un millennial di talento, che ne so, uno qualunque dei romani che sia stato investito, accettando e lavorando per assolverla, della missione di ridare una visione e una speranza alla città, candidandosi da subito per l’alternativa civica e popolare alla Raggi o a un suo successore estratto dallo stesso ambiente grillozzo che ha tanto prodotto di incuria e dabbenaggine. Credo che al Pd e nelle altre aree dell’opposizione cosiddetta pensino che basta un po’ di lavoro istituzionale senza una faccia che lo rappresenti con efficacia e potenza tribunizia, poi al momento opportuno, con le solite primarie e alleanze di vario genere si sceglierà un tomo alla Marino capace di mettere d’accordo i capibastone e un’area presuntivamente neomaggioritaria. Il momento opportuno, che era ieri e l’altro ieri, sarà alla vigilia di prossime elezioni, e il cilindro verrà estratto dal cappello con procedure partitiche solite, senza che si sia pensato a costruire da subito una leadership capace di controllare, contrastare e sostituire l’expertise famosa nel mondo della cara Virginia e della sua accolita. Se fanno così anche per il governo del cambiamento, come per la giunta, auguri.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.