Viktor Orban (foto LaPresse)

L'Italia che ci aspetta, membro di punta dell'alleanza di Visegrád

Adriano Sofri

L’euforia che il potere garantirà ai nuovissimi e il pentimento che, forse, gli elettori proveranno

Dunque avremo un governo che farà dell’Italia un membro di punta dell’alleanza di Visegrád, pressoché raddoppiandone la popolazione, e molto più che raddoppiandone l’influenza. Si possono invocare argomenti diversi a sconfessare questa constatazione. Il primo è la spregiudicatezza con la quale i due partner dell’imminente governo sono disposti a rinnegare e travestire le proprie posizioni in omaggio alle convenienze. Non attribuisco a questa rassicurazione, a sua volta cinica, il minimo credito. Il sedicente Movimento 5 stelle ha appena dato lo spettacolo del suo “capo politico” convertito all’euro riavvertito dal guitto fondatore dell’impegno al famoso referendum sull’euro. Pagliacciate, ma proprio di questo si tratta. Quanto a Salvini, i suoi spropositi internazionali, dalla passione per Pyongyang e per Mosca al lepenismo, hanno oggi una sponda inaudita in Trump, che stringe l’europeismo in un doppio assedio. La seconda ragione di rassicurazione sta nella saggezza e la sequela di altre doti olimpiche del presidente della Repubblica Mattarella, che già ieri a Fiesole ha ammonito contro il sovranismo e da cui ci si aspetta, con qualche forzatura nell’interpretazione delle sue prerogative, che sovrintenda alla composizione del governo tenendone fuori, almeno dai ministeri chiave, i personaggi più squalificanti. Ma anche questa è una pietosa illusione. I giorni scorsi hanno dato un saggio del compunto rispetto che i giovin signori della nuovissima maggioranza riservano al presidente della Repubblica. Ho sentito l’altra sera in tv la signora Evelina Christillin dire che il modo in cui i due nuovissimi avevano trattato il discorso di Mattarella sull’eventuale governo di servizio le era sembrato affine ai comportamenti di certi scolari e studenti nei confronti dei docenti, che vanno riempiendo le cronache: mi è sembrato ben detto. Che i nuovissimi accettino per più dei dieci minuti convenienti una sovrintendenza di Mattarella al loro governo, e tanto meno una persuasione morale (morale, figurarsi), è piuttosto escluso.

  

Il nuovo governo combina alcuni ingredienti essenziali del Gruppo di Visegrád che è oggi il contraltare più organico alla leadership europea. Chiusura dei confini, abuso del fantasma della migrazione e insofferenza verso le ong, ricorso impudente a stereotipi antisemiti esemplarmente impersonati da George Soros, idea di un’Europa dai cui fondi attingere e dei cui valori dichiarati farsi beffe, denigrazione dell’euro (tra i quattro di Visegrád solo la Slovacchia lo ha adottato). La devozione a Putin dei Nuovissimi li distingue dalla Polonia nazionalista di Kaczynski, ma anche l’Ungheria di Orbán è putiniana. La contrarietà centroeuropea (Austria compresa) alla revisione di Dublino è una brutta gatta da pelare per l’Italia, ma nessuna alleanza è perfetta. Il governo Lega-5 stelle non è un episodio particolarmente rigonfio della tendenza alla chiusura che attraversa anche l’Europa occidentale, è – può essere, diciamo per consolarci – un passaggio fortissimamente squilibrante in favore di quel contraltare alla leadership europea che Macron e Germania cercano zoppicando di rattoppare. Il governo leghista-grillino permetterà al Pd di “stare all’opposizione” e di dilazionare l’incubo (e il delirio) di altre elezioni, ma non si vede chi l’opposizione sia pronto a farla, oltre che a “starci”. Ma da tanto tempo non si riconosceva così chiaramente che cosa dovrebbe essere e soprattutto fare l’opposizione, rispetto allo stato del mondo e dell’Europa, oltre che dell’Italia. Il potere può garantire ai nuovissimi una euforia prima che arrivi agli elettori il mal di testa della mattina dopo. E prima che si sentano investiti dal sentimento di stupore, vergogna e pentimento che hanno provato i britannici dopo la Brexit, e un po’ di americani, benché non abbastanza, dopo Trump. Chissà quanto durerà. A rinviare il risveglio daranno man forte le mosche cocchiere del Movimento 5 stelle, i fautori del governo 5 stelle col Pd al loro servizio, che ora predicheranno sulla colpa del Pd che non si è prestato. Questa congerie mista e vanitosa di mosche cocchiere aveva resistito imperterrita alla constatazione della tenera predilezione dei Capi Politici dei 5 stelle per la Lega di Salvini, e digerito senza batter ciglio la messinscena del secondo forno. Sinistra e destra non esistono, questa o quella per me pari sono. Ha costruito le proprie fortune, commerciali o di vanità (omnia vincit vanitas) sulla demagogica persuasione di guidare i 5 stelle, pieni di voti e privi di patente: la solita storia degli apprendisti stregoni. Per costoro, non tutto è perduto. C’è sempre il dottor Davigo da applaudire, e le carceri da riempire.

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