Martin Eden

La recensione del film di Pietro Marcello, con Luca Marinelli, Jessica Cressy, Carlo Cecchi, Vincenzo Nemolato

Mariarosa Mancuso

Alla Mostra di Venezia e già nelle sale (sarà interessante sapere quanto resisterà, e a chi daranno la colpa degli scarsi incassi, che in Italia non vengono mai collegati alla qualità del film). I fan sfegatati - tutti, se giudichiamo dalle stellette e dalle recensioni, un po’ meno se valgono le conversazioni private - a sentire le critiche si infastidiscono. Perbacco, dicono, questa è Cultura Alta. Sicuro, Cultura Alta e Telefonata - nel senso delle “scene telefonate” al cinema. Si prende un classico come “Martin Eden” di Jack London, regalando subito un brivido alla professoressa democratica che alligna nel cuore dei critici. Lo si incrocia con il Novecento, le camicie nere che manganellano (“Abbondiamo con i fasci, guardate quando ha venduto ‘M’ di Antonio Scurati”), un attore come Carlo Cecchi che aggiunge il sapore dell’antico teatro. Un po’ di bandiere rosse al vento. E su tutto la disillusione dell’intellettuale che diventa ricco e famoso con i suoi romanzi. Scritta da chi non lo diventerà mai, quindi come la volpe con l’uva immagina amarezze e sofferenze. Luca Marinelli eroicamente si carica tutto in spalla. Pensando che presto girerà “Diabolik”.

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