Grandi bugie tra amici

La recensione del film di Guillaume Canet, con François Cluzet, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Benoît Magimel

Mariarosa Mancuso

Nove anni dopo le “Piccole bugie tra amici”, Guillaume Canet ci riprova, con il sovrappiù di tristezza che hanno le rimpatriate. Nel primo film, un gruppo variamente assortito si riuniva per le vacanze in una villa al mare a Cap Ferrat, a carico dell’amico ricco. Come ogni estate, o quasi: mancava Ludo, in coma dopo un incidente stradale a Parigi. Il dilemma era “torniamo in città o rimaniamo qui in vacanza?” (solita risposta, “lui avrebbe voluto così”: rimangono, ma la tensione ravviva le crisi latenti). Un “grande freddo” in versione francese, quando gli americani sembravano aver abbandonato il filone. L’amico ricco con la casa – Max, l’attore è François Cluzet – ora sta per compiere 60 anni. Gli fanno un’improvvisata, dopo tre anni senza vedersi. Mossa sconsiderata, il festeggiato è depresso, e anche la ricchezza non è più quella di un tempo. Per un affare sbagliato deve mettere in vendita la casa (in comproprietà con l’ex moglie, che non è stata avvertita, seguono prevedibili gag con lei e con i compratori arrivati per visitare la proprietà). Siccome bisogna spiegare ai nuovi venuti tutto il pregresso, la partenza è lenta. Siccome l’unico scopo del film è bissare il successo del precedente, è lento anche il finale. Siccome tutti devono diventare la versione migliore di loro stessi – l’ha detto anche Chiara Ferragni nel documentario “Chiara Ferragni - Unposted” – e siccome non sono per nulla personcine risolte, serve uno spiegamento di incidenti davvero esagerato. Le vecchie coppie si sono sfasciate, entrano i nuovi fidanzati. Un ballerino per Benoît Magimel, si sono conosciuti in occasione di una caviglia malconcia. Una dentista per Max, che sfoggia tutto il catalogo del sessantenne in crisi, poi tutto il catalogo del sessantenne che si ubriaca e fa follie. Marion Cotillard più che altro si scatena nelle danze. Intermezzo comico – non ce ne sarebbe bisogno in una commedia, ma questa è del genere che in Italia viene salutata con l’aggettivo “garbata”, si ride poco – la tata al seguito di una neonata. Vorrebbe rispettare gli orari dei pasti e dei sonnellini, vorrebbe riposare quando le tocca. E tutti ridono.

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