(foto Getty)

Marketing emozionale

Doris e Lombardini: il “brand content” al cinema non è taboo

: basta che piaccia

Mariarosaria Marchesano

Dal film dedicato al fondatore di Mediolanum al progetto di Luca Vassallo, sul grande schermo arriva un nuovo genere a metà tra pellicole tradizionali e “marketing emozionale”. La prossima sfida sarà raccontare la vita di Francesco Cirio

“Non chiamatelo “cinema d’azienda” perché Guido Borghi, che con la sua Movie Magic International ha prodotto il film sulla vita di Ennio Doris, che, interpretato da Massimo Ghini, è in cima alla classifica nei primi tre giorni di uscita nelle sale, obietta che Mediolanum viene citata una sola volta e che la pellicola “racconta una storia umana e imprenditoriale. In fondo, il cinema non ha sempre fatto anche questo?”. A conferma, comunque, che il genere tira, Borghi anticipa al Foglio che sta lavorando a un nuovo progetto sulla vita di Francesco Cirio, fondatore della storica impresa di conserve torinese. Borghi lo proporrà a Mediaset “grazie ai buoni rapporti che ci sono”, ammettendo di essere alla ricerca di finanziamenti “perché col tax credit, se tutto va bene, i soldi li vedi dopo due anni. Anche se penso che rappresenti un contributo fondamentale per chi vuole fare cinema e il ministro Sangiuliano ha ragione quando dice che è necessario fare una selezione”.

La Movie ha usufruito del tax credit per fare “C’è anche domani”. “Certo, ma visto che sta andando molto bene, penso sia stato un buon affare anche per lo stato”, replica il produttore. Borghi viene lui stesso da una famiglia di imprenditori: il padre, Giovanni Borghi, ha fondato la Ignis che dava lavoro a 18 mila dipendenti ed è stata tra le prime al mondo nella produzione degli elettrodomestici. “La mia passione per queste storie ha un’origine molto personale, oltre al fatto che ho sempre prodotto film pubblicitari per grandi nomi come Ferrero, Lavazza, Whirlpool. Però l’opera su Doris è una cosa diversa, penso che la sua vita sia non solo di interesse per il pubblico ma fonte di ispirazione per i giovani e il loro futuro, tant’è che ne sto parlando nelle scuole”. I critici obiettano che ha fatto di Doris un santino proprio come si fa con lo storytelling aziendale che esalta gli aspetti positivi trascurando quelli meno edificanti. “E quali sarebbero nel caso di Doris? Io non ne ho trovati. Dalle sue origini all’incontro con Berlusconi e lungo il percorso è tutto molto trasparente perché lui era proprio così, perché avrei dovuto snaturare il personaggio inventandomi qualcosa di diverso?”. Insomma, il film sul fondatore di Mediolanum rappresenta un genere nuovo a metà tra il cinema tradizionale e quello che gli esperti chiamano “marketing emozionale”. E non è l’unico caso. Proprio in questi giorni sta per arrivare nelle sale di Milano e Roma “Il posto”, film voluto da un grosso studio di architettura milanese, Lombardini22 con 450 dipendenti. E’ la storia di un regista in crisi – Pietro, interpretato da Michele Sarti – che a un certo punto rinuncia a realizzare per Netflix un remake di “Ocean Eleven” per accettare la proposta di un team di architetti visionari per un docufilm insolito. Pietro si mette profondamente in discussione e, preso dalla passione per il racconto, che finisce per coinvolgere i suoi genitori, sarà capace di farne un film.

La storia della pellicola coincide con quanto è accaduto nella realtà nel momento in cui il regista Luca Vassallo è stato contattato da Lombardini22. Proiettato in anteprima all’Anteo di Milano, “Il posto” raggiunge l’obiettivo che Lombardini si era prefissato: si esce dal cinema avendo compreso come può la modifica degli spazi incidere sulla vita delle persone. I genitori di Pietro avevano lavorato entrambi all’Ibm negli anni Settanta, ma si erano conosciuti e innamorati solo quando le pareti degli uffici erano state abbattute per dare vita al primo open space del mondo. “Un campo di fiori che si guardano”, come lo chiama la mamma per spiegare al figlio in che modo si era accorta di suo padre: “Era il fiore più alto e più bello di tutti”. A quel punto il regista decide di accettare la sfida e rinunciare al film sulla banda di ladri ultraottantenni che imita le gesta di George Clooney e Brad Pitt. Prodotto dalla White Box, la casa di produzione del regista (vero) Vassallo, senza tax credit, il film va ben oltre la dimensione del “brand content”, anzi, Lombardini ha accettato un rischio reputazionale. “Non avevamo in mente un’opera autocelebrativa – dice l’ad Franco Guidi – ci interessava piuttosto trasmettere un messaggio sul nostro lavoro che è di tipo culturale e ne è uscita una storia d’amore insospettabile”. Al cinema, c’è posto per tutti, a patto che interessi il pubblico.

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