Se odiate l'animazione passate oltre

Perché lo spettatore che non ama i disegni animati si sente in cuor suo una personcina superiore a chi i cartoon li ama, li cerca e li applaude?

Mariarosa Mancuso

Chi detesta l’animazione può smettere subito la lettura. E già che siamo in tema: perché lo spettatore che non ama i disegni animati (assieme allo spettatore che disprezza i musical) si sente in cuor suo una personcina superiore a chi i cartoon e i film cantati e ballati li ama, li cerca e li applaude? Non tutti i generi cinematografici sono uguali, fateci caso: se qualcuno (qualcuna, più spesso) si lascia scappare “detesto i film western, anche se è Tarantino a ricamarci sopra”, fa una magra figura. Succede anche fuori dal cinema: dire “odio la matematica” fa scattare la complicità tra esseri superiori, a tendenza artistica. Dire “odio la poesia” gela gli astanti, che si guardano come per dire “lo sapevo che qualcosa non andava”.

 

Noi anime semplici siamo deliziate all’idea che i candidati agli Oscar 2020, categoria film d’animazione, siano quest’anno la bellezza di 32. Non tutti Disney, e neppure tutti Pixar (ormai sono la stessa cosa, anche se cercano di tenere le distanze, artisticamente parlando). Alcuni hanno cominciato come vignette: sul New Yorker, nel 1938, disegnate da Charles Addams. Poi sono diventate serie televisive, cartoni animati, lungometraggi con attori veri. Anjelica Huston era Morticia nei film di Barry Sonnenfeld a fine anni 90: tagliava via le rose per tenere solo lo stelo; si svegliava e stiracchiava: “Amore, oggi sono completamente infelice”; i piccoli Pugsley e Mercoledì mettevano in scena uno Shakespeare (filologicamente) sanguinario. L’ultima “Famiglia Addams” – appunto la candidata all’Oscar, già scattato il merchandising – sarà nelle sale italiane per Halloween. I registi sono Greg Tiernan e Conrad Vernon, voci italiane di Raul Bova-Zio Fester, Virginia Raffaele, Loredana Berté-Nonna Adam.

 

 

“Il piccolo Yeti” di Jill Culton e Todd Wilderman – titolo originale “Abominable”, come deve essere un uomo delle nevi – è uscito all’inizio di ottobre, gareggiando in carineria tra l’orfanella Y che risparmia per visitare la Cina e il cucciolo di Yeti inseguito dai cacciatori. Paura per un trauma da “mamma di Bambi”? Tranquilli sulla poltrona o sul divano, sono cose che non si fanno più, le nuove generazioni non reggerebbero (di sicuro non i loro genitori sempre pronti a consultare lo psicologo).

 

Molti i soliti noti, anche nell’animazione prosperano i seguiti, le cattive abitudini si diffondono subito: “Frozen 2”, “Pets - Vita degli animali 2”, “Toy Story 4”. E qualche gustosa novità. Dalla Spagna arriva “Buñuel en el Laberinto de las Tortugas” diretto da Salvador Simó. Tratto da una graphic novel di Fermín Solís racconta Luis Buñuel nel suo primo momento neorealista, anno 1933 (il secondo lo colpirà in Messico, nel 1950, con “Los Olvidados”) quando andò in Estremadura, la regione più povera della Spagna, per filmare miseria, piedi nudi e funerali di bambini.