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“Si può governare il virus senza contagiare la Costituzione”

David Allegranti

Il filosofo del diritto Emilio Santoro ci spiega perché servono le leggi e perché l’approccio repressivo è pericoloso

Roma. I Dpcm, le ordinanze dei singoli ministri e quelle dei governatori di regione. Ogni giorno sperimentiamo nuove limitazioni delle libertà personali. Le motivazioni sono giuste (tutelare la salute pubblica), le procedure – che in questo caso sono sostanziali – no, dice al Foglio il filosofo del diritto Emilio Santoro, ordinario all’Università di Firenze.

Chiedono a noi cittadini di stare attenti, e va bene così. Ma rispettino i doveri costituzionali anche loro, come classe di governo. La Costituzione non impedisce di fare il 90 per cento delle cose che fanno, ma definisce le procedure per farle. Così invece rischiamo di avere un precedente le cui conseguenze dureranno anni: ogni volta, anche di fronte a emergenze, anche meno gravi, ci saranno i decreti del presidente del consiglio di turno limitativi delle libertà personali”. Attenzione dunque, dice Santoro: “Siamo sicuramente in una situazione drammatica e questo consente di prendere provvedimenti restrittivi per tutelare la salute pubblica”.

  

I provvedimenti restrittivi fanno parte di ciò che è “ampiamente previsto. Dopodiché, bisogna stare attenti, perché in questo momento rischiamo che nell’ultimo camion dei nostri militari ci sia la bara della nostra Costituzione. Questo modo di procedere, in cui il governo va avanti quasi sempre per Dpcm, poi arrivano i presidenti di regione e anche i sindaci a fare le loro ordinanze restrittive per la libertà personali, al di là del merito se abbiano senso dal punto di vista sanitario o meno, cosa in cui non entro perché non ho le competenze per dirlo, è costituzionalmente molto dubbio”.

L’articolo 23 della Costituzione dice che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Il costituente ha poi ribadito e rafforzato il principio generale in alcuni casi specifici. Come l’articolo 16: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. La Costituzione per risolvere il problema delle emergenze prevede due istituti speciali, lo stato di guerra (articolo 78, che però deve essere deliberato dalle Camere conferendo al Governo i poteri necessari) e lo scioglimento dei Consigli regionali (articolo 126), nonché il decreto-legge (articolo 77) “che per noi è ormai diventato un provvedimento ordinario e non di emergenza”, osserva Santoro.

 

Per affrontare l’emergenza pandemica, è stata usata una delibera del Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, senza delibera delle Camere è stato dichiarato lo stato di emergenza “in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. La Delibera prevede che per l’attuazione degli interventi, da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, “si provvede con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico”. “Ma nessuna ordinanza è stata fatta dal Capo della protezione civile, che si limita a leggere dei dati alle sei di ogni pomeriggio. Quasi tutte le decisioni avvengono per Decreto del presidente del Consiglio dei ministri e una dal ministro della Salute”, dice Santoro.

 

Per il resto, c’è stato solo un decreto-legge del 23 febbraio 2020, “misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”, convertito in legge dal Parlamento il 5 marzo. Alcune misure (il divieto di accesso a un altro comune) sono adottate secondo riserva di legge, altre no. Come l’ordinanza del ministro della salute del 20 marzo, che ha vietato “l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici” o le previsioni dei DPCM che impediscono il movimento anche all’interno del proprio Comune. Viene da chiedersi, insomma, a cosa serva il Parlamento. “Gli atti come quello del ministro Speranza o del Presidente del Consiglio sono atti amministrativi. Non sono leggi. Se noi siamo in emergenza, e lo siamo, dobbiamo avere un Parlamento che non ha paura di riunirsi, anche su Skype come sto facendo io con i miei studenti da ormai 15 giorni. Oppure possono decidere di non uscire dal Parlamento e di fare la quarantena lì, perché i diritti fondamentali sono tutelati dalla riserva di legge e servono leggi approvate nel tempo più rapido possibile. Non è una formalità: solo la legge può consentire che vengano ristrette le libertà personali, non i provvedimenti dei singoli ministri. Anche i casi estremi, come quello in cui siamo, vanno gestiti con la Costituzione. Il problema è che il governo dopo essersi dato una struttura, con la dichiarazione di stato di emergenza, lo ha disatteso, visto che il capo della protezione civile non ha fatto nemmeno un’ordinanza”. 

 

Per Santoro insomma è preoccupante che l’unico approccio adottato finora sia quello repressivo: “Mi allarma e diventa un precedente pericoloso l’impiego dei soldati, come i 114 in Lombardia, per eseguire i controlli su atti costituzionalmente dubbi. Zagrebelsky ha ragione quando dice che non sono i soldati in Cile di Pinochet e che è bello che l’esercito ci aiuti, compresi i medici militari. Chiediamogli però di mettere in pratica però solo atti costituzionalmente certi, far eseguire all’esercito i Dpcm e le ordinanze del ministro della salute lesive delle libertà fondamentali squalifica l’esercito, che invece ha grandi meriti. L’ultima cosa da augurarci è che sia l’esercito a far rispettare ordinanze costituzionalmente molto dubbie”. Così come l’ultima cosa da fare è esaltare politicamente gli aiuti di Cina e Russia: “Chi ci porta gli aiuti non è la quintessenza della democrazia. Cinesi e russi ci portano gli aiuti ma anche i metodi per utilizzarli e se proprio dobbiamo imparare qualcosa cercherei di farlo dai paesi che sanno gestire le emergenze sanitarie in conformità delle garanzie di libertà”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.