Claudio Graziano (Ansa)

Vittoria russa non scontata

“Senza armi all'Ucraina non resterà altro che la resa incondizionata”. Parla il generale Graziano

Matteo Matzuzzi

“L’invio degli armamenti è giusto, etico e prudente. Non darei per scontata la vittoria russa". La difesa comune europea? “Può coesistere con la Nato. Occorre favorire sinergie nell'Ue. Spendere di più e meglio”, dice il presidente di Fincantieri e del Comitato militare Ue

“Non ci può essere alcun dubbio morale sull’invio delle armi all’Ucraina”, dice il generale Claudio Graziano, dal novembre del 2018 presidente del Comitato militare dell’Unione europea e pochi giorni fa indicato come nuovo presidente di Fincantieri. “L’invio delle armi è giusto, etico e prudente”, dice al Foglio: “Giusto perché uno stato sovrano, una democrazia (ancorché imperfetta) è stata invasa da uno stato molto più potente. Etico perché la difesa della patria è un dovere sacro. Prudente perché con l’invio delle armi si manda un messaggio all’aggressore: nessuna invasione può restare impunita”.

 

E a chi sostiene la teoria del né con Mosca né con la Nato, cosa si può rispondere? “È un discorso che non capisco. Noi siamo parte della Nato, che è un’organizzazione difensiva che non ha fatto nulla nei confronti della Russia. La Nato sta rafforzando le sue capacità di difesa al confine orientale. Questo attacco all’Ucraina ha dato voce e concretezza alle paure che da anni venivano manifestate dai paesi orientali dell’Unione europea. La Nato si ripropone oggi come un’organizzazione vitale: cosa sarebbero oggi i paesi baltici o la Polonia senza la protezione dell’Alleanza atlantica? A quanti propongono il tema del né né dico che la Russia è l’aggressore. Non si tratta – precisa – di criminalizzare un paese, perché la Russia non è Putin. Deve però sedersi a un tavolo negoziale capendo che il Cremlino ha riportato indietro le lancette di settant’anni”. 

 

Negoziare appare complicato, soprattutto con un Putin arrabbiato perché convinto di poter chiudere la pratica ucraina in pochi giorni, lo scorso febbraio. È stato l’occidente a sopravvalutare la potenza militare russa o è Mosca ad aver ritenuto, erroneamente, di essere un gigante militare? “Direi  tutte e due le cose. Per molti anni abbiamo assistito all’attività ibrida russa in diversi contesti, in Africa così come in territori più prossimi alla sua zona d’influenza. Abbiamo visto le parate, le feste ma non abbiamo visto i bilanci. I russi possono investire in determinati settori, ma non hanno le risorse necessarie per competere nell’alta tecnologia. Il Cremlino l’ha sottovalutato? È possibile che l’invasione dell’Ucraina sia stata spacciata ai militari come un’operazione tutto sommato facile. E poi, ma qui entriamo nel campo della speculazione, non escluderei che Putin sia ora isolato come decisore e che il suo staff più vicino e ristretto gli abbia spacciato un’efficienza operativa che in realtà non esiste, così come una facilità nella strategia adottata”. 


Da settimane, in ogni dibattito televisivo e in non poche analisi sulla stampa, si dà per scontata la vittoria russa, ritenendo che prima o poi la resistenza ucraina si sgretolerà. Il generale Graziano non ne è troppo convinto: “Farei attenzione nel dare per scontato alcunché in questa situazione. Quando il 24 febbraio è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, tutti si aspettavano una guerra  breve, a basso costo che in poco tempo avrebbe portato al regime change a Kyiv, con l’insediamento di un governo in stile bielorusso e la deposizione del presidente Volodymyr Zelensky. Dopodiché la guerra dura da due mesi e le Forze armate ucraine non si sono sciolte come da molti preventivato. Oggi le Forze armate ucraine hanno l’esigenza di fermare la controparte russa, sia nel Donbas sia nella zona costiera meridionale affacciata sul Mar Nero. E possono farlo solo avendo a disposizione le armi. L’invio di armi è fondamentale per arrivare alla pace, altrimenti si avrà solo una resa incondizionata. È indispensabile inviare armi a Kyiv, intanto per permettere agli ucraini di mantenere la propria dignità, e poi per mantenere viva la possibilità di giungere a un tavolo negoziale finalizzato a trovare un accordo giusto”.

 

Qui entra in gioco l’Europa: che fine ha fatto il progetto di difesa comune, eterna chimera che torna protagonista in ogni conflitto più o meno recente? “Credo che proprio per effetto dell’invasione russa dell’Ucraina e per il fatto che l’Europa ha visto di nuovo la guerra entro i suoi confini e che l’Europa ha visto come la minaccia sia concreta, si sia creata la consapevolezza che un’unione europea della difesa non è più rinviabile. Può coesistere certamente con la Nato, dal momento che la difesa comune europea prevede un impegno diverso e in fondo anche un’assunzione di ruolo per la difesa e la tutela dei princìpi dell’Europa. Ma anche, direi, per avere una voce più forte all’interno dei rapporti transatlantici e quindi anche nei confronti degli Stati Uniti. È necessario rafforzare la base industriale della difesa per dare consapevolezza di un confronto che ha preso vita con l’Ucraina e che, però, è destinato a durare ancora per decenni”

Che cosa può fare l’Europa per non farsi schiacciare dai due poli che dominano la scena, gli Stati Uniti da una parte e la Cina dall’altra? Gli spazi di manovra sembrano ridotti. Secondo il generale Graziano, “l’Europa deve entrare nella competizione per la sovranità tecnologica. La Cina sta investendo in intelligenza artificiale e in disruptive technology, gli Stati Uniti hanno un grande budget. Noi dobbiamo coordinare meglio la spesa, spendere di più e meglio. Al contempo, dobbiamo evitare la frammentazione. Dobbiamo investire in tecnologia, innovazione e nella preparazione del personale. Altrimenti resteremo sempre un passo indietro”. A proposito di cooperazione europea: si fa fatica a cooperare anche a livello industriale, mettendo assieme competenze e favorendo sinergie. Non è che risiede anche qui la debolezza del nostro sistema? “Il nostro è un sistema concorrenziale, ci sono troppi egoismi nazionali. L’Europa ha gli strumenti per favorire la cooperazione e la sinergia, e spero che dopo il recente vertice di Versailles possa crearsi una maggiore sinergia. Di certo, come dicevo prima, è necessario trovare modelli di sviluppo diversi: spendere di più e spendere meglio”. 

 

Come immagina il presidente del Comitato militare dell’Ue il nostro continente al termine del conflitto in corso? Tornerà la cortina di ferro? “Oggi direi di sì, anche se bisogna attendere lo sviluppo dei fatti. Quel che abbiamo capito è che Mosca puntava alla creazione di un Impero russo 2.0 o, in second’ordine, al rientro nel gioco delle superpotenze, con un’alta capacità di influenzare il contesto globale. Un disegno ben più ampio delle sole mire sull’Ucraina: vi rientravano la Bielorussia, l’Armenia, l’Azerbaigian e altre realtà ancora più a oriente. Ora si sta formando una trincea destinata a rafforzarsi nel tempo. Non so se sia corretto parlare di nuova cortina di ferro, di certo sarà molto difficile riacquistare fiducia nella Russia”.
 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.