La scommessa

Perché la Polonia non si spaventa se Gazprom le chiude i rubinetti

Micol Flammini

Nel 2015 il partito sovranista PiS inserì nel suo programma elettorale anche la derussificazione del suo mercato energetico. L’obiettivo è  diventare come la Lituania “in cui non arriva neppure una molecola di gas russo” e iI governo di Varsavia conta di farlo

 Gazprom ha annunciato il taglio delle forniture di gas alla Polonia e la Polonia ha risposto: finalmente. Il governo di Varsavia è convinto di poter sopravvivere senza l’energia di Mosca, che forniva circa il 45 per cento della domanda annuale di Varsavia: più o meno 20 miliardi di metri cubi di gas. Può farlo davvero grazie a una scommessa fatta dal partito sovranista PiS, che nel suo programma elettorale del 2015, mise anche il raggiungimento dell’indipendenza energetica dal Cremlino. Un traguardo che sembrava impossibile. L’annuncio di Gazprom non ha sorpreso nessuno a Varsavia, i polacchi se lo aspettavano dal 24 febbraio, giorno di inizio dell’invasione russa in Ucraina, e già prima avevano annunciato che non avrebbero rinnovato il contratto con Gazprom, in scadenza a fine anno. Temevano però che la compagnia energetica russa si sarebbe potuta appigliare a qualche clausola per rendere complessa la rescissione. Il fatto che siano stati i russi a violare il contratto per ben due volte  – imponendo il pagamento in rubli e tagliando le forniture  – mette anche i polacchi nella condizione di esigere risarcimenti.  

 

Per derussificare – questo è il termine usato spesso dal governo e se suona come  “denazificare” non è casuale –  il suo mercato energetico, la Polonia ha cercato di diversificare il più possibile. Cinque anni fa ha iniziato a costruire un gasdotto che porterà il gas dalla Norvegia e il progetto dovrebbe essere ultimato in autunno: questo darà non soltanto la possibilità di sostituire il gas russo, ma potrebbe anche stabilizzare il mercato energetico. In attesa del nuovo gasdotto con una capacità di 10 miliardi di metri cubi, però, Varsavia ha già fatto i suoi calcoli e in questa fase potrà contare sulle sue riserve, piene per tre quarti della loro capacità, e sul terminal per il gas naturale liquefatto nel porto baltico di Swinoujscie, rifornito dagli Stati Uniti e dal Qatar per circa 7 miliardi di metri cubi di gas. A questo si aggiunge anche il nuovo gasdotto Gipl, che collega la Polonia alla Lituania e, per un periodo, Varsavia conta di importare il gas attraverso la Germania, sapendo che si tratta di una misura temporanea, soprattutto in attesa dell’apertura del gasdotto norvegese.

 

Robert Tomaszewski, analista del think tank Polityka insight, ha detto al Foglio che “se sommiamo tutto questo, come Polonia non avremo problemi di riserve di gas, ma rimarranno i problemi legati ai prezzi”. L’obiettivo è di diventare come la Lituania “in cui non arriva neppure una molecola di gas russo” e il governo polacco conta di farlo. Segno del fatto che sta lavorando in fretta è la richiesta del premier Mateusz Morawiecki alla Commissione europea di introdurre dazi del 25-35 per cento sulle importazioni di gas e petrolio dalla Russia. Varsavia ritiene che neppure il petrolio sia più da considerare una debolezza energetica, nonostante quello russo copra i due terzi della domanda polacca. La Polonia ha iniziato a muoversi verso altri mercati come l’Arabia Saudita, la compagnia polacca Orlen ha stretto un accordo con Saudi Aramco. “Il mercato del petrolio potrebbe portarci anche verso Norvegia, Stati Uniti, Africa. O anche in Iran”.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.