(foto LaPresse)

Boris ha il Covid, un'altra conferma di una “frustata” che non fa eccezioni

Paola Peduzzi

Crolla la Borsa di Londra dopo l’annuncio del contagio del premier. Gli effetti di leadership in ritardo e in ordine sparso

Milano. Il premier britannico Boris Johnson è positivo al coronavirus – sintomi leggeri, ha detto nel suo messaggio che inizia con un confidenziale: “Hi, folks” – così come il suo ministro della Salute, Matt Hancock, e ora molti sono preoccupati per la fidanzata di BoJo, Carry, che è anche incinta. La Borsa di Londra ha reagito molto male alla notizia, con un crollo improvviso poi in parte recuperato, come a sanzionare una leadership che ha preso alla leggera la pandemia e non ne ha compreso la natura universale – non ci si può muovere in ordine sparso, questa emergenza ci riguarda tutti. Molti funzionari che lavorano ai ministeri e molti deputati si sono messi in autoisolamento, “c’è molto Covid-19 a Westminster”, ripetono tutti, e questo è accaduto perché quando s’è verificato il primo contagio conclamato – della sottosegretaria alla Salute, Nadine Dorries – non c’è stato un repentino cambio di abitudini, a parte lavarsi le mani più spesso e più a lungo (in quegli stessi giorni il premier era andato a salutare in ospedale i primi contagiati dicendo contento e sciagurato: ho stretto la mano a tutti). Il ritardo della politica è diventato ritardo di tutto il sistema, e ora si corre dietro al virus provando ad acciuffarlo e sopprimerlo usando la retorica della guerra per meglio far comprendere l’urgenza della mobilitazione. Tom McTague, uno dei commentatori più originali dei fatti britannici, ha scritto sull’Atlantic: “Se stiamo davvero combattendo una guerra contro il coronavirus come ci dicono, è appena finita sotto i mortai la sala dei generali”. McTague pensa però che l’assetto da guerra non sia corretto, “è una pandemia globale, una sfida medica che richiede eccellenza scientifica, rapidità d’azione, governi intelligenti e la cooperazione di tutte le persone”.

 

Soprattutto si tratta di un’emergenza universale: sentirsi esclusi, un’eccezione, per geografia o per estrazione sociale o per lavoro praticato o per qualsiasi altra ragione fantasiosa (in questa categoria il presidente brasiliano Bolsonaro detiene il primato), è l’errore più grande che si possa commettere. Se poi si applica la stessa presunzione al proprio paese il risultato è ancora più catastrofico: collassano i sistemi sanitari assieme a quelli economici e la pretesa di normalizzazione cozza contro la realtà che l’Asia ci sta mettendo sotto gli occhi – quando sembra finita, non è vero.

 

La leadership globale dovrà trovare il modo di collaborare e di farlo per lungo tempo, sia all’interno dei propri paesi sia all’esterno. A guardare la classe dirigente britannica sembra una missione impossibile. Adrian Wooldridge ha scritto sull’Economist che la politica ora “è un affare di vita o di morte, dimenticatevi chi è abituato a blaterare”. La pandemia, secondo il commentatore inglese, è una “frustata” sul modo di governare e oggi il Regno Unito ha bisogno di una classe dirigente differente: Wooldridge non sta invocando un governo degli scienziati – ipotesi folle che pure aizza il popolo trumpiano in America – ma un esecutivo selezionato soltanto sull’entusiasmo brexitaro oggi appare nella sua totale inadeguatezza. La frustata potrebbe portare a una ristrutturazione culturale necessaria, dice Wooldridge. Oppure può accadere il contrario, come in America. Il presidente Donald Trump, che ha avuto la stessa presunzione di BoJo e ha pensato che il suo paese potesse costituire un’eccezione all’universalità della pandemia, sta utilizzando gli schemi di sempre per affrontare una sfida tutta nuova. Per Trump il Covid-19 è un’altra arma per dividere l’America tra rosso e blu. Le linee guida del governo di aiuto agli stati prevedono un’etichetta sul livello di rischio, da cui dipendono il sostegno finanziario e la possibilità di allentare la quarantena prima degli altri. In un’intervista al suo consigliere (si telefonano tutti i giorni) nonché anchorman di Fox News Sean Hannity, Trump ha indicato quali sono i governatori che si ne stanno approfittando e quali no: i primi sono democratici naturalmente – tra loro spicca Gretchen Whitmer, o meglio “quella donna dal Michigan che tutto quello che fa è starsene seduta a prendersela con il governo: le abbiamo dato molto ma non ha combinato granché”. Chissà se Trump si accorgerà della frustata: ogni paese ha bisogno che tutti gli altri paesi debellino il virus; ogni leader ha bisogno che i suoi cittadini non prendano il virus o non lo facciano tutti insieme o che ci sia un vaccino presto. E no, non ci sono eccezioni.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi