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Smontare la teoria del “complotto giapponese”, tra Olimpiadi e Avigan di massa

Giulia Pompili

I Giochi olimpici di Tokyo 2020 sono stati rimandati al 2021. Basta un video virale per sperimentare un farmaco?

Roma. Come prevedibile già da qualche settimana, alla fine i Giochi olimpici di Tokyo 2020 sono stati rimandati. Di un anno. Lo ha annunciato il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, dopo una conversazione telefonica con il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach e giorni di trattative e negoziati. La cerimonia di apertura di Tokyo 2020 avrebbe dovuto essere celebrata il 24 luglio e, secondo le regole dell’assegnazione, il Giappone avrebbe potuto posticipare i Giochi, sì, ma comunque entro l’anno 2020. Invece è stata ufficializzata una notizia storica, senza precedenti: Tokyo 2020 si farà nell’estate del 2021. Del resto la cancellazione totale sarebbe stata non solo una perdita economica gigantesca, ma anche un segnale difficile da accettare: in passato le Olimpiadi sono state cancellate soltanto in caso di guerra, e i Giochi olimpici giapponesi del 1940, previsti a Tokyo, furono annullati prima per la guerra sino-giapponese e poi per la Seconda guerra mondiale. Fino a qualche giorno fa il fatto che sulle Olimpiadi non si fosse ancora presa una decisione fomentava le teorie della grande campagna cospirazionista: il governo di Tokyo fa finta di niente sull’epidemia di nuovo coronavirus perché the show must go on. Difficile pensare a un calcolo così cinico, per un paese che soltanto nove anni fa ha vissuto uno choc economico e sociale come il terremoto e lo tsunami del Tohoku (più di 15 mila morti e più di 4 mila dispersi). La decisione di Tokyo sembra più che altro essere legata all’organizzazione e alla partecipazione delle nazionali: il primo paese ad annullare la sua presenza è stato qualche giorno fa il Canada; il governo nipponico sapeva che sarebbe stato il primo di una lunga serie di defezioni, e ha giocato d’anticipo. Perché in effetti in Giappone attualmente l’emergenza non c’è. Non si percepisce il clima da guerra mondiale contro la pandemia come in altri paesi. E il motivo è che, semplicemente, i casi sono pochi e per ora la Sanità giapponese sta reggendo: finora i casi registrati sono poco più di mille, e la prefettura più colpita, con 162 casi, è quella dell’Hokkaido, nell’estremo nord dell’arcipelago giapponese, che ha anche una geografia più facile per isolare i focolai. Se davvero il governo stesse nascondendo un’epidemia, verrebbero fuori le immagini degli ospedali presi d’assalto. E invece no.

  

Le scuole in Giappone stanno per riaprire (la decisione è in mano dei governi locali). E l’altro giorno, sebbene il governo lo avesse sconsigliato, i giapponesi si sono riuniti per l’hanami, il tradizionale rito dell’osservazione dei ciliegi che fioriscono, e le immagini di quei pic-nic hanno circolato sui social network, sono finite dentro alle quarantene degli italiani, e nel frattempo i complottisti domandavano: cosa c’è dietro? Cosa ci nascondono? Perché il Giappone è un paese simile al nostro, in fondo, con una popolazione che è il doppio di quella italiana ma altrettanto anziana. Ma le vie dei cospirazionisti sono infinite e così, invece di studiare con metodo scientifico cosa realmente stia accadendo nel paese del Sol levante, ecco che la risposta alla domanda arriva per mano, anzi per video di un signore non meglio identificato – non si è ancora capito se sia farmacista, ortopedico, fisioterapista o semplicemente un expat italiano in Giappone – che armato di smartphone, con parlata alla Er Faina, mostra “alla gggente” il quartiere di Ikebukuro, a Tokyo, pieno di gente, e dice: “Sapete qual è il loro segreto? L’Avigan”.

 

Riassumendo, secondo il signore, il Giappone avrebbe preso un farmaco sperimentato già per Sars ed Ebola con scarsissimi risultati e molte controindicazioni e lo avrebbe somministrato in massa, rendendo l’immunità di gregge, il sogno di Boris Johnson, una realtà. Ci sarebbe da ridere, se non fosse che ancora oggi, e nonostante tutti i limiti che abbiamo potuto constatare dell’uno vale uno e dell’uomo comune dotato di connessione internet, un video che circola su WhatsApp può creare legittime speranze. E spingere addirittura l’Aifa – che ventiquattro ore prima in un comunicato si era dovuta esprimere contro il farmaco la cui efficacia “ha scarse evidenze scientifiche”, posizione confermata pure da Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della Sanità – a decidere per la sua sperimentazione. Una decisione politica che ha spiegato bene il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana: “Il nuovo farmaco (che nuovo non è, esiste dal Duemila, ndr) Avigan non si sa se funzioni o non funzioni, è diventato virale sulla rete ma adesso potrà essere testato, grazie alle sollecitazioni che abbiamo inviato a Roma”. Abbiamo passato settimane a dirci che doveva essere la scienza a condurci fuori da questa pandemia. E ora ci ritroviamo con una decisione politica presa dopo il video di un expat italiano in Giappone. Che non è per niente immune al nuovo coronavirus, e molti esperti giapponesi, in questi giorni, stanno avvertendo: fate attenzione a cantare vittoria, la seconda ondata di contagi potrebbe essere peggiore della prima.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.