L'Asia di sciagure e di cure
A oriente tutti aspettavano un’altra epidemia. Come si aspetta un tifone o un terremoto, cioè facendosi trovare pronti. Attrezzati. Negli anni sono nati protocolli, sistemi d’allerta e d’emergenza. Un viaggio nei luoghi dove tutto è iniziato, e dove cercare anche le soluzioni
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Tutti si aspettavano un’altra epidemia, in Asia. Come si aspetta un tifone, un terremoto, oppure uno tsunami. Prima di questa pandemia, noi invece conoscevamo i nomi dei virus che erano apparsi sporadicamente da queste parti, quelli che ci hanno fatto paura e che anche i nostri medici e infermieri hanno dovuto affrontare. Sars, Mers, H1N1: erano sempre virus di un altro mondo, estranei in casa nostra. E invece in quel mondo, viaggiando verso est, epidemia è una parola che si usa frequentemente. Come anche mascherina, isolamento, quarantena, contagio, igienizzante, spillover, focolaio, tracciamento, incubazione, asintomatici, distanza sociale. Parole che sono entrate nel nostro linguaggio, solo adesso che il nuovo coronavirus è anche nostro. E ora che tutti cercano regole, modelli e protocolli da seguire, perché nessuno si salva da solo in una pandemia, di nuovo si guarda a oriente, dove tutto è iniziato.
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- Giulia Pompili
È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.