Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

Un test di sinistra, a Londra

Paola Peduzzi

Se vince il radicalissimo Corbyn, vuol dire che quella è la via da seguire pure altrove? Andrew Adonis ci dà qualche risposta

Milano. Le elezioni inglesi sono un test per le sinistre d’Europa, e pure un po’ più in là, oltre l’Atlantico: se Jeremy Corbyn vince, vuol dire che la formula radicale che questo leader laburista persegue con una tigna ideologica unica è da esportare e applicare altrove? “Il mondo ci guarda”, scrive Aditya Chakrabortty sul Guardian, perché da sempre la dinamica anglosassone fa da ispirazione al resto dell’occidente, e se il populismo di sinistra s’impone, così radicale dal punto di vista economico com’è nel Regno Unito, allora vuol dire che forse quella è la strada. Andrew Adonis, laburista moderato che ha lavorato nel governo Blair, dice che le elezioni inglesi sono sì un test, ma non per il futuro della sinistra. “Queste sono elezioni sull’Europa – dice Adonis, che nel pomeriggio di oggi apre i lavori dell’incontro organizzato a Milano dalla Base riformista del Partito democratico dal titolo “Per un Pd aperto e plurale” – ed è a questo che voi europei dovreste badare: se vincono i Tory è molto probabile che ci sia la Brexit, e se c’è la Brexit i partiti nazionalisti e sovranisti saranno galvanizzati, penseranno che la ‘exit’ è una strada percorribile. Fermare la Brexit è prima di tutto un antidoto contro l’affermazione del populismo sovranista”. Adonis dice che ogni cosa, nelle elezioni inglesi, parla di Brexit e quindi di Europa, non ci sono proposte concrete senza sapere l’esito del divorzio in corso, “ogni decisione economica e sociale è condizionata dalla Brexit”. Da qui, la percezione è diversa, sembra che lo stesso Corbyn – che una posizione coerente sulla Brexit non ce l’ha – abbia contribuito a togliere dal dibattito il divorzio con l’Europa: è ben più interessato alle nazionalizzazioni o alla sanità per tutti che all’Europa. Ma Adonis dice che questo è un abbaglio elettorale, tattica dei partiti, ripete che per noi europei è importante non distrarsi, anche noi siamo coinvolti: “L’Italia, così come gli altri paesi europei, deve avere a cuore la domanda che ci stiamo ponendo: il progetto europeo sarà indebolito dalla Brexit? Questo vi riguarda tutti”.

 

 

La variabile Brexit influisce su ogni decisione, ma la specificità britannica non finisce qui. Adonis – che voterà Labour, la domanda “ma lei chi vota?” non lo sorprende troppo: sa bene quanto sia difficile la convivenza tra moderati e corbyniani, ma è secco e senza dubbi nella risposta – viene a parlare a Milano di pluralismo dentro alla sinistra partendo da una cultura politica molto particolare: “Nel sistema elettorale inglese, così come in quello americano, non c’è possibilità di uscire dai grandi partiti: se si vuole andare al potere bisogna stare dentro al proprio grande partito d’appartenenza. Io sono un moderato e non condivido la gran parte delle proposte economiche di Corbyn, che sono molto radicali, ma non c’è alternativa in un sistema elettorale come il nostro, possiamo soltanto risolvere le divergenze al nostro interno”. Ma dove invece il sistema lo consente, “come in Italia, ma anche in Germania o nei paesi scandinavi”, la frattura tra le due anime della sinistra tanto inconciliabili è inevitabile? Per Adonis nulla è inevitabile, si sceglie e si agisce di conseguenza, “non so se sia giusto o sbagliato spezzare i grandi partiti di sinistra, so che ove è possibile farlo, e se questo dà una chance politica, allora che sia”. Nel Regno Unito il problema del break-up non si pone, si può soltanto cercare di trovare il modo di convivere, e per quanto possa sembrare paradossale persino la famigerata Brexit offre un’occasione per costruire qualcosa insieme. Corbyn è sì ambiguo, ma “pende verso il secondo referendum”, dice Adonis, se sei contrario alla Brexit oggi sei sicuro che non voterai per i conservatori, puoi scegliere tra Labour ed eventualmente i Lib-dem, che però sono il terzo partito e quindi più fragili. “Il voto tattico di cui parla Tony Blair è una costante nelle nostre elezioni”, dice Adonis, non c’è troppo da stupirsi, se tieni lontani i Tory e il Labour da una maggioranza assoluta vuol dire che le forze di bilanciamento avranno più peso – è la moderazione dal basso.

 

 

Comunque sia, se il test del Labour inglese non riguarda l’ascesa del radicalismo come paradigma da seguire per le sinistre, ma riguarda l’Europa, per noi europei c’è poco da stare allegri. L’ultimo sondaggio complessivo uscito ieri dà una maggioranza assoluta e ampia ai Tory. “Anche nel 2017, a due settimane dalle elezioni, i conservatori nei sondaggi avevano la maggioranza assoluta, ma poi non l’hanno ottenuta. Non è ancora finita”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi