Jeremy Corbyn e John McDonnell (foto LaPresse)

Jeremy e il portafoglio

Paola Peduzzi

Il Labour vuole riscrivere le regole economiche del Regno Unito. Il discorso di McDonnell e la ricchezza “oscena”

Milano. “Il cambiamento arriva, è semplice: arriva”, ripete spesso John McDonnell, cancelliere dello Scacchiere ombra, “forse il marxista vivente più famoso del Regno Unito”, come lo ha definito il Financial Times. Il cambiamento arriva, e ieri McDonnell ce l’ha sbattuto addosso, potente e dirompente, a poche ore dall’atteso dibattito in tv, ieri sera, tra il suo capo Jeremy Corbyn e il primo ministro Boris Johnson. “Il modello di business del paese” non sarà più lo stesso, ha detto McDonnell, “riscriveremo le regole della nostra economia”, che vuol dire che i lavoratori devono “take back control” – sì, ha usato proprio queste famigerate parole – e devono essere parte dei board aziendali, per legge. Dopo aver dato la rassicurazione di rito che apre sempre i suoi discorsi: “Siamo pro business, ma”, McDonnell ha dettagliato i suoi “ma”: il “ma” è un modello in cui le aziende sono “partnership” invece che macchine da soldi per pochi e privilegiati imprenditori; il “ma” è far studiare i ragazzi senza l’oppressione dei debiti; il “ma” è redistribuire la ricchezza iniziando da dove la ricchezza c’è: tanta, troppa “oscena”, “nessuno ha bisogno o merita di avere così tanti soldi”, i ricchi devono pagare molte più tasse. L’uguaglianza incomincia dal posto di lavoro, dalle aziende.

 

Riprendendo un’idea che era stata introdotta dall’ex premier Theresa May, una conservatrice, il cancelliere dello Scacchiere ombra ha detto che ci deve essere una proporzione 20:1 nei salari del settore pubblico tra chi guadagna di meno e chi guadagna di più. Se c’è un dipendente che prende il salario minimo – 16 mila sterline all’anno – il suo superboss non potrà guadagnare più di 320 mila sterline (la May si era limitata a dire che le differenze di salario dovevano essere trasparenti e che gli stipendi dei manager dovevano essere “giustificati” e parametrati su quelli dei dipendenti). La proposta di McDonnell, che non è nuova, deriva da uno studio a cui lui ha fatto spesso riferimento: risale a quasi un anno fa, è stato redatto da Prem Sikka, professore emerito di Contabilità all’Università dell’Essex, ed era una denuncia del cosiddetto “dark side” del capitalismo, laddove i ricchi diventano sempre più ricchi sfruttando regolamenti, asimmetrie informative, la globalizzazione anche, naturalmente. L’unico sollievo per il mondo del business è che il Labour non vuole introdurre una tassa sui profitti delle compagnie di petrolio e gas, come invece aveva detto di voler fare. Ma il sollievo resta comunque circoscritto, le reazioni di confindustria e imprenditori sono state meste e spaventate – ogni giorno qualcuno annuncia che lascerà il paese se Corbyn diventerà primo ministro – mentre i conservatori hanno pubblicato uno studio che in sostanza dice che le politiche del Labour porteranno gli inglesi alla fame.

 

McDonnell ha la risposta pronta, ha detto che i Tory sono contro la tassazione dei redditi alti perché per la maggior parte quei redditi alti appartengono a facoltosi sostenitori dei Tory, il cerchio si chiude facilmente così, o come dice l’ultimo video elettorale pubblicato da Corbyn: “Lo sai di chi hanno davvero paura l’establishment e i pochi privilegiati? Di te”. Di te che vuoi essere ascoltato, di te che ti sei sentito escluso, di te, popolo inglese. La dicotomia è quella di sempre – i pochi privilegiati e i “many”, gli elettori, tu, io, noi – ma pure se la politica del Labour corbyniano è del tutto chiara, ogni parola suona nuovamente radicale, anche perché fino soltanto a cinque anni fa nessuno avrebbe osato pronunciarla. Il Labour di oggi ha messo a tacere il consenso centrista, ha deciso di navigare tutto a sinistra e nulla è impossibile, nemmeno dire che le aziende che non ridurranno le emissioni saranno tolte dal listino di Borsa, quando alla conferenza del partito persino la base sindacalista diceva che l’ambientalismo è costosissimo per i lavoratori, andiamoci piano. L’unico argine oggi è costituito dai numeri: i sondaggi danno i Tory in solido vantaggio, il Labour può ambire, se tutto va molto bene, a un governo di minoranza. I rivali di Corbyn aspettano la conta finale, se quest’offensiva radicale non dovesse avere un buon esito, il leader lascerà il suo posto? McDonnell ha sempre detto di sì, così come dice di non voler essere lui il prossimo leader del partito, ma ora non si mostrano debolezze, si azzannano i Tory, e non si ostenta per nessuna ragione alcuna moderazione.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi