Il presidente americano Donald Trump in conferenza stampa sulla Siria a Washington (foto LaPresse)

Da Bruxelles all'Ungheria ai curdi, i diplomatici disfunzionali di Trump spiegazzano le relazioni

Daniele Raineri

Come ha detto l’ambasciatore William Taylor il governo americano in questo momento ha una diplomazia ufficiale e una non ufficiale. E questo crea problemi

Roma. Per i primi due anni di mandato di Donald Trump c’è stato molto malessere al dipartimento di stato americano, che si occupa della diplomazia e delle relazioni con gli altri paesi. L’impressione era che il presidente si fosse dimenticato di quel ramo dell’Amministrazione e che l’avesse svuotato delle sue funzioni – molti posti vacanti ancora non sono stati riempiti. In realtà, come si capisce in questi giorni, è successo qualcosa di peggio: la diplomazia americana non è stata dimenticata e svuotata, è finita nelle mani di alcuni uomini di Trump che gestiscono dossier molto importanti. Come ha detto ieri l’ambasciatore William Taylor – sentito alla Camera – il governo americano in questo momento ha una diplomazia ufficiale e una diplomazia non ufficiale. E questo crea problemi.

L’ambasciatore americano all’Unione europea è Gordon Sondland, un ricco donatore repubblicano nominato da Trump per quell’incarico nel maggio del 2018. Una settimana fa un consigliere per la Sicurezza nazionale ha detto in un’audizione a porte chiuse alla Camera che Sondland è come uno che guida in un luogo che non conosce senza guardrail e senza gps. Non è cattivo, ma “è un rischio per la sicurezza nazionale” e da un momento all’altro può fare un disastro. Per ora ha fatto alcune uscite imbarazzanti e molto poco in linea con il suo ruolo di ambasciatore. A una cena fra diplomatici ha detto che “il mio lavoro è distruggere l’Unione europea”. Durante un’altra cena in cui si ricordava il piano Marshall, il gigantesco programma di sostegno americano che dopo la Seconda guerra mondiale aiutò l’Europa a ripartire, Sondland ha detto: “Se noi americani abbiamo speso così tanti soldi, perché allora in Europa mi sento dire tanti no?” – che non è un buon modo per ingraziarsi gli interlocutori europei. Quando ha realizzato che c’era una partita da giocare in Ucraina e che Trump era molto interessato, ha sgomitato per partecipare – anche se il suo ruolo non lo prevede. A maggio è andato alla cerimonia di inaugurazione del nuovo presidente ucraino Zelensky e poi si è fatto coinvolgere nel negoziato sotterraneo per strappare all’Ucraina un’indagine contro il figlio del candidato democratico Joe Biden – che avrebbe aiutato molto Trump in campagna elettorale – in cambio di un pacchetto importante di aiuti militari. Nel fare questa cosa si è scontrato in modo feroce con il consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, che da molti è considerato un fanatico guerrafondaio ma che aveva capito benissimo che trattenere aiuti militari decisivi contro i russi in cambio di fango contro Biden era mescolare in modo inaccettabile gli interessi americani e quelli privati di Trump. Bolton si opponeva molto a un incontro fra Trump e Zelensky o anche soltanto a una telefonata perché pensava che sarebbe finita in un disastro. In effetti è arrivata la richiesta di impeachment. Bolton è stato cacciato dalla Casa Bianca il 10 settembre.

David Cornstein è un magnate nel campo dei gioielli nominato da Trump ambasciatore in Ungheria (premiare con un posto da ambasciatore i propri sostenitori è una consuetudine bipartisan accettata negli Stati Uniti). A luglio, come ha raccontato il New York Times, ha trasformato l’annuale e modesto ricevimento dell’ambasciata americana a Budapest per la Festa dell’indipendenza in un party da ottocento invitati che è costato centinaia di migliaia di dollari. Ha fatto arrivare il cantante Paul Anka – quello di “Diana” – dalla California e lo ha fatto suonare in onore dell’ospite d’eccezione, il presidente ungherese Viktor Orbán. La scena in cui lui copriva d’elogi Orbán, un leader controverso che è accusato di autoritarismo, ha stupito molti all’ambasciata. Cornstein ha organizzato l’incontro alla Casa Bianca fra Orbán e Trump del maggio scorso in cui Orbán avrebbe impartito a Trump una lezione su cosa deve pensare riguardo alla situazione in Ucraina. E’ un pezzo della storia di come si è arrivati alla richiesta di impeachment che si connette con gli altri pezzi.

Il sito della rivista National Interest ha un resoconto-scoop delle riunioni di settembre fra i diplomatici americani e il Consiglio democratico siriano, che è l’autorità civile che fa da governo nelle aree sotto il controllo delle Forze democratiche siriane. Il capo della delegazione americana, l’inviato speciale Joel Rayburn, era spesso furioso e durante gli incontri gridava per convincere i curdi ad allearsi con i gruppi armati siriani che fanno capo alla Turchia – quindi con gli stessi gruppi che in questi giorni stanno cacciando i curdi dal loro territorio. Era così contrariato dal rifiuto curdo che ha spezzato una penna sulla faccia del suo traduttore. Rayburn, secondo le fonti sentite da National Interest, pensa che quei gruppi potrebbero avere un ruolo anti Iran nella Siria del nord.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)