Una dimostrazione ad Ankara contro la visita di Mike Pence, vicepresidente americano (foto LaPresse)

In Turchia i kemalisti laici sarebbero peggio di Erdogan con i curdi

Mariano Giustino

L’annuncio dell’offensiva militare turca ha scatenato un trasversale sentimento patriottico

Istanbul. “Rallegratevi, sia che saremo morti sia che saremo tornati a casa. L’eternità sarà nostra”. Recita così un video diffuso sul web in Turchia accompagnato dalle immagini di atleti turchi che festeggiano la loro vittoria col saluto del soldato. Il 9 ottobre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato su Twitter, in turco, in arabo e in inglese, l’avvio dell’operazione militare nel nordest della Siria: “Libereremo la regione dalle grinfie del terrore”.

 

L’annuncio dell’offensiva militare turca ha scatenato un trasversale sentimento patriottico. Tutti i partiti da quelli più conservatori e filoislamici a quelli di impronta laica e kemalista, a quelli di sinistra, si sono schierati a sostegno dell’operazione militare in Siria, con la sola eccezione del Partito democratico dei popoli (Hdp), di sinistra libertaria e filocurda, il cui leader Selahattin Demirtas è rinchiuso dal 4 novembre 2016 nel carcere di massima sicurezza di Edirne, accusato di propaganda e di sostegno al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

  

Kemal Kilicdaroglu, leader del Partito repubblicano del popolo (Chp), maggior partito d’opposizione, dalle radici kemaliste, è in prima linea in questo atteggiamento nazionalista e patriottico, nonostante vi siano al suo interno alcune componenti critiche verso questo terzo intervento militare in Siria. Il Chp sostiene che sia necessario dialogare con Damasco per la sicurezza dei propri confini. Anche il nuovo sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, che aveva battuto l’Akp di Erdogan nelle elezioni municipali del 23 giugno proprio grazie al sostegno dei due milioni di curdi che risiedono a Istanbul e del Partito democratico dei popoli, filocurdo (Hdp), ha manifestato il suo sostegno all’operazione militare. Imamoglu è considerato il leader di quella nuova generazione di politici che stanno rivoluzionando il linguaggio della politica turca che ha alimentato animosità culturali tra nazionalisti-laici, conservatori-religiosi e curdi.

 

Il sostegno alla campagna militare turca in Siria non significa un automatico sostegno a Erdogan, ma lo è per la nazione. Il terrorismo del Pkk ha mietuto numerose vittime in Turchia ed è condannato da circa il 90 per cento degli elettori. Sono noti a tutti i legami tra il partito dei curdi-siriani PYD (Partito di unione democratica) e il Pkk, considerato da molti paesi occidentali e dall’Unione europea come organizzazione terroristica e in questi ultimi anni, molti dei nazionalisti curdi che si sono macchiati di terrorismo in Turchia si erano rifugiati o erano stati addestrati nei territori del PYD.

 

La Turchia, sin dalla sua fondazione, nel 1923, è impegnata a mettere in sicurezza il suo confine di 916 chilometri con la Siria per evitare attacchi contro i suoi abitanti e contro le Forze armate da parte di organizzazioni terroristiche di ogni genere e una larga parte dei turchi ritiene necessaria una operazione militare in Siria contro il Pkk per evitare che il terrorismo dilaghi nel paese.

 

Vi è un altro fattore che è alla base di questo diffuso sentimento nazionalista che si riscontra anche in questi giorni.I militari hanno sempre avuto un ruolo dominante nella società turca. Il padre fondatore della Turchia moderna è stato un generale, Mustafa Kemal Atatürk, che si era distinto nella guerra di indipendenza e i militari dunque sono molto amati e rispettati, costituiscono una istituzione quasi sacra. Per questi motivi i settori più laici e kemalisti della società turca, i partiti politici, hanno espresso il loro sostegno anche a questa terza offensiva militare turca in Siria che è seguita alle due precedenti compiute nel 2016 e nel 2018. Il mito del Mehmetcik (il soldato semplice), il cittadino medio, umile, che viene dall’Anatolia profonda resiste ancora in Turchia e anche oggi molti aspetti della vita sociale sono legati al servizio militare. Una forza politica in Turchia difficilmente potrebbe criticare l’operato del proprio esercito impegnato in un altro paese a salvaguardare la sicurezza e la sopravvivenza della nazione.

 

Per Erdogan muovere le leve del nazionalismo e creare un clima di emergenza è l’unico modo per accrescere il consenso perduto dopo la storica sconfitta subita a Istanbul e le tensioni all’interno del suo partito. In questo contesto, l’intervento armato è funzionale a rafforzare l’Akp in quanto l’operazione militare sposta il dibattito dai problemi dell’economia e dei rifugiati alla difesa dell’integrità nazionale.

 

In Turchia è vietato usare le parole “guerra’’ o “invasione’’. Quella in Siria è un’operazione di sicurezza, dicono le autorità turche, e chi sostiene il contrario è un simpatizzante dei terroristi. Un traditore, un assassino da mettere sotto inchiesta.