Salvini e Savoini a Mosca (LaPresse)

Perché sono importanti i russi che negoziarono con il leghista Savoini

Daniele Raineri

L’analisi audio delle voci. Identificati due dei russi al tavolo dove si discuteva un finanziamento occulto, sono legati a un vice di Vladimir Putin. Una catena di legami

Roma. Il caso russo che riguarda la Lega di Matteo Salvini è sempre più chiaro. Ieri il sito BuzzFeed News, in collaborazione con il sito investigativo Bellingcat e con il sito russo Insider, ha detto di avere identificato due dei tre russi che il 18 ottobre 2018 si incontrarono con Gianluca Savoini e altri due italiani all’hotel Metropol di Mosca. Gli italiani e i russi trattarono un finanziamento occulto da 65 milioni di euro a favore della Lega ma non c’è nessuna prova che ci sia stato un trasferimento effettivo del denaro – che doveva servire per la campagna elettorale delle europee. Tuttavia, il fatto che gli italiani chiedessero soldi illegali grazie alla fratellanza ideologica con la Russia di Putin in chiave anti Europa e che i russi discutessero in termini pratici come fare il finanziamento ha già il potenziale per stroncare carriere politiche.

 

I due russi identificati sono Andrey Yuryevich Kharchenko e di Ilya Andreevich Yakunin (nome già fatto dall’Espresso), e sono legati a Vladimir Pligin, un politico molto vicino al presidente russo Vladimir Putin, e ad Aleksander Dugin, un ideologo di cui si parla molto perché è considerato il teorico dell’assorbimento dell’Europa nella sfera di influenza della Russia. Che sia saltata fuori una relazione con Dugin è una notizia suggestiva, perché lui con la sua barba incolta e le tesi forti è diventato un volto conosciuto. Ma alla fine non si sa quanto conti davvero nel mondo putiniano e se possa prendere o facilitare le decisioni. Il legame più solido dei due russi è quello con Pligin, pezzo grosso di Russia Unita, che è il partito di Putin e nel 2017 strinse un accordo di collaborazione con la Lega.

   

Pligin è finito sulla lista delle persone colpite da sanzioni dell’Unione europea perché nel 2014 scrisse la legge che certificò l’annessione della Crimea da parte della Russia (l’invasione della Crimea fu senz’altro una delle decisioni più aggressive in politica estera mai prese da Putin). Nella registrazione dell’incontro con gli italiani uscita a luglio i russi dicono che prima di prendere decisioni devono sentire proprio Pligin.

  

Pligin è l’anello di collegamento con un personaggio ancora più altolocato, il vicepremier russo Dmitry Kozak, che è sulla lista di persone colpite da sanzioni degli Stati Uniti perché fa parte del circolo più stretto di persone attorno a Putin. Pligin ha fondato uno studio legale assieme a Dmitry Kozak ed ecco cosa scriveva l’Espresso a febbraio: il giorno prima dell’incontro tra Savoini e i russi al Metropol, il vicepresidente del Consiglio italiano Matteo Salvini incontrò “in gran segreto un personaggio di spicco del Cremlino: il vicepremier Dmitry Kozak, delegato agli Affari energetici, uomo della stretta cerchia di Putin. L’incontro è avvenuto nell’ufficio di Vladimir Pligin, un noto avvocato moscovita legato a Kozak, il cui studio si trova al numero 43 di Sivtsev Vrazhek”. Salvini, che spesso condivide le sue giornate sui social, non disse nulla dell’incontro con il suo omologo Kozak.

   

C’è un’inchiesta della procura di Milano su questa faccenda e se la tesi fosse che gli uomini di Salvini si sono incontrati per trattare con gli uomini di Kozak – non di altissimo livello, perché queste cose necessitano di intermediari – il giorno dopo la visita discreta di Salvini a Kozak ci sarebbe materiale per riflettere.

   

I giornalisti e gli investigatori che hanno identificato i russi sono partiti dai nomi che si sentono nella registrazione presa al Metropol: “Ilya”, “Andrey” e “Yuri”. Poi hanno stilato una lista dei possibili candidati con il materiale che avevano a disposizione. Per esempio forse Kharchenko appare di spalle mentre parla con Savoini in una foto scattata il giorno prima dell’incontro al Metropol dalla giornalista italiana Marta Allevato. Quindi si sono procurati campioni delle voci dei sospetti e li hanno mandati al National Center for Media Forensics (Ncmf) a Denver, in Colorado, che si occupa tra le altre cose di fare comparazioni audio molto accurate. L’Ncmf ha collaborato con la Cia, con l’Fbi e con il New York Times, perché le sue analisi possono essere molto utili. Per esempio, è in grado di dire se la voce di una persona mascherata che parla in due diversi video dello Stato islamico è la stessa. Grazie ai campioni delle voci, gli investigatori hanno dato un nome a due dei tre russi presenti.Si sa già chi sono i tre italiani. Non sono ancora chiari i canali da cui sono arrivate prima la notizia e poi la registrazione di un incontro che doveva essere segreto.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)