Ma quindi Macron è in crisi?
Qualche scandalo, un rimpasto pesante, riforme difficili e sondaggi non più brillanti. Il presidente francese ha avuto un rientro dalle vacanze tormentato, ma ha già pronti nuovi nomi e nuove idee
Parigi. All’Eliseo, si dice che finalmente siano tornati i “Grognards”, i fedelissimi soldati della Guardia imperiale di Napoleone, pronti a sacrificare la propria vita per il loro boss. Oggi il boss è Emmanuel Macron, che vuole ritornare alle origini dopo l’estate tormentata, lasciando fuori dalle mura i Benalla che insidiano la sua idea di “Repubblica esemplare” e riconcentrandosi su chi lo ha accompagnato fin dall’inizio nella scalata al gradino più alto di Francia.
Il simbolo di questo ritorno è Sylvain Fort, consigliere responsabile dei “discorsi e della memoria” di Macron, la “plume” del presidente, che ora, salvo inaspettati passi indietro, riapparirà al centro della scena mediatica come capo della comunicazione dell’Eliseo e principale interfaccia con i giornalisti assieme all’inamovibile Sibeth Ndiaye, devota consigliera dai tempi dell’ascesa di En Marche!.
Nel suo ufficio del quarto piano del palazzo presidenziale, da osservatore paziente e privilegiato della vita della République, Fort ha scritto e curato i discorsi più importanti del capo dello stato francese, quello di Atene sulla democrazia, quello della Sorbona sull’Europa, quello del collège des Bernardins sulla chiesa, ma anche il testo di entrata di Simone Veil al Pantheon. Lui, melomane, biografo di Puccini e Von Karajan, soprannominato il “Balzac del presidente”, non poteva chiedere di meglio dopo essere stato il responsabile della comunicazione durante la campagna elettorale, un’esperienza assai poco letteraria per un intellettuale entrato in politica per caso che tiene molto a passare “i weekend in famiglia”, secondo le sue stesse parole. Ma ora Macron, nonostante i tentennamenti, lo rivuole proprio in quel ruolo, nel cuore del reattore, capo della comunicazione incaricato di armonizzare le varie squadre all’interno dell’Eliseo, facilitare la trasmissione dei messaggi del presidente e forgiare una nuova retorica presidenziale, meno “jupitérienne” e più vicina alla gente.
Per Libération, più ancora del cambio di guardia al ministero dell’Ambiente, dentro François de Rugy fuori Nicolas Hulot, e a quello dello Sport, dentro Roxana Maracineanu fuori Laura Flessel, è questo il “vero rimpasto” della rentrée, è questa la risposta forte del presidente alle innumerevoli difficoltà di questo rientro dalle vacanze, tra sondaggi infelici, addii inattesi e dissapori sulle riforme a venire. “Al minirimpasto di martedì si aggiunge un maxirimpasto della cellula della comunicazione all’Eliseo”, scrive Libé.
Perché Macron ha capito che il dispositivo va riorganizzato in fretta, che il nuovo romanzo nazionale attorno alla riconciliazione delle memorie deve ritrovare la sua armonia, che Bruno Roger-Petit, portavoce in uscita – l’ufficialità dovrebbe arrivare il prossimo 15 settembre – fa meglio l’editorialista che lo spin doctor, è uno “straniero” che non ha partecipato all’avventura di En Marche!, meglio dunque ripartire da dove tutto è cominciato, affidando il controllo dell’intero apparato presidenziale al primo cerchio della macronia.
Macron ha scelto il suo uomo migliore per riprendere in mano la situazione – e la situazione va raddrizzata subito, visto che sono in arrivo altre riforme pesanti, e per forza di cose impopolari, la riforma fiscale, la riforma delle pensioni, e la riforma delle istituzioni. Ma secondo quanto comunicato dall’entourage dell’Eliseo, non sarà l’unico, Fort, ad avere un ruolo di coordinamento influente. Si parla infatti della creazione di un nuovo posto, quello di direttore generale dei servizi, che avrà il compito delicato di guidare e tenere sotto controllo l’insieme del personale. L’idea, va da sé, è nata in seguito all’affaire Benalla, alle rumorose lamentele dell’alta amministrazione e al malessere del ministro dell’Interno Gérard Collomb e dei suoi collaboratori.
Proprio Collomb ha lanciato un appello a tutto il governo, affinché ci sia “più umiltà”. “Un tempo ero professore di greco. E in greco c’è una parola, ‘hybris’, che è la maledizione degli dèi. Quando si diventa troppo sicuri di sé, si pensa di averla sempre vinta”, ha dichiarato l’inquilino di Place Beauvau ai microfoni di Bfm.tv, prima di invitare i suoi colleghi, e indirettamente anche il presidente, a “restare con i piedi per terra, in maniera tale da poter ascoltare ciò che dice la gente, perché nei palazzi della République si perde rapidamente la capacità di ascolto delle persone”.
Sentendo Collomb, vengono in mente le parole che proprio Fort disse al Foglio lo scorso ottobre: “Le trasformazioni non avvengono da un giorno all’altro. Si può dire ‘mettiamo delle idee nuove che piacciono a tutti’, ma non è mai così. La verità è che le comunità umane hanno bisogno di tempo per accettare il cambiamento, e questo cambiamento non deve essere imposto in maniera brutale e autoritaria: deve essere capito. Il fattore tempo è fondamentale”. Chi meglio di lui, dunque, per rimettersi en marche.
la sconfitta del dittatore