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Il reddito universale di Macron spiegato a Di Maio

Maria Carla Sicilia

Il "presidente dei ricchi" cerca un riscatto politico e avvia una riforma del welfare, ma rischia di lasciare indietro i più poveri. Parla l'economista Saraceno 

"In una sola generazione possiamo sradicare la grande povertà nel nostro paese. E' un'ambizione estrema che dobbiamo assumere con molta umiltà, tirando le somme dei nostri errori, io per primo". Emmanuel Macron prova così a ripulirsi dall'etichetta di "presidente dei ricchi" che parte dell'elettorato francese gli ha appiccicato addosso, proponendo un progetto di reddito universale che il governo di Parigi si appresta a mettere a punto con una legge che dovrebbe entrare in vigore tra due anni. "Lui lo farà nel 2020, noi lo metteremo il prossimo mese nella legge di Bilancio", ha commentato a stretto giro il leader del M5s, Luigi Di Maio, promotore del reddito di cittadinanza in Italia, assumendosi il merito di aver "tracciato una linea" che ora anche in Francia iniziano a seguire.

  

Tuttavia, l'Allocation sociale unique, a differenza del reddito di cittadinanza del M5s, è una riorganizzazione dei sussidi sociali già esistenti da prima che Macron arrivasse all'Eliseo. Le misure di protezione sociale in Francia sono un pilastro introdotto già negli anni Ottanta con il governo socialista di François Mitterrand, poi rivisitati, ma mai messi in discussione. Difficile leggere la proposta di Macron come una copia di quella grillina. D'altra parte, come fa notare il Sole 24 ore, prima del reddito d'inclusione l'Italia era l'unico paese dell'Unione europea insieme alla Grecia a non avere un programma di contrasto alla povertà. 

   

La differenza non è secondaria, come fa notare al Foglio Francesco Saraceno, membro del consiglio scientifico della Luiss School of European Political Economy e direttore del dipartimento di ricerca dell’OFCE Sciences-Po di Parigi. "La Francia sostiene già i propri poveri" e perciò il dibattito che si è acceso dopo l'annuncio di Macron si è concentrato su cosa cambierà dopo questa riforma del welfare. "I francesi si stanno chiedendo chi vince e chi perde con questa riorganizzazione e non è detto che siano i più poveri a guadagnarci". Oggi esistono infatti tre diverse misure di contrasto alla povertà, che costano annualmente allo stato 34 miliardi di euro, secondo quanto riportato questa mattina dal quotidiano Les Echos: l'Aide personnalisée au logement, destinata alle spese per la casa (18 miliardi); la Prime d'activité, per chi non raggiunge una soglia minima di reddito annuo a prescindere dal lavoro svolto (5 miliardi); il Revenu de solidarité active, destinato a chi non percepisce sussidi di disoccupazione ma non ha un lavoro (11 miliardi). Fondere i tre sussidi dovrebbe garantire, secondo Macron, una maggiore efficienza perché ne semplificherebbe l'accesso. Ma la novità, non ancora dettagliata, potrebbe nascondere anche un altro obiettivo. "Sospetto che la mossa di Macron, truccata come aiuto ai poveri, sia invece finalizzata a far risparmiare lo stato", commenta Saraceno. "Riconosco tuttavia la volontà di destinare delle risorse a misure collaterali che hanno il merito di spingere chi riceve il sussidio ad attivarsi per trovare un lavoro ben retribuito". Il riferimento è agli otto miliardi che il presidente francese ha detto di voler stanziare nell'arco di quattro anni. "Non è detto che si tratti di risorse del tutto fresche – dice l'economista – In parte potrebbero derivare dalla riorganizzazione dei fondi già impegnati nei sussidi esistenti, ma costituiscono un aspetto positivo perché vanno oltre il semplice sostegno alla povertà". 

  

Secondo le prime indicazioni, 50 milioni di questi 8 miliardi saranno dedicati a misure specifiche per l'inclusione di bambini e giovani, con lo scopo di alleggerire i genitori più in difficoltà e spingerli a essere parte attiva nel mercato del lavoro. "In media ci vogliono 180 anni a un bambino povero prima che i discendenti dei suoi discendenti abbiano accesso alla classe media", ha detto Macron nel suo discorso, prima di introdurre un aumento degli aiuti pari al 30 per cento per le famiglie monoparentali, l'accesso facilitato al nido pubblico, l'assunzione di nuovi operatori e nuove strutture per l'infanzia. Nel programma, messo a punto dal ministero della Sanità e della Solidarietà sociale, c'è poi un altro capitolo dedicato all'inserimento lavorativo dei giovani tra i 18 e i 25 anni. Un intervento strutturale che rivede il welfare francese in chiave organica. 

         

E' qui che si manifesta la principale differenza con il reddito di cittadinanza grillino. "Una norma – dice Saraceno – che credo sia lodevole perché introduce nel nostro paese, dove c'è un problema di diseguaglianza, qualcosa che non esiste e che può essere utile, ma che sembra carente dal punto di vista delle politiche attive. Con il rischio che si finisca per sprecare soldi pubblici invece che favorire la ricerca attiva di un lavoro".