Elogio della sinistra traditrice

Claudio Cerasa

Portogallo, Francia, Grecia, Italia. Storie per capire da dove passa l’alternativa allo spettro del corbynismo

Le prossime elezioni politiche saranno cariche di significati di ogni genere ma tra le tante partite che si giocheranno da qui alla prossima primavera ce n’è una importante che riguarda la sinistra e che sfiora un tema che ha una dimensione più europea che italiana: ma nella gauche esiste davvero un’alternativa vincente al modello Corbyn? Il leader dei laburisti inglesi può piacere o non piacere (a noi non piace) ma in questo momento sembra essere l’unico tra i leader dei partiti progressisti ad avere il vento in poppa e non è del tutto inimmaginabile che alle prossime elezioni (povero Regno Unito) i laburisti possano affermarsi contro i conservatori.

  

Da questo punto di vista il risultato che il Pd otterrà in primavera sarà importante non solo per capire se l’Italia potrà evitare un governo a trazione populista (Grillo o Salvini poco cambia), ma anche per capire se nella famiglia progressista europea esistono ancora partiti di massa capaci di raccogliere consenso senza cedere alla tentazione del populismo corbyniano e scommettendo sulla globalizzazione, il mercato aperto, la lotta contro la povertà e non contro la ricchezza. Il Partito democratico a guida Renzi-Gentiloni è un’alternativa a quel modello. Ma la discussione su cosa debba essere oggi la sinistra per non cadere nella botola dell’irresponsabilità si trova al centro del dibattito non solo in Italia ma anche in altri paesi che varrebbe la pena studiare a fondo per capire la ragione per cui l’unica sinistra che forse può permettersi di governare è quella che sceglie di tradire i suoi miti tradizionali scegliendo di trasformare in alleati quelli che un tempo sarebbero stati nemici: i mercati e il vincolo esterno. E’ andata così in Grecia dove Alexis Tsipras, uomo simbolo della sinistra di lotta, è riuscito, seguendo in modo rigoroso le indicazioni della Troika, a riportare dopo tre anni il suo paese sul mercato finanziario e a far crescere la Grecia a un ritmo che su base annuale è superiore anche all’Italia (2,5 per cento, contro 1,7 dell’Italia).

 

E’ andata così in Portogallo, dove il premier António Costa, a capo di una ampia coalizione di partiti di sinistra, ha avuto il merito di non toccare le riforme del passato (in particolare quella sul lavoro) e di portare avanti un piano di risanamento ambizioso (il ministro delle Finanze portoghese, Centeno, oggi è a capo dell’Eurogruppo) senza deviare dall’austerità basata più sul controllo della spesa pubblica che sull’aumento delle imposte (la stima di crescita del pil per la fine del 2017 è del 2,4-2,7 per cento contro l’1,6 del 2016, il deficit nel 2016 è stato del 2 per cento del pil, contro il 7,2 del 2014). Una sinistra che non fa del vincolo esterno un nemico, ma un alleato, e una sinistra che fa del mercato un’opportunità e non un problema, è una sinistra che funziona e può governare. Vale in Portogallo, vale in una certa misura in Grecia e vale ovviamente per la Francia.

 

Il caso francese è più complicato ma è sotto gli occhi di tutti e la ragione per cui il vecchio Partito socialista francese sembra essere destinato a non ricomparire presto sulla scena politica è legata al fatto che il vecchio mondo progressista si sta rendendo conto che il modello Macron (in pochi lo ricordano ma nel suo programma elettorale il presidente ha promesso anche la riduzione del deficit al di sotto del 3 per cento e un taglio della spesa di 60 miliardi di euro) sta ridisegnando il perimetro della gauche europea e in questo senso sarà interessante monitorare i lavori che verranno prodotti da un think tank molto vivace (Démocratie vivante) che sotto la guida di alcuni uomini delle istituzioni di matrice progressista (Dominique Villemot, Jacky Bontems, Philippe-Michel Thibault, Rodrigue Tchouale, Daniel Morel) ha cominciato a produrre documenti ben fatti per creare consenso attorno al macronismo di sinistra (l’ultimo è stato pubblicato il 7 dicembre sul tema: perché una buona riforma del lavoro deve occuparsi di chi lavora e non del posto di lavoro). Una sinistra alla Corbyn è fascinosa, ma le uniche sinistre che riescono a governare sono quelle che fanno l’opposto di quanto previsto dalla dottrina Corbyn. Sono le sinistre che tradiscono. E chissà se anche per l’Italia l’unico modo per rendere ancora sexy la sinistra di governo non sia proprio quello: rivendicare con orgoglio le ragioni per cui una sinistra possibile è quella non che promette di governare ma che semplicemente dimostra di saperlo fare.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.