Franco Turigliatto (foto LaPresse)

Turigliatto ci dice perché la sinistra vera deve fuggire pure da Bersani

David Allegranti

L'ex senatore di Prc fu tra quelli che fecero cadere Prodi nel 2008: "L'unica sinistra possibile è una sinistra anti capitalista"

Roma. Franco Turigliatto, che da senatore ex Prc ebbe un ruolo nella caduta del governo Prodi nel 2008, è tornato. In queste settimane si era avvicinato all’assemblea del Brancaccio made in Montanari & Falcone, ma alla fine la sinistra del Brancaccio si è dissolta prima ancora di cominciare per incompatibilità fra chi voleva una sinistra “alternativa a tutte le politiche liberiste e chi voleva allearsi con quegli stessi esponenti, come Bersani e altri, che le hanno gestite attraverso il sostegno a vari governi, fino a quello di adesso”. Lui, Turigliatto, pensa che l’unica sinistra possibile sia una “sinistra anticapitalista” (che poi è il nome del suo partito). “La crisi della sinistra – dice al Foglio – è grave come è grave la crisi del movimento dei lavoratori; dopo vent’anni di austerità le organizzazioni sono largamente scombinate”. Per questo la sinistra anticapitalista è “necessaria, pur essendo vittoriose per ora le classi dominanti, che hanno imposto diverse politiche dell’austerità, che non solo hanno impoverito ma hanno messo i poveri contro i poveri”.

 

Deludente anche la Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni, “che alla fine ha scelto di legarsi a Mdp, una versione aggiornata di quel vecchio Pci che è diventato Pds e poi Pd. Sono gli stessi esponenti che hanno gestito le politiche liberiste della borghesia italiana, D’Alema con le sue privatizzazioni e l’intervento militare in Jugoslavia, Bersani con le sue lenzuolate di liberalizzazioni”. Per non parlare dello “smantellamento dell’articolo 18 dei lavoratori. Renzi ha solo dato il colpo finale con il jobs act”. In fondo i fuoriusciti dal Pd “pensano di tornare al vecchio centrosinistra. Perché hanno rotto con il Pd? Perché il loro figliuolo Renzi a un certo punto si è accorto che poteva fare a meno di loro. Si è messo in proprio, ha portato in fondo quelle politiche e si è sbarazzato di loro”. Turigliatto insomma con Bersani, D’Alema, Civati, Fratoianni non ci vuole avere nulla a che fare. Vuole costituire una lista con il centro sociale napoletano “Je so’ pazzo”, Rifondazione Comunista e altri movimenti che “abbia un’attenzione ai movimenti sociali di lotta”.

 

E il Partito comunista di Marco Rizzo? “Rizzo fa per conto suo e sinceramente la sua ideologia stalinista e il suo riferimento alla corea del Nord sono agli antipodi rispetto alla concezione socialista democratica e partecipata che abbiamo in mente. Noi siamo molto critici dell’esperienza dello stalinismo. Difendiamo la rivoluzione nel suo senso emancipatorio, ma quel che è arrivato dopo è una storia complessa”. E Pietro Grasso le piace? “Sulla persona non mi esprimo, non lo conosco. Bersani e D’Alema esprimono la posizione di una forza politica vagamente riformista e molto moderata e lui la rappresenta bene”. Ma la sinistra li difende ancora i diritti dei lavoratori? “Alcune forze si sono messe a difendere i diritti civili e democratici, che è giusto, ma hanno abbandonato la difesa delle condizioni di lavoro ed economiche delle classi lavoratrici. Anzi, hanno fatto di peggio: attraverso il governo sono stati soggetti attivi della distruzione di conquiste sociali che il movimento dei lavoratori aveva fatto nei 30 anni precedenti. Perché la precarizzazione del lavoro non l’ha fatta solo il centrodestra di Berlusconi, ma anche il centrosinistra”.

 

Negli anni Duemila contribuì alla caduta di Prodi, ma lui non si pente: quello che doveva essere “un governo del risarcimento”, che aveva suscitato “speranza in larghi settori della società” e doveva appunto risarcire i lavoratori “confermò le leggi della precarietà del precedente governo di centrodestra e fece regali enormi ai padroni. Io a Prodi lo dissi 3 o 4 volte”. Il resto è storia. “La sinistra di Rifondazione, che aveva fatto un buon programma di riforme a favore delle classi disagiate, fu poi travolta nel 2008 lasciando la strada aperta ai grillini, che nel vuoto della sinistra e del movimento dei lavoratori hanno costruito le proprie fortune. I grillini nascono dalla sconfitta della sinistra, hanno preso in prestito alcune parole d’ordine ma complessivamente non sono di sinistra”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.