Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Intervista al fondatore del think tank che dà sostanza al macronismo di sinistra

Mauro Zanon

Démocratie Vivante è nato da un gruppo di hollandiani fissati con le riforme. “Così si trasforma una società”, ci racconta Villemot

Parigi. In Francia essere macronisti e di sinistra continua a essere considerato da molti come un ossimoro. Ed è anzitutto contro quest’idea che Démocratie vivante, neonato think tank progressista, si sta battendo. “Appoggiandosi su dei valori di sinistra, vogliamo rappresentare uno spazio di riflessione e una forza che formula proposte in merito alle riforme che Emmanuel Macron deve attuare per far avanzare la Francia e l’Europa sulla via del rinnovamento democratico, della giustizia sociale e del progresso condiviso”, hanno scritto i fondatori di questo club di riflessione in un intervento pubblicato sull’Opinion. Tra questi, c’è Dominique Villemot, 63 anni, avvocato e fedelissimo dell’ex presidente della Repubblica, François Hollande, convinto che la politica del governo macronista debba riflettere meglio sulla dimensione sociale. “Nel nostro think tank ci sono persone che vengono prevalentemente dalla sinistra e che hanno votato Macron fin dal primo turno delle elezioni presidenziali. Siamo un pensatoio che lavora per promuovere progetti, idee e proposte che si interessano anzitutto delle questioni sociali. Il progressismo che ha ispirato il nostro presidente dovrà concretizzarsi nelle riforme, perché il nostro paese ha bisogno di ritrovare la strada del progresso economico, ecologico e sociale”, dice al Foglio Villemot.

 

A fine 2016, per le edizioni Privat, Villemot ha pubblicato un libro, “François Hollande. Le courage de réformer”, che cercava di difendere il bilancio dell’ex capo dello stato, nonché suo compagno di scuola all’Ena (entrambi sono usciti dalla celebre promotion Voltaire, quella di molti nomi noti del socialismo francese, tra cui Ségolène Royal, ex ministra dell’Ambiente, e Michel Sapin, ex ministro delle Finanze). Poi, quando colui che nel 2013 lo aveva insignito della Legion d’onore ha deciso di non ripresentarsi, non ha esitato un solo istante a passare nel campo di Macron. “Quando Hollande è salito al potere, il contesto economico era molto difficile. Oggi non è eccezionale, ma è sicuramente più favorevole. E Macron, anche alla luce dei primi mesi di presidenza, sembra avere quel ‘coraggio di riformare’ di cui la Francia ha bisogno”, spiega al Foglio il presidente di Démocratie vivante.

 

La scorsa settimana questo pensatoio cui hanno aderito molti hollandiani storici, tra cui l’ex segretario di stato, André Vallini, e il presidente della Regione Nuova-Aquitania, Alain Rousset, ha pubblicato un libro bianco intitolato “Protéger mieux pour travailler mieux” e indirizzato all’Eliseo: “Questo libro contiene trenta proposte sulla formazione professionale, l’apprendistato, l’indennità di disoccupazione, la governance delle imprese e l’uguaglianza tra donne e uomini, volte ad assicurarsi che le riforme avviate da Macron vadano nella direzione della giustizia sociale e del progresso condiviso. Vogliamo che ci sia maggiore protezione nel mondo del lavoro”, dice Vuillemot, prima di aggiungere: “Siamo i primi a formulare delle proposte concrete, che, speriamo, verranno incluse nelle riforme che Macron lancerà nel 2018. Siamo un think tank che riflette, produce degli studi, ma vuole anche essere operativo, intervenire nel dibattito”. Come raccontato dal Monde, Démocratie vivante è l’erede, in un certo senso, di Réseau 812, think tank nato nel 2013 che si proponeva di accompagnare le riforme sociali di François Hollande. Il fondatore di quel pensatoio che riuniva sindacalisti e attori del mondo dell’impresa era Jacky Bontems, ex numero due del sindacato riformista Cfdt, oggi vicepresidente di Démocratie vivante. Con lui e Villemot ci sono anche molti giovani della società civile che hanno votato Macron e volevano trovare un luogo dove potersi esprimere. E politici più navigati, come l’ex deputato Ps, Arnaud Leroy. “Non dobbiamo inquinare il funzionamento della République en marche con delle correnti. Un club di riflessione esterno è la cosa migliore”, sostiene Leroy. Nel comitato consultivo di orientamento c’è anche Jean-Yves Le Drian, attuale ministro degli Esteri francesi, uno dei primi hollandiani di ferro a puntare su Macron quando era in campagna elettorale. “Dinanzi alla rapida trasformazione del mondo del lavoro e del mondo dell’impresa sotto la doppia spinta della globalizzazione e della rivoluzione digitale, la Francia non può scegliere la via del ripiegamento, a meno che non voglia diventare una nuova Corea del nord”, scrive Villemot nell’introduzione del white paper.

 

Démocratie vivante è soltanto l’ultimo arrivato dei think tank della galassia macronista, che contava già la Gauche Libre, Les Gracques e l’Institut Montaigne. “Macron dà molta importanza al dialogo con i centri studi. Ama lo scambio di opinioni, approfondire, dibattere ed è perennemente alla ricerca di nuove idee”, dice Villemot, prima di concludere: “Macron non parla soltanto di riforme, ma di trasformazione della società. Bisogna andare più lontano, perché non ci si può accontentare di fare le riforme. E’ necessario trasformare il paese e la società”.

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