Un negozio di alimentari nella “zona rossa” del Lodigiano (foto LaPresse)

Un brutto raffreddore per il pil

Redazione

Il coronavirus in Italia indebolisce un’economia che è già debilitata

Sui mercati ieri è stato il “paziente zero”: Piazza Affari ha perso il 6 per cento, peggior Borsa d’Europa in simmetria con l’Italia area più infetta d’occidente. Lo spread è tornato oltre 140: titoli pubblici e privati si rimangiano gran parte dei guadagni registrati da inizio anno. Al G20 di Riad il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso, per ora di un decimale, il pil mondiale; per Bankitalia l’Italia potrebbe perdere lo 0,2 per cento. In pratica si tratta di recessione o stagnazione dopo il taglio dell’obiettivo del governo di crescere dello 0,6. Su questo la Cina non c’entra: Italia e Francia erano già in negativo nel quarto trimestre 2019, la Germania aveva registrato zero. Però Lombardia e Veneto rappresentano insieme il 32 per cento del pil nazionale, l’Emilia-Romagna il 9: il 40 per cento della ricchezza viene dalle tre regioni più colpite dal coronavirus. Nell’ultimo weekend le vendite retail hanno subìto un calo del 30 per cento. Ora si attendono gli effetti dei rallentamenti nei traffici internazionali: Milano, Verona, Venezia sono, assieme a Roma, le aree da cui partono e arrivano più persone e più merci. La globalizzazione che ha portato il virus in Italia offre anche le prime soluzioni, non solo in campo medico: le aziende si attrezzano con il telelavoro. Ma è ovvio che non basterà. La situazione è seria, ma non sarebbe corretto dare al coronavirus la colpa dei nostri mali. Nel 2019 la produzione è stata in calo del 2,4 per cento, il pil è aumentato solo dello 0,2 rispetto all’1,4 di media europea. A gennaio la cassa integrazione è balzata del 40 per cento; il mese prima le assunzioni a tempo indeterminato sono scese di 75 mila. Come già in èra gialloverde, la politica industriale è scomparsa dai radar governativi: ai 120 tavoli di crisi se ne aggiungono altri. Nessun importante cantiere è stato sbloccato, tranne il ponte Morandi. Se il virus non arretra la crisi sarà mondiale, ma come dopo il 2008 ci arriviamo già debilitati, con in più un quadro politico caratterizzato dai populismi. Per capire basta vedere i blocchi ai traffici dall’Italia minacciati da partiti e governi “amici” della Lega. I muri non sono mai belli, ma lo capisci meglio quando dall’altra parte ci sei tu.

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