(foto LaPresse)

Covid e Lotto. Con 90+2 scenari possibili bisogna imparare a rischiare

Antonio Pascale

Quando accumulare dati è un po' come tirare i dadi

Il gioco del Lotto, lo sappiamo, presuppone diverse probabilità di vincita che dipendono da molti fattori. I siti specializzati cercano di calcolarle e difatti se guardate le tabelle pronte all’uso o vi scoraggiate (perché alcune vincite sono improbabili) o vi buttate (e non si sa mai). Comunque una cosa è sicura: i numeri sono 90. Se invece leggete i riassunti del dossier dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dal Comitato tecnico-scientifico vi salta all’occhio un numero: 92! Sono i possibili scenari che potrebbero verificarsi alla riapertura, naturalmente alcuni sono molto improbabili, altri meno. E tuttavia, per quanto siete avvezzi ai sistemi probabilistici, 92 è un numero che fa sospirare. Malinconicamente. Pure il professor Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri), ha sospirato: 92 scenari possibili sono uguale a zero, ha spiegato sul Corriere della sera. Insomma, già con il Lotto è complicato perché i numeri sono 90, qui si alza l’asticella, appunto, 92. Naturalmente non c’è dolo, sono calcoli. I sistemi complessi danno range di possibilità molti ampi, basta un nuovo parametro e salta tutto. Prendete le previsioni meteo, se si vuole sapere come sarà il tempo fra 72 ore, allora gli scenari sono peggio di quelli del Lotto e dell’Iss messi insieme. Del resto, è la complessità, bellezza. Prendiamo il seguente caso: si è verificato pochi minuti fa sotto casa mia. Un signore non si sa perché (probabilmente esaurito dalla quarantena) è sceso in mascherina e con una sega ha tagliato una pianta. Rivolta nel condominio. Si è formato un assembramento attorno al signore, hanno cominciato a litigare. E tutti per litigare come si deve si sono tolti la mascherina. Ci credo, mi impedisce di dare il meglio di me quando me sta a partì la vena. Insomma, quel litigio era una Disneyland per il virus. Se dovessi calcolare episodi del genere (quello che si esaurisce per la quarantena, quello che ha il pollice verde e soffre perché hanno tagliato la pianta e chiama il cugino che si fa afferrare per pazzo e grida), e da scrittore potrei immaginarne altri molto credibili, aumenterei gli scenari a dismisura.

 

La verità? Stiamo capendo che non ci stiamo capendo niente. Ma non ci dobbiamo scoraggiare, perché all’inizio e così, poi dopo sistemeremo i dati, li ordineremo meglio. Ma appunto, dopo. Se questa pandemia non fosse una tragedia, potremmo rimandare la ricerca delle soluzioni e magari (nel caso) scommettere sul numero vincente, e invece è fondamentale la prevenzione. Facile a dirsi.

 

Anche la prevenzione può diventare intollerabile. Quello che mi spaventa è che per ridurre a zero il rischio (una forma di follia, altro che tagliar piante) e per paura di commettere errori, si applichino decisioni prudenziali. Avete presente quando si finisce una riunione e si dice, va bene, abbiamo bisogno di altri dati, aggiorniamoci. E giù, tutti a produrre il 93 esimo scenario? Che dire, quando la conoscenza paralizza. Oppure, e qui la follia è accecante: in nome delle decisioni prudenziali si legifera per tutti i 92 scenari. Aspettate ed ecco apparire le mostruose circolari esplicative, dove, dopo una serie di infiniti rimandi a leggi e norme precedenti (le prime pagine sono tutte con VISTO che, CONSIDERATO che… ho sempre sognato di sabotarle), si decreta, in trenta righe, una nuova legge: come bere il caffè correttamente.

 

Capite bene che si diventa come il signore che ha tagliato la pianta, stai a prendere il caffè, non ti ricordi la norma, impazzisci, dai di matto, ti spogli nudo, crei un assembramento, diffondi aerosol a tutto spiano.

 

Io sono un fanatico sostenitore dello scienziato cognitivo Gerd Gigerenzer. “Imparare a rischiare” è uno dei suoi libri più belli. A volte, ci spiega, in situazioni complesse, meglio semplici euristiche, quelle ancestrali che ci hanno portati fin qui, laviamoci mani, per esempio. E se dobbiamo litigare, mi raccomando la distanza. Magari invece di esclamare ti metto le mani in faccia, diciamo: mi metto la mascherina in faccia e poi vedi che succede. Questo per quanto riguarda i cittadini. Poi spero che la politica e i numerosi comitati tecnici si concentrino su altre euristiche, tipo tamponi tamponi tamponi (e acquisto reagenti), tracciamento, isolare i positivi, costruire strutture per Covid e medici di base allertati. Ma se non sbaglio queste cose si sanno e si dicono, prima dei 92 scenari, magari ce la facciamo a realizzarle. E poi nella fase due riapre il lotto, no?