(foto LaPresse)

Emozioni da virus

Marianna Rizzini

Un’analisi sui tweet in tempi di coronavirus: parla il vicepresidente di Expert System, Andrea Melegari

Roma. La rabbia, la tristezza, la paura, la gioia, la speranza. Non siamo nel film “Inside out”, quello in cui a un certo punto la protagonista vede crollare, nel suo cervello, tutte le “isole” riferite ai sentimenti. Siamo in tempi di coronavirus e le sue ripercussioni a livello psicologico e sociale hanno un alto impatto anche a livello di decisioni politiche. E, spesso, l’effetto di questa situazione di emergenza sulle persone è veicolata attraverso i social network. Ma quali emozioni, in particolare, ha scatenato e sta scatenando l’irruzione del Covid-19 nella vita per come la si conosceva prima? E’ un qualcosa che si può misurare? Sì, se si guardano le analisi di Expert System (in collaborazione con Sociometrica), azienda che da trent’anni lavora con l’intelligenza artificiale, in questo caso applicata al linguaggio come specchio della sfera emozionale. Da giorni Expert System, nata a Modena ma conosciuta nel mercato americano, pubblica rappresentazioni dell’analisi semantica dei testi legati all’emergenza sui social media, in particolare su Twitter, per ricavarne informazioni utili a supporto delle attività strategiche. Lavora non per parole chiave, ma seguendo i “passi” del nostro cervello con uno studio prima di tutto morfologico, grammaticale e logico, per fornire poi “un’ontologia”, nel senso di una rappresentazione formale e strutturata derivante dallo studio dei dati, come spiega il vicepresidente esecutivo Andrea Melegari. Expert System lavora quindi con due diverse squadre di ricercatori, una per quanto riguarda il campo dell’intelligenza artificiale, l’altra in quello umanistico-socio-psicologico.

 

“Lavoriamo con analisi su ottanta emozioni”, dice Melegari, “articolate su tre livelli. Da trentatré giorni stiamo studiando parole e frasi su Twitter. All’inizio, nei primi giorni di emergenza, prevaleva l’ansia, un’ansia legata all’incredulità e alla non comprensione di quello che stava accadendo”. Erano i giorni delle prime zone rosse al Nord, e della relativa inconsapevolezza del pericolo incombente altrove, anche se l’inquietudine cominciava a serpeggiare. Poi, al momento del primo decreto di chiusura, è sopraggiunta la paura, dice Melegari: “Paura delle conseguenze, paura della malattia, paura della morte”. Terza fase: la tristezza, “quella del non vedere la fine dell’allarme e di uno stravolgimento di abitudini”, con l’aggiunta della preoccupazione per i danni economici. Ora, alle soglie della fase 2, l’analisi dei tweet lascia trasparire una doppia forma di quella che, dice Melegari, “potrebbe essere chiamata maleducazione: un sentimento negativo che si indirizza da un lato verso chi impone le regole – c’è per esempio l’insofferenza per il fatto di non poter riprendere la vita che si faceva in precedenza – ma anche verso i trasgressori delle regole”. E’ il caso dei cosiddetti censori da balcone, quelli che in queste settimane di lockdown stretto apostrofavano le persone che camminano con un “dove va lei?”.

 

Non sappiamo ancora verso quale emozione si incanalerà l’insieme di speranza e delusione scatenate dall’annuncio del premier sulla prossima road map di riaperture. Intanto Expert system, che ha all’attivo anche molti studi e pubblicazioni scientifici (di cui uno sul New England Journal of Medicine), in vista della necessità futura di avere a disposizione “sistemi di biosorveglianza” che permettano di non farsi trovare impreparati di fronte a emergenze di questo tipo”, sta analizzando e incrociando dati su sintomatogie apparentemente scollegate tra loro: ma che, viste nel loro complesso, partendo dai dati raccolti dai medici di base, dagli ospedali e dal pronto soccorso, fino a quelli arrivati ai vari specialisti, possano consentire di disegnare i confini di un “quadri sospetto”, fino a far scattare in tempo l’allarme. Intanto, in attesa di una cura e di un vaccino, il monitoraggio delle emozioni, dice Melegari, “può aiutare a capire che cosa la popolazione può e che cosa non può sopportare, che cosa si aspetta, che cosa è disposta a fare per uscire dalla situazione, dove può arrivare, da che cosa è più spaventata e di fronte a quali rischi si ferma”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.