Alcune delle copertine dei libri per il Premio Srtrega - foto da Google

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I dodici libri del Premio Strega visti dalla copertina

Mariarosa Mancuso

Il libro è autentico e intenso, lo stile sontuoso, la scrittura mirabile: nei risvolti delle diverse copertine, tutti i candidati sono da premio. Una rassegna

Dodici. Ora sono dodici gli scrittori a caccia del Premio Strega, in attesa della prossima scrematura che li porterà a cinque: la cinquina dei sogni, per chi non riesce a entrarci (già ci sono 70 scontenti, convinti di essere più bravi di uno tra gli ammessi, forse anche di un paio). Siamo indietro con le letture, ma curiosi. Dei risvolti di copertina, per esempio, ultima e decisiva fatica dello scrittore. O del suo editor, capita perfino che i titoli scelti in casa editrice siano decisivi per il successo: avreste mai comprato un libro intitolato “Dentro e fuori dall’acqua”? No, per questo è stato ribattezzato “La solitudine dei numeri primi”, e ha vinto lo Strega nel 2008.
  

   

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Parlando di titoli, incuriosisce “Autobiogrammatica” di Tommaso Giartosio. Le parole di una vita. Raccontare di sé è sempre una gran tentazione, farlo attraverso un “lessico personale” attenua – o alimenta, forse – il narcisismo. Si comincia con una pasta al forno con i peperoni, e quei servizi di piatti che hanno “pastasciutta” scritto sul fondo. Al sud. In vacanza. Ci vorrà un po’ per risalire la china.

  

  

L’età fragile” e “Cose che non si raccontano” fanno lampeggiare fin dal titolo la parola “donna”, quindi partono avvantaggiati. Donatella Di Pietrantonio e Antonella Lattanzi sono due tra le sette finaliste, su dodici libri. La prima racconta un ritorno al paese (grande classico, per la letteratura del sud), la seconda ripercorre una maternità insistentemente voluta. Gli aggettivi dei lettori affezionati si sprecano: “necessario e potente”, viene citato “Stephen King ma soprattutto Shirley Jackson”. C’è libertà di paragone, nel mondo letterario. Non esiste un reato paragonabile alla “sofisticazione alimentare” – ma  se fosse l’etichetta di una scatola di tonno sarebbe una piccola truffa.

  

  

Storia dei miei soldi” di Melissa Panarello – la scrittrice di “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire”, se eravate lettori nel 2003 ricorderete lo scandalo “erotico autobiografico” dice Wikipedia – osa un non detto del mondo letterario. Che i libri facciano anche guadagnare, se azzeccate il titolo giusto. A patto poi di non lagnarsi come Susanna Tamaro, convinta di essere maltrattata dalle patrie lettere (meglio sarebbe prendersela con il regista che ha messo un libro Adelphi in un film tratto da un suo romanzo). Troppo sesso prima. Pochi o niente soldi poi. Vive in miseria, quasi di carità, l’attrice che 15 anni addietro aveva recitato nel film tratto da un romanzo della scrittrice Panarello. Autoreferenziale – ormai solo a dire autobiografico viene voglia di allontanare il libro come se scottasse. “Autentico e intenso”, si pretende: due aggettivi che non si negano a nessuna. Luogo: il quartiere Monti a Roma. Sapete a cosa andate incontro, la prudenza non è mai troppa quando un ritardo a pranzo diventa materia romanzesca.

 

 

Chiara Valerio, con “Chi dice e chi tace”, è la vincitrice annunciata. Quest’anno con meno grancassa e certezze degli anni passati. “Ritratto di donne in costante mutazione”, leggiamo sul risvolto. Si parte dagli anni 60 del Novecento: il passo indietro, per film e romanzi italiani, funziona come un trampolino di lancio – e qui certo non può essere nostalgia, Chiara Valerio è nata nel 1978. C’è un delitto – no spoiler, sta sul risvolto – che scopre “l’evanescenza dell’identità” e la tante facce della violenza – “senza riuscire a contarle”, precisa la scrittrice-matematica.

 

 

Sonia Aggio racconta la parabola dell’imperatore bizantino Giovanni I Zimisce, con “stile sontuoso, raffinato, elegante”: “Nella stanza dell’imperatore” è il titolo, all’ex soldato semplice che fa carriera non tocca neppure una maiuscola.

 

 

Raffaella Romagnolo entra nei 12 con “Aggiustare l’universo”: bambina e gatto in copertina, protagonista una maestra elementare e le sue 23 allieve di quarta, nell’ottobre del 1945. Più una, che arriva dall’orfanotrofio e non sa più nulla della sua famiglia che la chiamava Ester. L’ultima ragazza, Valentina Mira, ha in copertina una fascetta rossa con scritto “Acca Larentia - L’altra storia di un mistero italiano”. Sopra, una camicetta verde con bottone slacciato all’altezza del petto. Basta per un sommario giudizio, dovesse risultare un capolavoro prima o poi lo verremmo a sapere.

 

  

Neanche i maschi sono lontani dall’autobiografia. Daniele Rielli con “Il fuoco invisibile - Storia umana di un disastro naturale” cerca di capire cosa stia uccidendo gli antichi ulivi della sua famiglia (e non solo i suoi). L’assassino si chiama Xylella: intorno si muovono interessi, teorie più o meno messe alla prova dei fatti, i soliti complottisti: “Non ci raccontano la verità, la verità vera”, e attaccano con il cugino che sa le cose. Reportage, storia di famiglia, difficile rapporto con la modernità – c’è tutto, e ci sono anche 304 pagine da riempire.

  

   

Speculare, con il senno di poi naturalmente, il romanzo di Dario Voltolini, “Invernale”. L’unico tra i finalisti che sembra tenere a questo genere letterario. Assieme a Paolo Di Paolo che lo mette addirittura nel titolo – “Romanzo senza umani”. Fantascienza? Non esattamente, a meno di coniare la formula “fantascienza emotiva”. In altra parole, prendiamo dal risvolto (e meno male che ci sono): “Il disagio climatico delle nostre singole vite”. André Aciman – universalmente famoso per il romanzo “Chiamami con il tuo nome”, e il film che ne è stato tratto, e l’attore Timothée Chalamet che firmava autografi sulla pesca che fa da sex toy – scrive una frase da fascetta: “La memoria è turbamento”.

  

  

“Invernale” di Dario Voltolini è il più indecifrabile. Un padre macellaio. Un pollice mozzato. Un batterio che contamina. Adrian N. Bravi è nato in Argentina, ma da qualche libro scrive in italiano. “Adelaida” È Adelaida Gigli, artista argentina bella e fascinosa, il padre aveva lasciato l’Italia fascista. La scrittura è “mirabile”, parlano sempre i risvolti. Lo scrittore “flaubertianamente identificato” con la bella signora. Dovessimo sceglierne uno per diletto, non sapremmo che fare. Forse verrebbe in aiuto un bel Simenon, anche già letto.

  

  

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