A sinistra, il cardinale Robert Sarah (foto LaPresse)

Papa Francesco e l'uragano di nome Sarah

Claudio Cerasa

Accuse contro la teologia ambientalista. Sberle contro la mondanità. Verità sul fanatismo islamista. Difesa del celibato con punture di spillo in vista del Sinodo. La centralità dell’Europa. Un’altra chiesa possibile: un libro scandalo

Robert Sarah, come sanno bene i lettori di questo giornale, è un famoso e tosto cardinale guineano. Nel 2001, Papa Giovanni Paolo II, a cui fu molto legato, lo nominò segretario della congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. Nel 2010, Papa Benedetto XVI, a cui tuttora è molto legato, gli concesse la porpora. Nel 2014, quattro anni dopo, Papa Francesco lo scelse come prefetto della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti. Sarah è una voce molto importante, molto ascoltata, molto appassionata.

 

 

Negli ultimi tempi, in coincidenza con il pontificato di Papa Francesco, è diventato uno dei cardinali maggiormente seguiti da quello che potremmo volgarmente definire come il fronte con minor tasso progressista della chiesa e da questa settimana Sarah farà parlare molto di sé grazie a un libro scandaloso, pubblicato con Cantagalli, che da ieri si trova in libreria. Il libro ha un titolo dai toni apocalittici, Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, e il contenuto del saggio di Sarah, che lui stesso definisce in alcuni passaggi scandaloso, “perdonatemi se alcune mie parole vi scandalizzeranno”, rischia, per la chiesa di oggi, di avere la forza di un uragano. Nel suo saggio, che arriva a pochi giorni dall’atteso e controverso Sinodo sull’Amazzonia, Sarah, con uno stile per così dire eminenziale, non critica mai direttamente Papa Francesco, anzi più volte lo elogia all’interno del libro (viene nominato 55 volte, Papa Benedetto 132) ma segnala fattori di crisi che sfuggono all’agenda bergogliana. Al centro del pensiero di Sarah – al netto di critiche molto e troppo severe alla società liberale, al liberalismo, al capitalismo, al consumismo e agli eccessi del multiculturalismo – vi è l’idea che la chiesa non possa sopravvivere senza avere a cuore il futuro dell’Europa e il destino dell’occidente (“La decadenza dell’occidente è il risultato dell’abbandono da parte dei cristiani della loro missione”) ma vi è soprattutto l’idea che “la crisi europea sia essenzialmente una crisi spirituale, che affonda le sue radici nel rifiuto della presenza di Dio nella vita pubblica”. Senza Europa, la chiesa non può andare lontano. Senza Dio, l’Europa non può andare lontano. Sarah ovviamente non si ferma a questo e come un uragano arriva a scoperchiare diverse verità della chiesa moderna. Il cardinale critica la chiesa che ha trasformato l’ambientalismo in una religione, con i suoi fedeli e i suoi infedeli, e dice di provare “rammarico del fatto che molti vescovi e molti sacerdoti trascurino la loro missione essenziale, che consiste nella propria santificazione e nell’annuncio del Vangelo di Gesù, per impegnarsi invece in questioni sociopolitiche come l’ambiente, le migrazioni o i senzatetto: è impegno lodevole occuparsi di questi temi ma se trascurano l’evangelizzazione e la propria santificazione si agitano invano. La chiesa non è una democrazia nella quale alla fine è la maggioranza a prendere le decisioni”. Poi denuncia il “degrado della liturgia trasformata in spettacolo, la negligenza nelle celebrazioni e nelle confessioni, la mondanità spirituale ne sono solo i sintomi”, attaccando “i sacerdoti che desiderano che le proprie azioni siano efficaci, apprezzate e valutate secondo criteri mondani” (non crediamo, dice Sarah, di poter vivere da cristiani adottando tutti gli atteggiamenti di un mondo senza Dio: “A forza di non vivere come si crede si finisce per credere come si vive”). E ancora accusa “i ferventi sostenitori della postmodernità”, tra i quali anche i fautori del gender che vogliono decostruire la famiglia, secondo i quali “i valori tradizionali della civiltà giudaico-cristiana sarebbero desueti, inutili e pericolosi”. E, con parole che ricordano gli affondi di Ratzinger a Ratisbona, mette in rilievo i pericoli di un “islamismo fanatico e fondamentalista”, che “promuove una religione fondata sulla pura obbedienza a una legge estrinseca che non si rivela nella coscienza, ma si impone attraverso la società politica”, che “vive la tentazione di una religione che rifiuta di lasciarsi purificare dalla ragione” e che al contrario del cristianesimo tende a imporre “il proprio credo contro la ragione, con la forza, con la violenza” mentre “predica un dio che può ordinare ciò che va contro alla dignità dell’uomo e viola la coscienza e la libertà”. Al centro dei ragionamenti di Sarah vi è l’idea che la chiesa del futuro debba resistere alla tentazione più grande del nostro tempo, la mondanità, il mondo senza Dio, e per questo il compito degli uomini di fede è combattere faccia a faccia un ateismo viscido e sfuggente che Sarah definisce fluido. 

 

 

Ma per capire bene la profondità della critica del cardinale africano può essere utile attingere ai contenuti di una lunga intervista rilasciata pochi giorni fa da Sarah al National Catholic Register, utile a capire meglio in che senso l’obiettivo del saggio è proprio quello di denunciare i problemi della chiesa di oggi. “Il declino della fede nella Presenza reale di Gesù nell’eucaristia è al centro dell’attuale crisi della chiesa e del suo declino, specialmente in occidente. Vescovi, sacerdoti e fedeli laici siamo tutti responsabili della crisi della fede, della crisi della chiesa, della crisi sacerdotale e della scristianizzazione dell’occidente”. Sarah, nel suo ragionamento, definisce “falsi profeti” tutti “coloro che annunciano ad alta voce rivoluzioni e cambiamenti radicali” e che nel fare questo “non stanno cercando il bene del gregge: cercano la popolarità dei media al prezzo della verità divina” e l'attualità del suo pensiero ha una forza non indifferente se si pensa proprio ai temi del Sinodo sull’Amazzonia – di cui ha scritto a lungo Matteo Matzuzzi in queste settimane e di cui ci occuperemo largamente nel Foglio del lunedì con un’intervista esclusiva – che si aprirà la prossima settimana e sul quale il cardinale ha qualcosa in più di un sospetto: “Temo che alcuni occidentali confischeranno questa assemblea per portare avanti i loro progetti. Penso in particolare all’ordinazione degli uomini sposati, alla creazione di ministeri per le donne o alla giurisdizione dei laici… Approfittare di un sinodo particolare per introdurre questi progetti ideologici sarebbe una manipolazione indegna, un inganno disonesto, un insulto a Dio, che guida la sua chiesa e gli affida il suo piano di salvezza. Inoltre, sono scioccato e indignato per il fatto che il disagio spirituale dei poveri in Amazzonia venga usato come pretesto per sostenere progetti tipici del cristianesimo borghese e mondano”. Al centro del pensiero di Sarah vi è la possibilità che il Sinodo sull’Amazzonia si trasformi in un sinodo per abolire il celibato, “uno dei modi concreti in cui possiamo vivere questo mistero della croce nelle nostre vite che inscrive la croce nella nostra carne e per questo è diventato insopportabile per il mondo moderno”. E su questo punto, nel suo libro, Sarah sembra voler rivolgere un messaggio a tutti coloro che hanno scelto di affrontare il tema in modo troppo obliquo. Gesuitico? “Tra le cause delle moltiplicate infedeltà all’impegno del celibato – ricorda Sarah – Benedetto XVI registra ‘una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, a evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari’. A mio avviso, questo punto è particolarmente importante. Abbiamo bisogno di ritrovare il senso della pena. Un sacerdote che commette un errore deve essere punito. Ciò significa dimostrare carità nei suoi confronti, perché così gli si dà la possibilità di correggersi. Ma è anche segno di giustizia verso il popolo cristiano. Un sacerdote che venga meno alla castità deve subire una pena”. Non sappiamo quante possibilità ci siano che la linea di Sarah possa conquistare la maggioranza del prossimo Sinodo (poche, a guardare l’elenco dei partecipanti). Ma se così dovesse essere per il nuovo presidente del Tribunale di prima istanza del vaticano, Giuseppe Pignatone, potrebbe esserci più lavoro del previsto.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.