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Cattolicesimo zombi

Giulio Meotti

“Il cristianesimo è entrato nella fase terminale in Francia”. Le rivelazioni di Jérôme Fourquet

Marie. Un secolo fa, oltre il venti per cento dei francesi portava il nome della madre di Gesù. Oggi appena lo 0,3 per cento della popolazione. Dal battesimo di Clodoveo nel Quinto secolo a oggi, il cattolicesimo ha plasmato anche i paesaggi della campagna francese, organizzati attorno ai campanili intervallati dai vigneti. Un enorme peso culturale che aveva fatto dire anche a Jean-Paul Sartre: “Siamo tutti cattolici”. Secondo Jérôme Fourquet, autore del nuovo libro L’archipel français. Naissance d’une nation multiple et divisée, uscito questa settimana per le edizioni Seuil e accolto come uno dei più ricchi di informazioni sul cambiamento in corso nella società francese, quel tempo è finito e siamo entrati a pieno regime in una “èra post cristiana”. Fourquet, forse il miglior studioso dell’opinione pubblica francese sulle questione dell’identità, sarà una delusione per i sostenitori della negazione della realtà.

 

“In due generazioni, la partecipazione alla messa è scomparsa dal panorama sociale”. Ha chiuso il seminario di Lille

Direttore del dipartimento Opinion dell’Ifop, Fourquet sa mettere i numeri dove gli altri prima di lui hanno messo soltanto le parole, tipo “la Francia non è più la Francia”. Fourquet spiega che siamo ben oltre la fase della secolarizzazione. E’ all’opera una vera e propria scristianizzazione massiccia.

E’ “la dislocazione della matrice cattolica della società francese”, scrive Fourquet, ovvero la sua “fase terminale”. “Siamo nella fase terminale”, ha ripetuto anche ieri ai microfoni di France Inter. “In sole due generazioni, la partecipazione alla messa domenicale è virtualmente scomparsa dal panorama sociale”, si legge nel libro. “Questo crollo della pratica della religione cattolica è stato accompagnato da quello del numero di sacerdoti nel nostro paese. Stiamo vivendo un momento di cambiamento, un vero cambiamento di natura”.

 

Quello che resta è un “cattolicesimo zombi”, che Fourquet definisce così: “E’ un’ombra. C’è una cultura che si perpetua mentre tutto ciò che ha portato a questa cultura – il cattolicesimo – è scomparso”.

Ossessionato dalla scristianizzazione della Francia, già l’arcivescovo di Parigi, Emmanuel Suhard (1874-1949) nel 1947 aveva scritto Essor ou déclin de l’Église, appena ripubblicato in Francia. Sconvolto da quello che aveva intuito sarebbe successo in futuro, Suhard chiese a Henri Godin e Yvan Daniel di stendere un rapporto dal titolo “Francia, paese di missione?”. Quel “piccolo libro” raggiunse le 140 mila copie e la sua onda d’urto raggiunse il Concilio Vaticano II, riuscendo a disturbare la beata serenità dei circoli cattolici del tempo.

 

I numeri di Fourquet sono spietati. Nel 1950 c’erano cinquantamila sacerdoti in Francia; 65 anni dopo ce ne sono solo 11.908, di cui soltanto la metà attivi. Ha appena chiuso i battenti il seminario di Lilla, che accoglieva i seminaristi provenienti da otto diocesi di tutto il nord della Francia (Lille, Reims, Arras, Cambrai, Troyes, Chalons-en-Champagne, Soissons e Langres). Erano ancora una trentina di seminaristi a Lille alla fine degli anni Duemila. La diocesi di Lille oggi ha meno di 150 sacerdoti ancora in attività. Il vescovo Ulrich ha così annunciato la chiusura del seminario per mancanza di candidati.

Tenendo conto delle cifre esatte fornite dalla Conferenza dei vescovi di Francia, c’è chi prevede per la Francia l’ultimo battesimo cattolico il 20 agosto 2048, l’ultimo matrimonio cattolico il 28 agosto 2031 e la morte dell’ultimo prete il 28 agosto 2044.

 

“Nei prossimi 25 anni, potrebbero non esserci più preti in Francia”, dice Fourquet. Lo scorso dicembre, scrive Le Parisien, è stato registrato il minimo storico di donazioni alla chiesa da parte dei fedeli. “L’osservazione della secolarizzazione e

“In 25 anni potrebbero non esserci più preti in Francia. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo mondo, un cambiamento di civiltà”

il declino delle pratiche religiose sono stati da tempo stabilite” ha detto Fourquet in un dibattito organizzato questa settimana dal quotidiano La Croix. “Ora stiamo assistendo al completamento di questo lungo processo. La matrice che ha profondamente strutturato la società francese conosce la sua dislocazione finale. Questo segna la fine del duopolio, la cui tensione aveva organizzato la società, costituita dal cattolicesimo da una parte e dalla matrice repubblicana-laica dall’altra. Stiamo assistendo all’emergere di un nuovo mondo. Questa rottura storica, in solo una o due generazioni, è vertiginosa perché ora dobbiamo pensare al futuro al di fuori di questo schema”.

 

I cattolici di Francia vedono le loro chiese vendute una dopo l’altra. L’ultima, la chiesa Saint-Jules, a Longwy, nella Meurthe-et-Moselle, al costo di 190 mila euro. La diocesi di Nancy si sta separando da edifici che non può mantenere. “Può diventare un grande appartamento o un luogo sociale, ecco perché può sembrare un po’ strano parlare di un loft nell’annuncio, ma dobbiamo attrarre il cliente”, afferma a France Bleu Robert Marchal, l’ex vicario generale della diocesi. Les Echos di dicembre raccontava che “per mancanza di vocazione fedele e sacerdoti diverse centinaia di edifici religiosi devono essere messi in vendita. Il loro prezzo basso interessa i promotori”.

Negli ultimi tempi sui siti immobiliari, le proposte di beni religiosi sono all’ordine del giorno. “Il mercato si sta aprendo”, spiega Patrice Besse, uno dei professionisti che ha contribuito a questo mercato. Sul suo sito web attualmente presenta una trentina di offerte fra chiese, presbiteri, cappelle, abbazie, priorat ed edifici religiosi di diverse migliaia di metri quadrati. I loro prezzi sono imbattibili, come un complesso immobiliare di dodicimila metri quadrati nel sud della Vandea, in vendita per soli 636 mila euro. La maggior parte delle proprietà diventano hotel, alloggi, biblioteche, musei e centri culturali.

 

La Francia è uno dei più grandi mercati del patrimonio religioso al mondo ed entro il 2030, secondo l’Osservatorio del patrimonio religioso, il dieci per cento sarà venduto, distrutto o abbandonato. Un cinema d’essai sorge al posto della ex chiesa di San Simeone a Bordeaux, una cantina nella ex chiesa di Saint-Christophe de Meaux, una scuola di design nell’ex sito gesuitico di rue Dugommier a Nantes, mentre a Rennes c’è una palestra nella vecchia cappella delle Clarisse. Nell’Orne, la diocesi conta 550 chiese, mentre 150 sarebbero sufficienti secondo la Conferenza dei vescovi. A Meurthe-et-Moselle, il numero delle parrocchie è sceso da 646 a 55 dall’ultima guerra e l’emorragia continua secondo il vescovo di Nancy, Jean-Louis Papin.

“E’ lo choc delle immagini: chiese mezze vuote frequentate da anziani e una popolazione islamica giovane in sale di preghiera non più sufficienti”

Il cattolicesimo come fenomeno pubblico esisterà ancora in Francia fra trent’anni? La sua scomparsa è un’ipotesi improbabile per alcuni studiosi, perché la chiesa ha già affrontato condizioni avverse.

Alcuni segnali di allarme suggeriscono una possibile scomparsa. Il collasso, è già lì. E’ già in corso la sua “esculturazione”, secondo la formula coniata da Danièle Hervieu-Léger, autrice di Catholicisme, la fin d’un monde.

“La chiesa cattolica in Francia sembra paralizzata dall’angoscia della propria scomparsa”, si legge in un altro libro appena uscito, La grande peur des catholiques de France (Grasset) di Henri Tincq.

 

La “grande paura” ha spinto una parte del cattolicesimo francese, spiega Tincq, a una svolta ultra identitaria e conservatrice. Fourquet è d’accordo e ritiene che la svolta identitaria dei cattolici rimasti sia “l’espressione di un fenomeno classico in sociologia, l’identificazione dell’identità dei gruppi minoritari sotto l’effetto di un inesorabile declino demografico”.

 

Nel suo nuovo lavoro, Fourquet parla di un “cambiamento di civiltà”. “Lo choc delle immagini è importante: vediamo da una parte le chiese frequentate da persone anziane e che non sono più piene, mentre dall’altra parte la popolazione musulmana è giovane e, soprattutto, in sale di preghiera che non sono più sufficienti per contenere l’intera comunità. E’ l’idea di una competizione, di un’asimmetria tra religione cattolica, storica ma in declino demografico, e un islam percepito come in piena dinamica demografica”. Tra le riforme evocate a Lourdes durante l’ultima assemblea, i vescovi francesi hanno detto di prevedere la chiusura dei seminari che ospitano meno di venti novizi. Oggi, su 32 seminari in Francia, solo 15 superano quell’asticella fatidica fra seminaristi e diaconi. Ci si aspetta la chiusura della metà dei seminari. “L’influenza del cattolicesimo è svanita”, secondo Fourquet. “Anche se continua a pesare pur scomparendo”.

 

Rivela sempre Fourquet che se nel 1960 le nascite fuori dal matrimonio erano appena il sei per cento in Francia, oggi sono addirittura il sessanta per cento. Da settimane, intanto, pare essere diventata una moda nella politica francese paragonare i simboli islamici a quelli cattolici. A una domanda sui veli islamici imposti alle bambine, il deputato Aurélien Taché ha risposto accostandoli alle fascette femminili delle famiglie cattoliche. Un anno fa, Christophe Castaner, allora responsabile della République en marche, ha evocato i “veli cattolici che le nostre madri indossavano”. E arriviamo, ciliegina sulla torta, al ministro dell’Uguaglianza Marlene Schiappa che, giorni fa, ha parlato di una “convergenza ideologica” tra la Manif, il movimento cattolico, e i terroristi islamici. “Vogliono credere che una religione valga un’altra, parlano volentieri delle ‘tre religioni del Libro’, senza sapere che riprendono una formula coranica” ha commentato sul Figaro Eric Zemmour. “L’idea di questi ‘islamofili’ è quella di mettere sullo stesso piano le due religioni per dimenticare che è il cristianesimo a fare la Francia mentre l’islam ha intenzione di disfarsene per rifarla meglio. L’uguaglianza tra i due serve alla nuova strategia dei militanti islamici che vogliono appropriarsi della Francia”.

“L’autoasfissia dell’occidente conduce a una decadenza che apre a nuove civiltà barbariche”, scrive il cardinale Sarah nel suo nuovo libro

Da mesi, la Francia si sveglia indifferente con due-tre chiese vandalizzate ogni settimana. Sessantacinque soltanto nel mese record di febbraio, secondo l’Osservatorio sulla cristianofobia, che dal 2015 tiene un elenco di questi atti di vandalismo. Come scrive Franz-Olivier Gibsert questa settimana sul settimanale Le Point, “la cattofobia è il nuovo male francese”. Che non sia anche questo il sintomo della società post-cristiana? “Il fenomeno della scristianizzazione è molto avanzato”, conclude Fourquet nel suo nuovo libro. “La religione cattolica, che ha strutturato profondamente l’inconscio collettivo e la società per centinaia di anni, è l’ombra di ciò che era. E’ in corso un grande cambiamento di civiltà”.

 

Lo pensa anche il cardinale Robert Sarah, che a fine mese uscirà con l’ultimo libro della sua trilogia scritta con Nicolas Diat, Le soir approche et déjà le jour baisse. “Alla radice del crollo dell’occidente, c’è una crisi culturale e di identità” scrive Sarah. “L’occidente non sa più chi sia, perché non lo sa e non vuole sapere chi lo ha formato, chi lo ha costituito. Molti paesi oggi non conoscono la propria storia. Questa autoasfissia conduce a una decadenza che apre la strada a nuove civiltà barbariche”.

E’ una delle grandi scoperte del libro di Fourquet: “Negli anni Sessanta, meno dell’un per cento dei nomi era di origine arabo-musulmana. Oggi il 18 per cento delle nuove nascite in Francia sono islamiche”. Sembra esserci Maometto, non Maria, nel futuro dell’Esagono.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.