Piergiorgio Odifreddi, Claudio Borghi ospiti de "La gabbia" (foto LaPresse)

La televisione è la mamma del populismo

Salvatore Merlo

La tv che legittima le teorie più bislacche, i mattoidi messi a tu per tu con gli esperti veri, la fine del principio di competenza e il ruolo cruciale dei conduttori nei talk-show. Parlano Vespa, Greco, Telese e Aldo Grasso

Parlano a tutte le ore, da tutti i canali. Parlano da dietro lunghi tavoli, o sospesi su precari sgabelli, o accucciati su basse poltroncine, o compressi su rigidi divanetti, l’altra mattina ce n’era uno che diceva: “L’agenzia di rating Fitch è francese. Per questo ce l’ha con l’Italia”. E nessuno che lo abbia interrotto, corretto, smentito, arginato: no, guardi, scusi, Fitch sarebbe americana, non c’è nessun complotto franco-massonico… “Il talk-show è da sempre il regno dell’uno vale uno”, dice Aldo Grasso, il critico televisivo del Corriere, “e la televisione generalista secondo me ha una responsabilità gigantesca nel rovesciamento delle competenze. Un meccanismo che adesso non è più folclore, ma si fa governo del paese. Ed è inquietante”. E allora Claudio Borghi, come tutti sanno, con le sue teorie è passato dal talk-show alla presidenza della commissione Bilancio, in quello che Carlo Freccero chiama “il governo della Gabbia”, riferendosi all’omonima trasmissione di Gianluigi Paragone, mentre anche Alberto Bagnai è adesso presidente della commissione Finanze. Ed è ovvio che ormai vadano in televisione, rappresentanti della maggioranza di governo. Meno normale (forse) è che il meccanismo catodico continui a sfornare cetrioli bislacchi che vengono spacciati via etere per una di quelle combinazioni culinario-cabarettistiche così di moda nelle trasmissione d’informazione: c’è il giovane responsabile del sito “il tabebano.it” che spiega l’economia a Carlo Cottarelli, c’è Claudio Rinaldi che fa lezioni di economia alla romanesca, c’è l’esperto sovranista che a proposito di pensioni spiega come quota 100 sia fattibile “sommando 54 anni di età e 46 di contributi” (il che vorrebbe dire aver iniziato i versamenti all’Inps alla tenerà età di otto anni). Un mondo deformato, abnorme, fuori scala. “E ovviamente il professore accademico si sporca a parlare con questi, mentre questi si legittimano”, sintetizza Grasso.

 

Il primo che passa parla di economia, espone teorie che equivalgono a un atterraggio di marziani sul Colosseo, svillaneggia i giudizi delle banche centrali e delle agenzie di rating, spiega come sia facile uscire dall’euro, mentre al posto di una verifica, in studio, parte un applauso ottundente del pubblico. Così Gerardo Greco, il direttore del Tg4, relativizza: “Tu li puoi invitare, ma poi devi essere pronto a ridicolizzare le cose ridicole”. Mentre Luca Telese, il conduttore di La7, rivendica: “Io li invito perché questi sono migliori degli accademici”. E Bruno Vespa, con l’aria di chi le ha viste tutte: “Da noi vengono soltanto professori veri. Con la cattedra. Come dico nello spot che mando in onda: Tutto cambia, ‘Porta a Porta’ invece non cambia per spiegare il cambiamento”. 

 

E ci si chiede se la televisione oggi non abbia una responsabilità persino maggiore che in passato. Nel mondo in cui declina la forza di massa dei quotidiani e si accresce quella confusa e orizzontale di internet, la televisione resta potentissima, essenziale, capace di plasmare l’opinione pubblica, orientare, legittimare, creare personaggi, accreditare teorie, rendere accettabile quello che nel campo scientifico e accademico invece non ha nemmeno cittadinanza. “Io lo dico da tempi non sospetti che noi abbiamo una responsabilità gigantesca”, dice Vespa. “Noi possiamo creare danni colossali. Basta vedere quello che succede con le fake news. Con la diffusione di informazioni non documentate. Bisogna controllare, verificare, scegliere gli interlocutori in base alla loro competenza. Il conduttore di una trasmissione televisiva non può essere uno che fa girare il microfono come fosse una palla nel gioco del calcio. Deve intervenire, se sente una castroneria. E per questo deve essere preparato, e deve avere esperienza. Se confondi il sale con lo zucchero sono guai”. Vespa d’altro canto nemmeno li invita i mattoidi dell’economia, mentre in televisione adesso va forte una signora “economista” che, tra le altre cose, espone una teoria tutta sua secondo la quale il neoliberismo sarebbe stato sperimentato in Africa dai poteri occulti e adesso esportato in Europa per distruggere il continente.

 

E così quella che un tempo Aldo Grasso criticava, cioè la televisione di Vespa, adesso quasi al critico televisivo verrebbe voglia di elogiarla. “L’aplomb istituzionale di Vespa lo mette al riparo dal meccanismo pazzesco che si è innescato”, dice Grasso. “Pensate alla figura di Tito Boeri. Uno che porta argomenti, dati precisi, ma nel momento esatto in cui precipita in un talk-show viene invece sbeffeggiato da qualche pseudoesperto senza titoli. Pensate a Elsa Fornero. Nella sceneggiatura del talk-show sembra debba avere per forza il ruolo del male assoluto. La televisione ha una responsabilità enorme in quello che sta succedendo in Italia. Se ti rivolgi alla pancia, la testa non serve a nulla. A cosa serve verificare fatti, dati, teorie? A cosa serve rispettare la gerarchia delle competenze, se ti rivolgi solo alle viscere degli spettatori?”.

 

Gerardo Greco e Luca Telese hanno invitato nelle loro trasmissioni, e ancora invitano, bislacchi e mattoidi, eppure esprimono due filosofie differenti. Dice Greco: “Tu il ‘cialtrone’ lo inviti perché è rappresentativo di qualcosa che esiste nella società. E se sei bravo puoi anche creare un effetto da ‘cena dei cretini’, per citare il famoso film comico francese. Insomma devi ribattere, saperlo fare, dirgli: Ma che state a di’?. In teoria, se non riesci a ribattere, le ipotesi sono due: o non hai studiato, e quindi sei inadeguato al ruolo di conduttore, oppure sei corrivo. Anche il conduttore sa già prima con chi ha a che fare. Ciascuno di noi è perfettamente cosciente di cosa diranno gli ospiti della trasmissione. Quindi se non è capace di riequilibrare quello che viene detto, di riportare cioè il dibattito su binari che rispettano il principio di realtà, allora significa che è un incapace o che lo fa apposta”.

 

Dice invece Telese: “Quelli che chiamate mattoidi è gente che viene dalla strada, ed è molto meglio dell’accademia economica italiana. Che è invece il peggio del peggio. Io queste persone le considero una specie di avanguardia leninista. E non credo affatto che la televisione abbia una responsabilità nell’aver diffuso le loro idee. Al contrario degli accademici, questi si sono molto sporcati le mani. Nella vita hanno fatto cose concrete. E se voi scavaste un po’, scoprireste che ha ragione Giulio Sapelli quando dice che i bocconiani sono di serie zeta. Solo un gruppetto di potere”. Aldo Grasso sospira: “Poveri noi”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.