Antoine Griezmann (foto LaPresse)

Facce da Mondiali

Eppure Griezmann non lo voleva nessuno

Giovanni Battistuzzi

Il numero 7 della Francia è, secondo molti, uno dei giocatori d'attacco più forti al mondo. Molti i grandi club se lo contendono, ma lui (per ora) vorrebbe rimanere al'Atletico Madrid. Da ragazzino però quanta fatica per riuscire a essere scelto

“Forte quel biondino”, disse quello alto dei due. “Molto”, rispose il secondo. “Ha un ottimo piede, con la palla fa qello che vuole. Lo dovremmo tenere in considerazione”, ribadì il primo. “C’è solo un problema, ha dodici anni”. Il lungagnone si grattò il mento, sospirò. “Allora mi sa che non se ne fa niente. Se a quell’età sei così, con quelle gambette secche e quei piedi piccoli, non cresci di tanto. Peccato”. Perché il calcio non è solo questione di tecnica, ci vuole anche il fisico per giocare a grandi livelli. Certo non serve raggiungere il metro e novanta e gli ottanta chili, ma almeno il minimo per non volare a terra al primo contrasto. O almeno questo era il pensiero ricorrente negli anni Novanta, quelli durante i quali anche i trequartisti erano grandi e grossi e Roberto Baggio, con le sue gambe fini e il suo corpo minuto, rappresentava quella rara eccezione che diventava monito: guardatelo, è forte, ma non regge.

 

I due dirigenti del Lione scendono le gradinate della tribuna e in campo avvicinano l’allenatore che sta seguendo la partitella tra ragazzini. Gli dicono di dire al difensore e all’attaccante di ripresentarsi il lunedì successivo. “E il biondino?”, chiede. Niente, “troppo secco e basso”. E così Antoine Griezmann se ne ritornò da dove l’avevano chiamato per testarlo, verso la sua Charnay-les-Mâcon, paese a una settantina di chilometri da Lione, lì da dove era partito tutto quel vociare, quel raccontare di un cencio di ragazzino che col pallone faceva quello che voleva e di gol ne segnava parecchi e parecchi ne faceva segnare, tanto che le partite finivano sempre allo stesso modo, tanto a poco per l’UF Maconnais.

 

La squadra del cuore, quella per la quale sognava ancora di giocare che dopo un’ora appena gli dava il benservito, “adieu Antoine”. E veniva quasi voglia di abbandonare tutto, lasciar perdere. Poi gli arrivava il pallone tra i piedi e la passione tornava, ancora più forte, perché c’era da dimostrare agli altri che lui, le “Petite Diable”, col pallone ci sapeva fare molto meglio degli altri. Altro che lo spilungone che le prendeva tutte di testa. Altro che il pachiderma della difesa.

 

E dopo il Lione arrivò l’Auxerre, la squadra della Ligue 1 con la migliore accademia di calcio giovanile. Scartato, “troppo secco”. Venne la volta del Saint-Etienne, che aveva tradizione importante, un club nobile. Scartato, “troppo magro”. E pure il Sochaux, che sino a Charnay-les-Mâcon era arrivato seguendo le voci, diventate leggende, su questo ragazzino incredibile, leva subito il disturbo e fa sapere che la decisione è la solita: scartato, “ma dove vuoi andare con quel fisico lì”.

 

I bambini non seguono percorsi standardizzati di crescita. Prima o poi succede. A chi di più e a chi di meno, ma lì conta la genetica, non la buona volontà. A tredici anni Griezmann ha qualche centimetro e qualche chilo in più, ma rimane un nanerottolo. La sua formazione si qualifica a un torneo interregionale a Montpellier e lui inizia a fare i numeri. Il Paris Saint Germain parla con la squadra, chiede informazioni, fa mezzo passo indietro. Uno e mezzo in avanti lo fa però il Real Sociedad. L’osservatore della squadra basca è sicuro di aver visto un fenomeno e dalla Spagna gli dicono di portarlo lì, quantomeno per provarlo. Sette giorni di prova che diventano altri sette, che diventano un contratto, con tanto di casa a Bayonne per permette ad Antoine di andare a scuola in Francia e bus pagato per andare a San Sebastian.

  

 

“La prima volta che l'ho visto, la mia attenzione è stata attirata dalla tecnica che aveva. Soprattutto dalla fluidità della sua tecnica: era molto basso, ma la sua tecnica era già allora meravigliosa, aveva un tocco di palla unico, quello del grande giocatore”, ha ricordato alla Cnn il suo scopritore, Eric Olhats.
Griezmann cresce, gioca, segna, impressiona. Il parroco di un paese vicino a San Sebastian quando lo vede giocare contro la formazione giovanile locale esclama: “Ma questo è un profeta”. Sebastián Corona, il difensore dell’Huesca che lo dovette marcare al debutto da titolare nella Liga, il 27 settembre 2009, Antoine non lo ha ancora dimenticato. “A inizio partita mi vedo davanti questo sbarbatello, secco, un po’ spaesato e dico ‘questo me lo mangio’. Aveva sì e no vent’anni (18 per l’esattezza), io trentatré, nessuno l’aveva mai sentito nominare. Ci fece ammattire. Sembrava avesse quattro gambe, ti superava da tutte le parti, trattava la palla come poche volte avevo visto fare. Segnò un gol e fece un assist. Quando uscii dal campo l’allenatore mi disse: ‘bravo Sebastián, ti sei fatto coglionare da un ragazzino’”.

 

Quel ragazzino però di strada ne ha fatta. E parecchia. Ora viene considerato uno tra i piu forti giocatori al mondo e molti grandi club europei farebbero carte false per averlo. Lui per ora glissa, rimane a Madrid, sponda Atletico, quella meno nobile ma piu verace. Lì dove siede in panchina Diego Pablo Simeone, uno che in Antoine crede ciecamente, ché "ce ne sono pochi al mondo come lui, forse nessuno", ché "Griezmann é un calciatore fantastico, sopratutto un ragazzo a posto, uno di cui innamorarsi calcisticamente". E per uno come lui, come Antoine Griezmann ciò vale piú di un megacontratto. 

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