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La Corte Ue condanna l'Italia sulla Xylella (e sappiamo chi ringraziare)

Enrico Cicchetti

Secondo la sentenza il nostro paese non ha attuato subito le misure per impedire la diffusione del batterio. Bucci: “I ritardi non erano inevitabili ma sono stati causati dal governo regionale. Confidiamo nel nuovo ministro Bellanova”

“L'abbattimento doveva essere immediato. Le misure previste dall'Europa erano appropriate, come hanno sempre sostenuto la comunità scientifica e gli osservatori internazionali”. La sentenza di oggi “non è una sorpresa” per Enrico Bucci, professore di Biologia dei Sistemi alla Temple University di Philadelphia. La Corte di giustizia europea, l’organo che ha il compito di garantire che i paesi e le istituzioni dell’Unione rispettino la normativa comunitaria, ha stabilito che “l’Italia è venuta meno all’obbligo ad essa incombente di attuare misure per impedire la diffusione del batterio Xylella Fastidiosa, che può provocare la morte di numerose piante, in particolare degli olivi”, come si legge nel verdetto relativo al ricorso della Commissione, che già nel 2015 aveva imposto misure per eradicare il batterio.

   


 

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Per ricapitolare: la Xylella, un batterio vegetale responsabile del disseccamento rapido di diverse piante, viene osservata per la prima volta in Europa nel 2013, sugli ulivi pugliesi. Nel 2015 la Commissione adotta una decisione (una delle fonti del diritto con efficacia vincolante, obbligatoria in tutti i suoi elementi), che impone a tutti gli stati membri di rimuovere non solo le piante infette ma anche tutti gli alberi situati nel raggio di 100 metri di distanza da quelli contagiati. Perché quella è la distanza che può percorrere in una dozzina di giorni un insetto, la sputacchina, che è il vettore del batterio. Ma un battito d'ali di sputacchina provoca una tempesta complottista. Così inizia il circo di teorie strampalate, con le accuse ai ricercatori e alle diaboliche multinazionali e decreti delle Procure. Nel 2016 la Corte, chiamata a pronunciarsi su una domanda pregiudiziale, dichiara la legalità delle misure di Bruxelles. Ma siccome a quel punto la Xylella si è già diffusa da oltre due anni in alcune zone della Puglia e l'eradicazione non è più possibile, la Commissione chiede nuove misure di contenimento del batterio, per impedire che si diffonda: l'esecutivo europeo modifica la decisione e prevede, in via eccezionale, il monitoraggio del territorio interessato e l'abbattimento immediato delle sole piante infette in una fascia di 20 chilometri che attraversa le province di Brindisi e di Taranto. Nel 2018 la Commissione fa ricorso contro l'Italia, accusata di essere inadempiente. Oggi la Corte dà ragione all'accusa.

 

“La decisione della Corte è in continuità con quella del 2016”, ricorda Bucci. “Le misure richieste dall’Ue non erano solo legittime e appropriate, ma sottintendevano in sostanza un regime di emergenza. L’Italia, per difendersi dalle accuse della Commissione parla di ostacoli burocratici, amministrativi e giuridici. Che in effetti esistono, basti pensare a tutte le mosse del presidente pugliese Michele Emiliano. Ma la Corte risponde semplicemente che la normativa europea prevale su quella nazionale”.

“Le situazioni di ordine interno di uno Stato membro non giustificano l’inosservanza degli obblighi e dei termini risultanti dal diritto dell’Unione”, spiega infatti la sentenza. “L’Italia avrebbe quindi dovuto adottare misure nazionali di emergenza che prevedessero procedure più rapide per superare tali ostacoli”. La Corte aggiunge che “alla scadenza del termine fissato dalla Commissione, vale a dire il 14 settembre 2017, l’Italia aveva omesso di rispettare due degli obblighi ad essa incombenti”. “Non ha proceduto immediatamente alla rimozione, nella zona di contenimento” di circa il 22 per cento delle piante infette e per rimuovere le altre ha impiegato “più settimane o addirittura più mesi”, un periodo inconciliabile con il termine “immediatamente” contenuto nella decisione europea.

  

La colpa del ritardo generale è dovuta al trasferimento di responsabilità dal governo centrale a quello regionale – aggiunge Bucci – Oggi la percentuale di alberi non abbattuti è ulteriormente aumentata. La situazione è ancora peggiore ora, mentre si iniziano a vedere i primi uliveti distrutti anche a Ibiza. Per esempio in Puglia assistiamo allo spettacolo paradossale di uffici che si multano l'un l'altro mentre gli ulivi da abbattere sono sempre lì. Abbiamo l'Arif (l’Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali della Puglia, ndr) senza direzione, dopo le dimissioni del commissario Oronzo Milillo. La situazione è catastrofica, con continui interventi della sovrintendenza che blocca gli abbattimenti. Al di sopra di tutto c'è Emiliano che sguazza tra gli eventi di chi scrive libri per dire che l'emergenza non esiste”. 

  

La condanna di oggi per inadempimento, prevede solo il pagamento delle spese processuali. Ma ora l'iter proseguirà e probabilmente arriveranno le sanzioni dalla Commissione europea. La sentenza, si spera, dovrebbe spingere il governo appena insediato a fare subito qualcosa. Certo, il neo ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, è stato assessore all’Economia di Emiliano che lo ha descritto come un “compagno di lotta per la Puglia e per l’Italia sin dal 2004”. Non lascia ben sperare, ovviamente, nemmeno la delegazione del M5s che, da sempre, è contraria agli abbattimenti (“Xylella, una gigantesca truffa”, si legge ancora oggi sul Blog delle stelle). “Ora è ufficialmente accertato”, dice Bucci “che i ritardi non erano inevitabili ma sono stati causati dal governo regionale. Insomma, puoi avere anche leggi giuste ma se poi si traducono solo in multe non è un granché. Contiamo sul nuovo ministro dell'Agricoltura, la pugliese Teresa Bellanova, che ha sempre contestato chiunque negasse l'esistenza di un'emergenza Xylella, pure Emiliano, pure all'interno del suo stesso partito. Come posizione di partenza è perfettamente allineata all’evidenza scientifica, aspettiamo di vedere cosa farà. Si trova anche con le risorse stanziate per il 2020 dal precedente ministro Centinaio e con una Commissione agricoltura che, quasi all'unanimità, non ha posto ostacoli”.