I tre anni di ottimismo che ci aspettano, grazie alla nuova Europa
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A prescindere da quale sarà l’equilibrio finale che i capi di stato e i capi di governo d’Europa troveranno per dar vita al Recovery fund, c’è un tema importante che inizia a emergere con chiarezza dalle trattative europee e che se inquadrato nel modo giusto costituisce una solida ragione per essere ottimisti sul futuro dell’Italia. Quel tema è legato alla seconda “R” che accompagna il progetto del Recovery fund ed è una “R” che a che fare con quella che potrebbe diventare la vera parola-chiave della fase in cui entrerà l’Italia una volta che il piano di rinascita europeo sarà ultimato: la resilienza. In modo un po’ rude e un po’ spigoloso, la questione l’ha messa a fuoco bene ieri il cancelliere austriaco Sebastian Kurz che, parlando a nome dei cosiddetti paesi frugali, ha ribadito – come se fosse una minaccia – che il meccanismo del Recovery fund ha un senso nella misura in cui “gli aiuti siano usati per riforme lungimiranti e non per progetti orientati al passato”.
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- Claudio Cerasa Direttore
Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.